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Accertamento fiscale di reddito da attività usuraria

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Riferimenti normativi: Art. 6, comma 1,T.U.I.R.- Art.67 e segg.T.U.I.R.- Art. 14, comma 4, legge 537/1993

Focus: I guadagni scaturenti da un'attività usuraria costituiscono un reddito fiscalmente imponibile rientrante nella categoria reddituale dei redditi di capitale. Questo è quanto statuito dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pavia n. 219/2018, per comprendere la quale è necessario procedere alla disamina della normativa sulle attività illecite susseguitesi nel tempo.

Principi generali: L'impresa illecita opera nei rapporti economici in regime di concorrenza sleale con l'impresa lecita. Il legislatore, quindi, ha regolamentato la tassazione dei proventi illeciti con diverse disposizioni di legge, per garantire il rispetto del principio di capacità contributiva sancito dall'art. 53, comma 1, della Costituzione secondo cui: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva".

Con la legge n. 537/1993, art. 14, comma 4, ha disposto che "nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi ,(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria. In particolare, alla formazione del reddito complessivo, per il periodo d'imposta e nella misura in cui è stato percepito, concorre ogni altro reddito diverso da quelli espressamente considerati nelle disposizioni del presente decreto".
Successivamente il D.L. n.223/2006, all'art. 36, comma 34-bis, ha stabilito che "in deroga all'art. 3 della l. 27 luglio 2000 n. 212, la disposizione di cui all'art. 14,comma 4, della l. 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati come redditi diversi".

Infine, con l'art.7 della legge n.136/2010 è stato previsto che tutti i dati e le informazioni acquisite dai militari della Guardia di Finanza nel corso di indagini fiscali, economiche e patrimoniali avviate, oltre che nei confronti di chi è stato condannato, anche se con sentenza non definitiva, nei confronti degli indiziati di appartenere ad associazioni di stampo mafioso, e dei sospettati di crimini messi in atto in forma organizzata (come i sequestri di persona, lo sfruttamento della prostituzione, l'introduzione e il commercio nello Stato di prodotti falsi e altri ancora), possono essere utilizzati per gli accertamenti fiscali, ai fini Iva e delle imposte sui redditi, a meno che il contribuente indagato dimostri che gli stessi redditi sono stati comunque in qualche modo dichiarati.

Accertamento di redditi illeciti: La Corte di Cassazione si era già espressa sulla tassazione dell'attività di usura con la sentenza n. 17953/2013 riconoscendo che "in sede di accertamento dei redditi d'impresa delle persone fisiche, nel vigore del D.P.R. n. 597 del 1973, i proventi illeciti, dovendo essere 'determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria' di redditi, possono essere determinati dall'ufficio in base a quanto disposto dall'art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600." Con la sentenza n. 219/2018, di cui in premessa, la Commissione tributaria provinciale di Pavia ha stabilito che i proventi da usura comportano un reato riconducibile ad un reddito fiscalmente imponibile, e, anche in seguito ad assoluzione penale del reato di usura, dovranno essere valutati eventuali maggiori redditi non giustificati.La controversia trae origine dalla circostanza che un contribuente aveva presentato ricorso per l'annullamento di un avviso d'accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate per l'anno d'imposta 2011, per omissione di redditi diversi. Nella motivazione l'Ufficio, in base alle risultanze del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza di Pavia, recuperava a tassazione corrispettivi per prestito in denaro effettuato dal contribuente, nei confronti di terzi, con continuità ma in assenza di requisiti di legge. 

In buona sostanza, la Guardia di Finanza, a seguito di indagini condotte - su delega della Procura della Repubblica di Pavia nell'ambito di un procedimento penale per il reato di usura - sulle movimentazioni bancarie del contribuente, imputava a quest'ultimo maggiori redditi, a norma dell'art.67 e segg. del T.U.I.R., nel processo verbale di constatazione richiamato nell'accertamento.

 Il ricorrente, tra i motivi di opposizione all'accertamento, contestava l'inserimento di redditi accertati tra quelli diversi di cui all'art. 67 del T.u.i.r. ritenendoli, invece, redditi da illecito penale, non tassabili in quanto rientranti nella previsione dell'art. 14, comma 4, L.24/12/1993 n.537. L'Agenzia delle Entrate ribadiva che "il potere di accertamento è normativamente posto in capo all'Amministrazione Finanziaria e l'attività della G.d.F. è meramente preparatoria. L'accertamento sarebbe quindi pienamente legittimo. L'art. 7 L. n. 136 del 2010 prevede che dati e informazioni acquisiti dalla G.d.F. possono essere utilizzati per gli accertamenti fiscali a meno che il contribuente indagato dimostri che gli stessi redditi sono stati in qualche modo dichiarati. Quindi l'Amministrazione Finanziaria può sempre accertare maggiori redditi derivanti da proventi illeciti".In secondo luogo, l'Amministrazione Finanziaria, in maniera puntuale e precisa, sottolineava che "tra le fattispecie tassabili vengono esemplificati i redditi di capitale come provento di una attività usuraia; nel caso in esame si rilevano tutti gli elementi previsti normativamente ai fini della tassazione" e "anche in sede di ricorso non è stato presentato alcun elemento di prova al fine di esentare dalla tassazione" i detti redditi. In conclusione, quindi, "chi ha un determinato provento commettendo delitti non ha alcuna immunità fiscale". Nel caso di specie, in particolare, "si rilevano tutti gli elementi previsti normativamente ai fini della tassazione:1) la categoria del reddito (reddito da capitale); 2) la disponibilità nella sfera privata dell'interessato delle somme riprese a tassazione (si considerino gli estratti conto);3) assenza di sequestro o confisca penale". Sulla base dell'articolata parte motiva della propria sentenza, i giudici tributari hanno respinto il ricorso del contribuente, condannandolo anche alla rifusione delle spese di lite in favore dell'ufficio tributario, confermando totalmente la pretesa impositiva manifestata dall'Amministrazione finanziaria.


 

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