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Ha inizio il Congresso degli Avvocati. Entrino in scena attori e spettatori.
Posso dire tranquillamente di essere spettatore, anche disincantato. Non ho praticato la politica forense, se non partecipando a discussioni su Facebook. Ho poi scritto un libro "Avvocà, per ora grazie" che ho presentato in quasi 50 località, addirittura a Londra. Non so se questo abbia valenza politica. Per me è stato solo liberatorio e consolatorio. Qualcuno mi considera un incantatore di serpenti, un venditore di libri uno spacciatore di parole, un cantore del sistema che va abbattuto.
Io penso che la definizione più esatta sia "spacciatore di parole": io chiacchiero, tanto. E qualche volta racconto cose condivisibili.
Ma rimango brutto, sporco e cattivo.
Veniamo al Congresso.
L'evento è stato preceduto da qualcosa di maestosamente spaventoso, che mi ha fatto venire in mente Pompei poco prima della spaventosa eruzione del Vesuvio.
Dopo cinque anni di lamentele, battaglie, formazione di associazioni, proteste contro il sistema previdenziale gestito da Cassa Forense secondo le nuove norme professionali, si è andati ad elezioni per scegliere i delegati. Il dato elettorale è stato devastante. Un astensionismo di proporzioni incredibili: il 90 % degli aventi diritto è rimasto a casa. E di questo parleremo tra poco.
Una bastonata terrificante alle nuove associazioni, con numero di voti irrisorio. Faccio notare che ho sentito Colleghi parlare di queste realtà, composte da uomini e donne anche fino a 50 anni, in alcuni casi ampiamente oltre, definendoli "i ragazzi".
Nessuna donna eletta. Alla faccia delle Commissioni per le pari opportunità. Forse una o due, mi correggo.
Qualcuno ha giustificato il "non voto" come scelta politica. Io non sono d'accordo. Il non voto come scelta politica andava espresso, eventualmente, votando scheda bianca. Ma le urne dovevano straboccare.
E questo dimostra semplicemente che siamo un aggregato, e non una comunità.
Questo è il dato. Cosa siamo? Un aggregato da gestire amministrativamente, o una comunità da gestire politicamente?
Se siamo una comunità de gestire politicamente, non credo cha abbiamo trovato la formula giusta. Catania sarà la cartina di tornasole, perché esploderanno le contraddizioni.
Cosa può accomunarci, quando per natura ci scontriamo? Io difendo Tizio e tu difendi Caio: Cosa ci unisce?
Tutto questo in un clima avvelenato da dubbi, sospetti, accuse, giravolte, salti della quaglia. Intendiamoci, ci sono sempre state. Ma questa volta sono sotto gli occhi di tutti.
Soto gli occhi di tutti quegli avvocati che ancora, ad esempio, aspettano, risposte su "Il Dubbio", giornale dalla gestione fallimentare, che nessuno si sogna di dare.
E ancora. La ferocia di certi scontri verbali fa paura. E' incapacità di gestire il contraddittorio? E' volontà di sopraffare? E' scelta politica?
Eppure è materia di tutti i giorni. A me è stato insegnato a ponderare, prima di reagire. Ho imparato che a volte il silenzio è un'arma terribile, e la riflessione la sua alleata. Non bisogna essere inerti, ma prudenti. Invece oggi l'invettiva è la forma preferita di discussione.
Dunque, cosa siamo, aggregato, o comunità?
Di cosa abbiamo bisogno? Di essere inseriti nella Costituzione?
Io non ci credo. Io penso addirittura che potrebbe essere un modo per limitare la nostra libertà.
Seguiamo i lavori del Congresso, e guardiamo al futuro. E' iniziato ieri.
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Sono nato a Roma nel 1955, Foro di Roma dal 1993, Cassazionista dal 2006. Sono esperto di contenzioso in diritto commerciale, societario, bancario, assicurativo e civile, con approfondita esperienza in campo penale nel settore dei reati finanziari. Ho lavorato anche all'estero, in particolare in Cecoslovacchia e URSS e nella mia vita professionale e privata ho praticato e conosciuto 5 lingue (inglese, francese, russo , tedesco e spagnolo). Sono stato Redattore presso la Compagnia Editoriale srl per le testate Bicisport e Cicloturismo, Docente di Fascia A presso l’Istituto di Studi Giuridici “A.C. JEMOLO” e relatore in numerosi convegni. Nel settore ADR (Alternative Dispute Resolution) sono stato Vice Presidente della Delegazione Italia della Cour Europeenne d'Arbitrage, ho conseguito il titolo di Mediatore nel 2010, ho condotto circa 300 Mediazioni ed ho numerose pubblicazioni su riviste specializzate in materia di arbitrato e mediazione. Nel 2011 sono stato Componente della XXI Commissione per gli esami di abilitazione alla professione di avvocato presso la Corte di Appello di Roma. Discendo da una famiglia di Avvocati per 5 generazioni e come dico spesso "ve conosco tutti!". Ho scritto due libri : “Uno di duecentocinquantamila – troppi avvocati” e “Avvocà, per ora grazie”, in cui ho voluto narrare, anche in chiave ironica e fantastica, i drammi della nostra professione, i rapporti con i Clienti, con i Colleghi e con le Istituzioni Forensi. La nobiltà e la dignità che, nonostante tutto, la caratterizzano. La mia passione sono i libri, leggerli e scriverli.