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La sentenza n. 7597/2022 statuisce sul ricorso proposto da L. A. L. , nato nel 1991 in Romania, avverso la sentenza del 20/01/2022 della Corte di Appello di Roma, che ne dispone l'inammissibilità.
In prima istanza, si ritiene in fatto che, con Sentenza del 20/01/2022, la Corte di Appello di Roma ne dispone la consegna del ricorrente all'A.G. della Romania in esecuzione di mandato di arresto europeo, di natura processuale, emesso dal Tribunale rumeno in data 30/08/2021, con specifico riferimento ai reati di furto aggravato commessi e ascritti al ricorrente tra aprile e luglio 2021.
In seconda istanza, il signor L. A. L. per tramite del suo difensore, ne presenta ricorso; in particolare, con il primo motivo il ricorrente ne denuncia violazione di legge in riferimento all' art. 143 cod. proc. Pen. , dato che a fronte dell' assistenza di un interprete, al signor L. A. L. non viene data la possibilità di esercitare in toto il 'diritto di difesa', a seguito della mancata traduzione della sentenza letta nel corso dell' udienza del 21/01/2022.
Con il secondo motivo, se ne denuncia violazione di legge, in relazione agli artt. 18, comma 1, lett b) L. n. 69/2005 e artt. 2 e 3 CEDU. La Corte non ne ha valutato il rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti con specifico riferimento alle condizioni delle carceri rumene, essendosi basata sulle informazioni fornite dall' Autorità del Paese di emissione, le quali sono molto generiche e irrilevanti, poiché carenti dell'indicazione dell'Istituto Penitenziario presso il quale il ricorrente rumeno sarebbe stato trasferito.
Ne è derivata l'inammissibilità del ricorso citato, a seguito di requisitoria scritta inviata dal Procuratore generale. Il ricorso è stato, altresì, trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell'art. 23, commi 8 e 9, D.L. n. 137/2000, che è stato prorogato. Considerato in diritto e ciò posto, ne deriva l'infondatezza del ricorso. In particolare, viene respinto il primo motivo addotto. In virtù di quanto previsto dalla Direttiva 2010/64/UE, viene riformulato l'art. 143 cod. proc. Pen, il quale non prende in considerazione la procedura di consegna in esecuzione di mandato di arresto europeo. Tramite il richiamo operato dall' art. 39, comma 1, L. n. 69/2005, si possono applicare alla procedura di consegna citata, le disposizioni del codice di procedura penale anche in ossequio della citata direttiva europea (si veda Considerando 15).
In tale contesto, si ritiene che agli incombenti relativi alla traduzione si può procedere a vantaggio di persona che non conosce la lingua italiana solo quando la stessa formuli espressa e motivata richiesta, in applicazione dei principi che la stessa direttiva europea sancisce, in merito alla necessità di garantire la traduzione dei documenti importanti e fondamentali. Nel caso di specie, a fronte della presenza di un interprete, non risulta che l'interessato abbia formulato espressa e motivata richiesta di traduzione della sentenza letta in udienza, fermo restando che ciò non ha precluso la presentazione del ricorso. Il secondo motivo addotto è, altresì, inammissibile. Se ne deduce che, la motivazione riguardante il rischio di trattamenti inumani e degradanti, correlati alla situazione degli istituti penitenziari rumeni, è formulata in modo generico, con assenza di riferimenti al rischio sistemico, dovendosi rilevare che le informazioni inviate dalle Autorità rumene, hanno dato conto del rispetto degli standard previsti nell'ambito delle misure adottate per il rispetto delle sentenze emesse dalla Corte di Strasburgo, con riguardo alle superfici assicurate nelle celle e in riferimento alle condizioni di igiene e salubrità, ferma restando la possibilità di fruire di regimi differenziati a seconda dell'entità della pena inflitta, del titolo di reato e del grado di pericolosità del reo e stante la necessità di applicare nei confronti del consegnando le disposizioni circa lo stato di custodia cautelare in pendenza di processo. Ne deriva che le informazioni addotte, non possono essere disattese. La Corte ne rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La sentenza citata viene depositata in data 1/3/2022.
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Mi chiamo Cecilia Colletta, ho studiato Giurisprudenza presso l' Università di Bari, quivi laureandomi nell' aprile del 2019 con una tesi in Diritto Processuale Penale. Ad ottobre dello stesso anno, grazie ad una Borsa di Studio regionale, ho avuto l'onore e la possibilità di specializzarmi in "Legal Management e Diritto d' Impresa" presso la Lum School of Management, importante e all'avanguardia realtà accademica del Meridione. È qui che la mia preparazione di Giurista ha potuto completarsi a tutto tondo, dandomi la possibilità di aprire una finestra sul mondo dell' Economia e dell' Impresa. Questa formazione mi è servita moltissimo, ho potuto familiarizzare con contesti, tematiche, ambiti nuovi, di frontiera, estremamente attuali e in linea con le esigenze del mercato. Sono una persona estremamente precisa, volenterosa e concreta, amo il diritto e amo scrivere : è da queste mie grandi passioni che ho deciso di partire per cercare di trasmettere - ripercorrendo le mie conoscenze accademiche - il mio sapere Giuridico a chi condivide con me la medesima passione per Legge e Giustizia. I miei lavori non hanno la pretesa né la presunzione di rivolgersi ad un pubblico di colti e raffinati Giuristi, al contrario - ahimè - si rivolgono a principianti del diritto come me! Però è bellissimo condividere le medesime passioni e da qualche parte bisogna pur iniziare : e allora, io inizio!