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Varco tra una cantina ed un cortile condominiale: ha natura condominiale?

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Con l'ordinanza n. 19105 dello scorso 14 giugno vertente su un regolamento di competenza in materia di famiglia, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha specificato come individuare la natura, condominiale o meno, di un varco di collegamento tra una cantina di proprietà individuale e il cortile condominiale.

Si è difatti specificato che "in materia condominiale nessuna porzione dell'edificio, ancorché di proprietà individuale e perciò corrispondente in catasto ad una particella diversa da quella identificante l'area su cui sorge il fabbricato comune, può essere considerata come suolo, di guisa che la superficie sottostante non è, a sua volta, definibile come sottosuolo e non se ne può attribuire la proprietà in base alla regola dell'art. 840 c.c..Per accertare la proprietà del sottoportico, deve farsi riferimento alla presunzione sancita dall'art. 1117 c.c., in base al quale è comune - salvo che risulti altrimenti dal titolo - il suolo su cui sorge l'edificio.".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione il proprietario di un'unità immobiliare sita in un complesso condominiale, composta da un appartamento, un portico esclusivo e una cantina confinante con un cortile comune adibito a parcheggio, conveniva in giudizio il Condominio, dolendosi per la delibera assunta dall'ente con cui gli era stato negato il diritto di aprire un varco di collegamento tra la cantina e il cortile, in modo da creare un ulteriore accesso alla sua porzione esclusiva.

Il Tribunale di Brescia respingeva la domanda, sul presupposto che il condomino si era appropriato di un vano condominiale adiacente alla cantina, trasformandolo in autorimessa.

La sentenza veniva integralmente riformata in appello: secondo la Corte di merito, il muro interposto tra il vano cantina e l'area esterna non insisteva sul suolo comune ed il condomino aveva acquistato non soltanto un appartamento con cantina, ma anche un balcone che aggettava sul diverso mappale, non appartenente al condominio; inoltre, in adiacenza alla cantina, esisteva un sottoportico, per cui, in applicazione del principio di estensione in senso verticale della proprietà immobiliare ai sensi dell'art. 840 c.c., la porzione di immobile ricavata sotto il balcone doveva ritenersi di esclusiva titolarità dell'appellato, incluso il muro di contenimento di tale locale, servendo all'unità esclusiva del condomino stesso, che quindi aveva diritto a realizzare dell'apertura 

 Pronunciandosi sul ricorso proposto dal Condominio, la Cassazione cassava la sentenza di appello, affermando che in materia condominiale nessuna porzione dell'edificio, ancorché di proprietà individuale e perciò corrispondente in catasto ad una particella diversa da quella identificante l'area su cui sorge il fabbricato comune, può essere considerata come suolo, di guisa che la superficie sottostante non è, a sua volta, definibile come sottosuolo e non se ne può attribuire la proprietà in base alla regola dell'art. 840 c.c..

Secondo gli Ermellini, per accertare la proprietà del sottoportico compreso fra la soletta del balcone e il terreno sottostante, doveva farsi riferimento non all'art. 840 c.c., ma alla presunzione sancita dall'art. 1117 c.c., in base al quale è comune - salvo che risulti altrimenti dal titolo - il suolo su cui sorge l'edificio.

Il suolo che è oggetto di proprietà comune è quello su cui insiste l'insieme della struttura, incluse le parti di mura perimetrali che, per titolo o funzione svolta, non siano da considerarsi comuni, come nel caso in cui queste siano destinate unicamente a delimitare e sorreggere un balcone di proprietà individuale.

Riassunto ritualmente il giudizio, il giudice del rinvio accoglieva le domande del condomino, ribadendo che il muro di contenimento del balcone era di proprietà comune.

 Il Condominio, ricorreva in Cassazione, denunciando violazione degli articoli 112 e 384 c.p.c. nonché degli articoli 1102 e 1117 c.c., per essersi la Corte limitata a dichiarare la condominialità del muro di contenimento del balcone, omettendo di verificare – come richiesto dalla Corte di legittimità in sede di rinvio – se il vano sottoportico, sottostante al balcone e trasformato in autorimessa, fosse di esclusiva titolarità del condomino .

La Cassazione condivide le argomentazioni del condominio.

La Corte rileva come la sentenza di legittimità aveva demandato al giudice del rinvio il compito di accertare l'eventuale condominialità del vano sottostante al balcone e, quindi, verificare la natura condominiale e l'appartenenza del vano adiacente alla cantina esclusiva alla luce dei principi fissati dall'art. 1117 c.c., con conseguente legittimità dell'apertura del varco di collegamento verso l'esterno del locale, ove non appartenente al condominio.

Tale accertamento rivestiva carattere preliminare, posto che, qualora fosse stata accertata l'appropriazione di un bene comune da parte del condomino, anche la trasformazione in autorimessa e il collegamento verso l'esterno tramite un varco di accesso sarebbero risultate illegittimi ai sensi dell'art. 1102 c.c..

Di contro, la Corte di appello, avendo omesso di accertare anzitutto la proprietà condominiale o esclusiva del vano sottoportico ai sensi dell'art. 1117 c.c., oltre a disattendere la pronuncia di legittimità, è pervenuta ad un'errata applicazione dell'art. 1102 c.c., non potendosi dichiarare la legittimità dell'apertura del varco senza stabilire se il condomino si fosse effettivamente appropriato di un locale condominiale.

In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza, con rinvio della causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

 

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