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Un disarmante concetto di legittima difesa

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"Che sia in galera un imprenditore che si è difeso dopo 100 furti e rapine e sia a spasso il rapinatore in attesa del risarcimento danni, questo mi dice che bisogna cambiare presto e bene le leggi". Non ha dubbi Salvini all'uscita dal carcere di Piacenza dove si è recato a far visita a Angelo Preveri, l'imprenditore piacentino condannato definitivamente a quattro anni e mezzo per il tentato omicidio di un ladro di nazionalità romena. E' andato a trovarlo per esprimergli la sua solidarietà, ventilando anche l'ipotesi di presentare personalmente una richiesta di grazia al presidente della Repubblica. Quanto alla legittima difesa, il ministro dell'Interno è lapidario: "La legge che approveremo non guarda indietro ma avanti. Non è l'invito a nessuno a farsi giustizia da solo, ma se vengo aggredito o minacciato nella mia azienda o a casa mia ho diritto di difendermi senza passare 9 anni nei tribunali di mezza Italia, mi sembra il minimo del buon senso". Ma la carte processuali della vicenda Preveri raccontano una storia completamente diversa, che con la legittima difesa ha ben poco a che fare.

Il 5 ottobre 2011, nelle campagne del piacentino, l'imprenditore Angelo Peveri assieme al suo dipendente Gheorge Batezatu si precipita nel suo cantiere sulle rive del fiume Tidone. Ha suonato l'antifurto del suo escavatore, ci sono dei ladri. Già in passato ha subito dei furti di gasolio, sicché imbraccia il fucile a pompa e corre a difendere la sua roba. Spara tre colpi, ferisce uno dei ladri al braccio. Non è però finita qui. Uno della banda, il rumeno Jucan Dorel, torna indietro per prendere un'auto, Batezatu lo vede, lo immobilizza, lo costringe a inginocchiarsi e a mettere le mani dietro la nuca. Angelo Peveri accorre, il ladro è immobile a terra. Batezatu gli sbatte la testa più volte contro un sasso. Peveri gli spara da un metro e mezzo di distanza. Lo prende al petto ferendolo gravemente. Nonostante la ferita gravissima, Dorel sopravvive. Per fortuna sua, ma anche di Peveri, che verrà processato per tentato omicidio, e non per un omicidio effettivamente commesso.

Non fanno a tempo a spalancarsi le porte del carcere che Matteo Salvini è già lì a visitarlo invocandone la liberazione. Trasforma Peveri nell'ultimo testimonial della nuova legge sulla legittima difesa, quella che giustifica sempre la reazione di chi spara di fronte a un grave turbamento. Peccato che neppure l'avvocato di Peveri, in anni di processo, abbia mai chiesto ai giudici per il proprio assistito la scriminante della legittima difesa. Che in questo caso non c'entra nulla, tanto che la sentenza d'appello parla addirittura di "esecuzione". Ma di tutto questo Salvini non parla. Trascura la dinamica dei fatti, equipara il valore della vita di una persona al diritto di proprietà. Fa propaganda elettorale da ministro dell'Interno e di fronte a una sentenza di condanna definitiva, come sottolinea anche l'Associazione Nazionale Magistrati che ha tuonato contro la presa di posizione del ministro: "Le decisioni in merito alle modalità e alla durata di una pena detentiva spettano non al Ministro dell'Interno, che ha fatto visita a un detenuto condannato con sentenza passata in giudicato, ma solo alla magistratura, che emette le sentenze in modo rigoroso e applicando le leggi dello Stato", ha detto l'Anm. Se passa la nuova legge sulla legittima difesa ne vedremo anche di peggio. Chi spara nella sua proprietà avrà sempre ragione, a prescindere dal reale pericolo e dalla posizione del ladro. E come Ponzio Pilato lo Stato alzerà le mani lasciando ai cittadini il compito di difendersi da soli.

 

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