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Ordinanza del Sindaco per la messa in sicurezza di un edificio pericolante e inadempimento da parte dei condòmini

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Riferimenti normativi: Art.54, comma 4, D.Lgs.n.267/2000 (Testo Unico Enti Locali) - Art.677 c.p.

Focus: In caso di lavori urgenti da effettuare per un edificio pericolante il Sindaco può emettere Ordinanze con le quali imporre la messa in sicurezza e l'esecuzione dei lavori urgenti ai proprietari degli immobili dell'edificio. A cosa vanno incontro i proprietari che non ottemperano alle Ordinanze sindacali?

Principi generali: L'art.2053 c.c.dispone che "Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto dimanutenzione o a vizio di costruzione". Al fine di eliminare un pregiudizio imminente ed irreparabile al bene comune, l'assemblea condominiale deve decidere sui lavori di manutenzione urgenti che devono essere eseguiti e sulla ripartizione delle relative spese tra i condòmini. Anche l'amministratore di condominio può intervenire, senza previo consenso dell'assemblea, per effettuare i lavori urgenti, ma il suo operato deve essere successivamente approvato dall'assemblea. Se la compagine condominiale non rimuove i pericoli dell'edificio il singolo condòmino o lo stesso amministratore di condominio possono rivolgersi al Sindaco affinché emetta l'Ordinanza con cui ordina al condominio l'esecuzione dei lavori. La decisione può essere presa d'ufficio anche dalla stessa amministrazione locale che abbia constatato la situazione di pericolosità. 

L'Art.54, comma 4, D.Lgs.n.267/2000 (Testo Unico Enti Locali) prevede, infatti, che il Sindaco, quale ufficiale del Governo, può emettere Ordinanze contingibili ed urgenti imponendo al condominio di eseguire i lavori necessari per prevenire ed eliminare i gravi pericoliche minacciano l'incolumità pubblica e privata e la sicurezza urbana. In caso di mancata esecuzione dell'Ordinanza sindacale contingibile e urgente da parte dei condòmini, questi ultimi saranno chiamati a rispondere del reato di cui all'art. 650 c.p. il quale prevede che "chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire duemila". A norma dell'art. 677 c.p. "il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 154 a € 929. La stessa sanzione si applica a chi, avendone l'obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione. Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a € 309". Pertanto, in caso di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, l'art. 677 del codice penale distingue il caso in cui l'omissione rientra nell'illecito amministrativo dal caso in cui l'omissione costituisce reato. In particolare, il citato articolo, ai commi 1 e 2, considera illecito amministrativo l'omissione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo, generico e presunto, quando esso sia posto in essere dal proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina (es. distacco di un pezzo di cornicione o intonaci pericolanti) o da chi per lui, obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo.

Trattandosi in tal caso di un pericolo presunto, è prevista l'applicazione della sanzione aministrativa pecuniaria da 154,00 a 929,00 euro che viene irrogata dal Sindaco nei confronti del proprietario responsabile, ai sensi dell'art.2053 cod.civ., dei danni cagionati dalla rovina dell'edificio. Il comma 3 della norma, invece, prevede la pena dell'arresto, fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a 309,00 euro, se dai fatti previsti dalle disposizioni precedenti derivi "pericolo concreto per l'incolumità delle persone" (Cass. pen. sez. I, sent. 11 maggio 2006, n. 16285). In questo caso poiché l'edificio pericolante costituisce concretamente il pericolo di un danno per l'incolumità pubblica, se i proprietari dell'edificio pericolante non si attivano per eliminare il pericolo e, quindi, non ottemperano all'obbligo contenuto nell'Ordinanza sindacale, il Sindaco può provvedere ad avviare i lavori. Le spese, pertanto, saranno anticipate dall'amministrazione locale che poi si rivarrà sui proprietari intraprendendo azioni esecutive nei confronti dei singoli condòmini per il recupero forzato delle spese sostenute, fino a giungere anche al pignoramento della casa e all'asta dei singoli appartamenti. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25176 dell'1/7/2021, si è pronunciata in materia di mancato adempimento all'Ordinanza sindacale. Nella fattispecie la controversia è stata instaurata dai proprietari di un immobile ritenuto pericolante e pericoloso per l'incolumità pubblica da parte del Comune che, proprio per questo, aveva emesso un'Ordinanza sindacale per la messa in sicurezza. Accertato che i proprietari non avevano ottemperato agli obblighi previsti dall'Ordinanza, il Comune ha sporto denuncia all'Autorità Giudiziaria a norma all'art.677, comma 3, c.p. ed il Tribunale ha condannato gli imputati alla pena di euro 2.400,00. La sentenza è stata impugnata dai proprietari dell'immobile con ricorsi in Cassazione per manifesta illogicità e per violazione di legge in relazione alla pena quantificata. La Suprema Corte ha ritenuto i ricorsi inammissibili e si è pronunciata affermando che il livello di pericolo per le persone esclude che il reato possa essere considerato lieve, per cui ha ritenuto congrua la scelta del Tribunale di irrogare una pena solo pecuniaria (invece che detentiva) e, comunque, nettamente inferiore al massimo edittale (euro 10.000,00 ex art. 26 codice penale). In conclusione, ha confermato la condanna dei due proprietari al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all'irritualità dell'impugnazione (C. Cost. n. 186 del 2000) – di ulteriori 3 mila euro in favore della cassa delle ammende. 

 

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