Nel mese di dicembre del 2017 un gruppo di Funzionari Giuridico-Pedagogici
dell'Amministrazione Penitenziaria ha deciso di riunirsi nell'Associazione Nazionale
Funzionari del Trattamento - ANFT - al fine di interloquire in maniera più efficace con i
vertici politico-amministrativi del Ministero della Giustizia e poter rappresentare, con una
sola forte voce, le molte contraddizioni che il sistema carcere presenta ormai da decenni.
L'ANFT, benché nata da pochi mesi, conta ormai diverse centinaia di aderenti i quali, in
maniera entusiastica hanno accolto l'invito dei promotori di questa Associazione.
Per la prima volta nella storia della nostra professione, infatti, nasce un coordinamento
con lo scopo di tutelare certamente i componenti e il loro lavoro ma, anche e soprattutto, il
servizio pubblico che, insieme agli altri lavoratori del settore penitenziario, essi devono
erogare.
Non a caso abbiamo scelto, quale inscriptio da inserire nel logo dell'Associazione,
quale principio orientatore della nostra azione, "concordia munerum attingere metam".
Siamo infatti profondamente convinti che attraverso il senso di comune appartenenza, la
comunicazione funzionale tra le diverse professionalità, le funzionali sinergie tra i diversi
operatori, si possa migliorare significativamente il servizio pubblico che eroga
I' Amministrazione Penitenziaria.
In coerenza con quanto sopra, non può sfuggire a questa Associazione il profondo
disagio che proviene anche dai Poliziotti Penitenziari che Codeste Organizzazioni Sindacali da sempre denunciano. Gli operatori della sicurezza condividono con noi un contesto di lavoro difficile, pericoloso, usurante, come facilmente si evince guardando alle rassegne stampa riguardanti il mondo carcerario ma soprattutto vivendo giorno per giorno nelle sezioni.
Solo per citare gli ultimi accadimenti, non possono sottacersi episodi come quelli verificata tisi nelle carceri di Ariano Irpino e di Sulmona, casi in cui emergono esplicite le fortissime criticità di un contesto lavorativo che non si può non definire "stabilmente instabile".Non è il momento, questo, né la sede per approfondire con fare tecnicistico tutte leproblematiche che affliggono il sistema, le quali avranno, nei prossimi mesi, si auspica, una trattazione assai approfondita con gli organi decisionali deputati. E' però la giusta occasione per esprimere ai ragazzi della Polizia Penitenziaria, nostri compagni di lavoro, la giusta solidarietà per avere subìto incidenti spesso gravi all'interno degli istituti penitenziari.
Anche noi, in diverse occasioni, siamo stati minacciati, oltraggiati, aggrediti.
Basta riflettere sul ruolo del Funzionario Giuridico-Pedagogico per capire che non è
un "civile" come gli altri. Ormai in molte strutture vive a contatto con i reclusi per molte ore
e ne percepisce chiaramente le frustrazioni, il disagio, le sofferenze.
Noi, come voi, portiamo avanti il nostro lavoro con impegno. Ma è certamente vero
che nessuno come noi può comprendere il grido d'allarme lanciato da Codeste Organizzazioni Sindacali e offrire un contributo per il miglioramento della dignità di tutti gli operatori penitenziari istituzionali e della sinergia che tra loro deve consolidarsi per il superiore bene comune e per il raggiungimento della mission istituzionale.
E' stata certamente una brutta sorpresa, per noi, come per voi, apprendere che la riforma penitenziaria, allo stato bloccata, - pur apprezzabile per alcuni aspetti, meno per tanti altri - non aveva previsto alcun riconoscimento professionale, per voi come per noi, del ruolo dell'operatore penitenziario che lavora a stretto contatto con il detenuto.Non si è capita questa scelta, non se ne è compresa la motivazione.
L'opinione pubblica, che certamente si rende conto di cosa significhi lavorare in
carcere, non avrebbe avuto alcuna perplessità nell'apprendere che il personale penitenziario, che rappresenta l'ultimo baluardo di difesa dello Stato contro la criminalità, sarebbe stato destinatario di un riconoscimento particolare, attesa la natura gravosa e profondamente usurante della professione dell'operatore penitenziario, come esplicitato chiare lettere dal Consiglio d'Europa e dalle sue Regole Penitenziarie.
La vostra richiesta di aiuto è anche la nostra.
Stefano Graffagnino
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