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Violazione della privacy e risarcimento danno da spam pubblicitario: gli orientamenti della Cassazione

Quante volte abbiamo ricevuto e-mail indesiderate pur essendo vietato dal codice della privacy il loro invio senza previa autorizzazione al trattamento dei dati?
Eppure la Suprema Corte di Cassazione con la sent. n. 3311/2017 dell´8/02/2017ha, di fatto, legalizzato lo spam pubbicitario, togliendo a questo comportamento la sanzione e rigettando la richiesta di indennizzo avanzata da un avvocato che aveva preteso 360 euro a titolo di danno per aver ricevuto, sul proprio account di posta in entrata, dieci e-mail indesiderate di spam, tutte di identico contenuto pubblicitario, nell´arco di tre anni.
La Corte, condividendo la posizione del giudice di merito, ha evidenziato che, nell´ambito del processo civile, per poter chiedere un risarcimento dei danni all´azienda che, senza autorizzazione e in via massiva, abbia fatto "spam" indesiderato è sempre necessario dimostrare di aver subito un danno, cioè è necessario agire non per qualsiasi tipo di violazione del codice della privacy, ma solo per quelle violazioni sensibili di natura personale effettivamente patite dall´interessato, che vanno ben oltre il principio di tolleranza della lesione minima.
E nel caso di danno di natura non patrimoniale, risarcibile ai sensi dell´art. 15 del codice della privacy, è necessario che vi sia la lesione non di un diritto qualsiasi, ma di un diritto di natura costituzionale.
Senza alcun dubbio la lesione della privacy, ovvero del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali, è tutelata dagli artt. 2 e 21 della Costituzione, e dall´art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell´Uomo, ma è anche vero che, per richiedere un indennizzo, è necessario che la violazione sia consistente e grave. In altri termini è necessaria la «serietà del danno».
Secondo i giudici della Corte Suprema la lesione della riservatezza per illecito trattamento dei dati personali, conseguenti all´invio di e-mail di spam, non può considerarsi un danno tanto grave da giustificare il ricorso al giudice.
Pertanto, nella fattispecie, non solo il danno di euro 360,00, indicato dall´avvocato ricorrente, consistente in un modesto disagio o fastidio, senz´altro tollerabile, è stato ritenuto ipotetico e futile, ma è stata anche ravvisata una responsabilità processuale aggravata, che, a norma dell´art.96, terzo comma, c.p.c., prescinde dalla prova di un danno effettivamente patito, avendo il legale abusato dello strumento processuale e dovendo per questo essere sanzionato al pagamento di euro 1.500,00.
Avv. Carmela Patrizia Spadaro – Foro di Catania

 

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