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Tenuità fatto avanti Giudici di Pace, questione rimessa a SS.UU.

I giudici della Terza Sezione penale della Corte di Cassazione con l´ordinanza n. 20245 del 28 aprile 2017, hanno hanno chiesto la rimessione all´adunanza plenaria delle Sezioni Unite la questione relativa all´ applicazione avanti al Giudice di Pace dell´istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.

Come si sa tale istituto è previsto e disciplinato dal nostro ordinamento solo per il procedimento penale davanti al giudice ordinario,in quanto per quello avanti al giudice di pace è previsto un istituto analogo, che prevede addirittura l´improcedibilità per la particolare insignificanza della vicenda.

Poiché non esiste alcun richiamo esplicito normativo sulla possibilità che l´istituto possa essere applicato anche avanti al Giudice di Pace e poiché sul punto esistono diversi orientamenti, i Giudici della Terza Sezione hanno avvertito la nessità che sul punto si pronunci l´adunanza plenaria della Corte.

Nel caso specifico il Giudice di Pace di Verona aveva dichiarato non punibili, per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., i genitori di un minore chiamati a rispondere penalmente ex art. 731 c.p., per non aver provveduto a mandare a scuola il loro figlio. Il giudice di merito aveva motivato la propria decisione facendo leva sul rapporto di specialità dell´art. 131 bis del c.p. rispetto al decreto legislativo che disciplina il procedimento avanti al giudice di pace.

Avverso tale decisione il Procuratore Generale presso la Corte d´Appello proponeva il ricorso in Cassazione secondo cui l´istituto in questione non sarebbe applicabile nel procedimento davanti al giudice di pace, perché in esso è già prevista l´esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto di cui all´art. 34.

La decisione della Corte è stata quella di rimetter la questione avanti le SS.UU, infatti sul punto si sono delineati due contrastanti orientamenti giurisprudenziali di legittimità.
Secondo l´orientamento prevalente (Cass. pen. sez. V, 28 novembre 2016 n. 54173; Cass. pen. sez. V, 20 ottobre 2016, n. 55039; Cass. pen. sez. V, 15 settembre 2016, n. 47523), la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all´art. 131-bis c.p. non è applicabile ai procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace, ciò in considerazione della particolare natura del potere e delle finalità conciliative che caratterizza la giurisdizione penale del giudice di pace.
Il secondo indirizzo invece (Cass. pen. sez. V, 12 gennaio 2017, n. 9713; Cass. pen. sez. IV, 19 aprile 2016, n. 40699), sostiene che la causa di esclusione della punibilità sia applicabile anche ai reati di competenza del giudice di pace poiché sarebbe alquanto inspiegabile sul piano logico giuridico come una norma di diritto sostanziale che è stata introdotta dal legislatore per evcludere la punibilità per fatti aassi minori e di poco disvalore sociale, non possa poi essere applicata a quei reati che proprio perché considerati minori sono stati devoluti alla competenza del giudice di pace.

A questo punto non ci resta che attendere la decisione delle Sezioni Unite
Segue Ordinanza della Terza Sezione della Corte
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Cass. pen. Sez. III, Ord., 28-04-2017, n. 20245

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo - Presidente -
Dott. GALTERIO Donatella - Consigliere -
Dott. CERRONI Claudio - Consigliere -
Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere -
Dott. ANDRONIO Alessandro - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D´APPELLO DI VENEZIA;
nei confronti di:
P.P., nata a (OMISSIS) il (OMISSIS);
R.F., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza del Giudice di pace di Verona del 14 luglio 2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANDRONIO Alessandro M.;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROMANO Giulio, che ha concluso nel senso del rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. LOMBARDO Domenico.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 14 luglio 2015, il Giudice di pace di Verona ha dichiarato non punibili gli imputati, ritenuta la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 731 c.p., a loro contestato per avere, in concorso tra loro, quali genitori di un minore, omesso, senza giusto motivo, d´impartirgli o di fargli impartire l´istruzione elementare. Il Giudice di pace ritiene che l´art. 131-bis c.p. sia applicabile anche nei procedimenti disciplinati dal D.Lgs. n. 274 del 2000, perchè si pone in rapporto di specialità con l´art. 34 di tale D.Lgs., il quale prevede la non procedibilità, e non la non punibilità, per i reati connaturati da particolare tenuità. Il carattere speciale della disposizione del codice penale sarebbe desumibile da una serie di elementi: "l´ampliamento del numero dei reati; l´applicazione dell´istituto solo a persone che, di fatto, non siano qualificate come delinquenti abituali; la semplificazione dell´applicazione dell´istituto, che non è legato al previo consenso di fatto della persona offesa e non fa venire meno il diritto soggettivo a richiedere il risarcimento del danno in capo alla persona offesa; l´obbligo di compilazione della scheda personale per il casellario giudiziale nel quale deve essere riportato che vi è stato proscioglimento solo per l´applicazione delle regole dettate al nuovo art. 131-bis c.p.".
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d´appello di Venezia, deducendo l´inosservanza dell´art. 131-bis c.p.. Secondo la prospettazione del ricorrente, si tratterebbe di una disposizione non applicabile nel procedimento davanti al giudice di pace, perchè in esso è già prevista l´esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34. In ogni caso, l´art. 2 di tale D.Lgs. opera, in assenza di previsioni contenute nel decreto stesso, un rinvio alle sole norme del codice di procedura penale e non anche a quelle del codice penale.

Motivi della decisione
1. Risulta rilevante, ai fini della decisione, la seguente questione di diritto:
se l´art. 131-bis c.p. sia applicabile nei procedimenti che si svolgono davanti al giudice di pace.
2. Su tale questione sussiste un contrasto tra due diversi orientamenti giurisprudenziali di legittimità.
2.1. Secondo l´orientamento ampiamente maggioritario (ex multis, Sez. 5, n. 54173 del 28/11/2016, Rv. 268754; Sez. 5, n. 55039 del 20/10/2016, Rv. 268865; Sez. 5, n. 47523 del 15/09/2016, Rv. 268430; Sez. 5, n. 47518 del 15/09/2016, Rv. 268452; Sez. 5, n. 45996 del 14/07/2016, Rv. 268144; Sez. 5, n. 26854 del 01/06/2016, Rv. 268047; Sez. 7, n. 1510 del 04/12/2015, dep. 2016, Rv. 265491; Sez. F, n. 38876 del 20/08/2015, Rv. 264700; Sez. 4, n. 31920 del 14/07/2015, Rv. 264420), la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all´art. 131-bis c.p. non è applicabile ai procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace, per i quali trova applicazione soltanto la disciplina speciale di cui al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 34, che si inscrive nell´ambito della "finalità conciliativa" che caratterizza la giurisdizione penale del giudice di pace.
Un primo elemento differenziale tra le due fattispecie di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, e all´art. 131-bis c.p. è rappresentata dall´ambito di applicazione: la delimitazione dell´area dei reati suscettibili di declaratoria di improcedibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 34 non conosce - a differenza della causa di non punibilità di cui all´art. 131-bis cit. (applicabile ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni) - alcuna limitazione quoad poenam.
Vi sono, inoltre, significative divergenze tra i due istituti sul piano della definizione normativa dei relativi presupposti applicativi. Se, nell´uno e nell´altro caso, il punto di riferimento dell´accertamento giudiziale è la fattispecie concreta (così, per l´art. 34 cit., ex plurimis, Sez. 5, n. 29831 del 13/03/2015, Rv. 265143 e, per l´art. 131-bis c.p., Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016), la declaratoria di improcedibilità per la particolare tenuità del fatto nel procedimento davanti al giudice di pace implica la valutazione congiunta degli indici normativamente indicati, ossia l´esiguità del danno o del pericolo, il grado di colpevolezza e l´occasionalità del fatto (Sez. 5, n. 34227 del 07/05/2009, Rv. 244910): valutazione, questa, alla quale deve associarsi la considerazione del pregiudizio che l´ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell´imputato, ossia la considerazione di interessi individuali che siano in conflitto con l´istanza punitiva. Invece, la causa di non punibilità introdotta con l´art. 131-bis c.p. fa leva su un giudizio di particolare tenuità del fatto e di non abitualità della condotta, ancorato ad una valutazione complessa che ha ad oggetto le modalità della condotta e l´esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell´art. 133 c.p. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016); vi sono, inoltre, parametri di definizione negativa della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p., comma 2) e di definizione positiva dell´abitualità del comportamento (art. 131-bis c.p., comma 3): nell´una e nell´altra direzione, detti parametri si riferiscono ad elementi ostativi alla configurabilità della causa di non punibilità.
I due istituti si differenziano, poi, molto nettamente in punto definizione del ruolo della persona offesa nel perfezionamento delle fattispecie. La disciplina di cui all´art. 34 cit. attribuisce alla persona offesa una "facoltà inibitoria" ricollegabile alla "valutazione del legislatore circa la natura eminentemente "conciliativa" della giurisdizione di pace, che dà risalto peculiare alla posizione dell´offeso del reato" (Sez. U, n. 43264 del 16/07/2015); al contrario, l´istituto previsto dall´art. 131-bis c.p. non prevede (salvo che per la particolare ipotesi di cui all´art. 469 c.p.p.) "alcun vincolo procedurale conseguente al dissenso delle parti" (Sez. 4, n. 31920 del 14/07/2015, cit.). E la finalità conciliativa del procedimento davanti al giudice di pace rappresenta un tratto fondamentale del sistema delineato dal D.Lgs. n. 274 del 2000 (Corte Cost., ordd. nn. 27 del 2007, 349, 201, 57, 56, 55, 11, 10 del 2004, 231 del 2003): al quadro normativo che riconosce un particolare favor alla conciliazione tra le parti (Corte cost., ord. n. 228 del 2005) sono ricollegabili anche i tratti di semplificazione e snellezza del procedimento, tratti che, appunto, ne esaltano la funzione conciliativa (Corte cost., ord. n. 64 del 2009; Cass., Sez. 5. n. 16494 del 20/04/2006, Rv. 234459; Sez. 5. n. 14070 del 24/03/2005, Rv. 231777).
Evidenziati tali elementi differenziali, l´orientamento giurisprudenziale in esame, giunge ad escludere che il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34 sia stato tacitamente abrogato dalla novella del 2015, non sussistendo il presupposto dell´incompatibilità tra le due diverse discipline, come confermato dai lavori preparatori della novella del 2015 (Sez. F, n. 38876 del 20/08/2015, cit.). Tale conclusione troverebbe conferma nell´art. 16 c.p. secondo cui nei rapporti tra il codice penale, come legge generale, e le leggi speciali, le disposizioni del primo si applicano anche alle materie regolate dalle seconde in quanto non sia da queste diversamente stabilito: ricorre quest´ultima ipotesi nel caso in esame, alla luce dei profili di specialità propri della disciplina ad hoc delineata dall´art. 34 cit., la sola applicabile nel procedimento davanti al giudice di pace.
2.2. A tale orientamento si contrappone consapevolmente un indirizzo interpretativo minoritario (Sez. 5, 12/01/2017, n. 9713; Sez. 4, n. 40699 del 19/04/2016, Rv. 267709), secondo cui la causa di esclusione della punibilità prevista dall´art. 131-bis c.p. si distingue strutturalmente dall´ipotesi di esclusione della procedibilità prevista dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, perchè le differenze fra i due istituti (e la disciplina sostanzialmente di maggior favore prevista dall´art. 131-bis c.p.) inducono a ritenere che quest´ultimo sia applicabile nel rispetto dei soli limiti espressamente indicati dalla norma - a tutti i reati, ivi compresi quelli di competenza del giudice di pace, anche perchè sarebbe altamente irrazionale e contrario ai principi generali che una norma di diritto sostanziale - nata per evitare alla persona offesa il pregiudizio derivante dalla condanna per fatti di minima offensività, che la coscienza comune percepisce come di minimo disvalore, e per ridurre i costi connessi al procedimento penale sia inapplicabile proprio ai reati che, per essere di competenza del giudice di pace, sono ritenuti dal legislatore di minore gravità.
Tale indirizzo prende le mosse dal principio, affermato da Sez. U, n. 13681 del 2016, per cui l´art. 131-bis c.p. è applicabile ai processi non definiti con sentenza passata in giudicato in quanto più favorevole al reo, in base al principio di legalità penale enunciato dall´art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell´uomo (CEDU), così come interpretato dalla giurisprudenza di Strasburgo, nella prospettiva della più completa tutela dei diritti fondamentali della persona: l´istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, avendo natura sostanziale, è applicabile, per i fatti commessi prima dell´entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione, in applicazione dell´art. 2 c.p., comma 4, e art. 129 c.p.p., è deducibile e rilevabile d´ufficio ex art. 609 c.p.p., comma 2, anche nel caso di ricorso inammissibile.
Fatta questa premessa, le sentenze in esame sottolineano che gli istituti presi in considerazione, pur facendo entrambi riferimento, nelle rubriche degli articoli che li contemplano, alla "particolare tenuità del fatto", hanno struttura e ambito di applicazione non coincidenti: l´art. 131-bis c.p., prevede, infatti, una causa di esclusione della "punibilità" allorchè - per le modalità della condotta e per l´esiguità del danno o del pericolo - l´offesa all´interesse protetto sia particolarmente tenue; l´art. 34 cit. contempla una causa di esclusione della "procedibilità" quando il fatto - valutato nella sua componente oggettiva (esiguità del danno o del pericolo) e soggettiva (occasionalità della condotta e grado della colpevolezza) sia di particolare tenuità. Quanto alle condizioni dell´applicazione, la causa di esclusione della punibilità di cui all´art. 131-bis c.p. richiede che sia "sentita" la persona offesa (artt. 411 e 469 c.p.p.), mentre l´applicabilità del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, è subordinata - nella fase delle indagini preliminari - alla condizione che "non risulti un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento" e, nella fase del giudizio, alla mancata opposizione sia dell´imputato che della persona offesa.
Da tali elementi differenziali, il secondo orientamento giurisprudenziale fa conseguire che l´operatività del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, è subordinata a condizioni più stringenti di quelle richieste dall´art. 131-bis c.p., in quanto la prima norma esige che "il fatto" (e non solo l´offesa) sia di particolare tenuità e perchè l´esistenza - oggettivamente valutata - di un interesse della persona offesa preclude l´immediata definizione del procedimento. E non si tratterebbe di differenze di poco conto, perchè "il fatto" previsto dall´art. 34 cit. può - sebbene rechi una minima offesa all´interesse protetto - non essere di particolare tenuità per mancanza di occasionalità (elemento da cui prescinde, invece, l´art. 131-bis c.p., salve le ipotesi di cui ai commi 2 e 3), mentre il diverso ruolo giocato - per l´art. 34 - dall´interesse della persona offesa (o dal diritto potestativo di questa e dell´imputato, dopo l´esercizio dell´azione penale) colloca i due istituti su piani diversi di praticabilità, subordinando l´operatività di quest´ultimo ad una valutazione più ampia di quella richiesta dall´art. 131-bis c.p., che è, invece, ancorato (essenzialmente, anche se non solo) al grado dell´offesa.
I problemi posti dalla coesistenza nell´ordinamento penale dei due istituti sopra esaminati non possono essere risolti - ad avviso dell´orientamento giurisprudenziale in commento - facendo applicazione del principio di specialità in materia penale, perchè le norme sopra richiamate non presuppongono la medesima situazione di fatto, ma situazioni solo parzialmente convergenti. Così, può darsi che un fatto non rientrante nella previsione dell´art. 34 (perchè, per esempio, mancante di occasionalità; o perchè osta alla sua immediata definizione un interesse della persona offesa; o perchè, dopo l´esercizio dell´azione penale, vi è opposizione dell´imputato o della persona offesa) rientri, invece, nella previsione dell´art. 131-bis c.p. (per esempio, perchè si tratta di imputato che deve rispondere di una percossa quasi simbolica); viceversa, possono esservi casi definibili ex art. 34, anche se l´offesa superi il livello di offensività presupposto dall´art. 131-bis c.p. (per esempio, perchè ostano alla procedibilità le particolari condizioni di salute dell´imputato).
A tali considerazioni si aggiunge che nessuna indicazione normativa conforta la tesi negativa. Si sostiene, infatti, che il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 2 - secondo cui nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto dal decreto stesso, si osservano, in quanto applicabili, le norme contenute nel codice di procedura penale e nei titoli 1 e 2 del D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 - richiamato dalla giurisprudenza avversa, si riferisce, all´evidenza, alle norme di procedura, ma non anche agli istituti sostanziali, qual è, secondo la giurisprudenza di questa Corte, quello contemplato dall´art. 131-bis c.p. (Sez. U, Sentenza n. 13681 del 2016; Sez. 5, n. 5800 del 02/07/2015, Rv 267989; Sez. 3, n. 31932 del 02/07/2015; sez. 6, n. 39337 del 23/6/2015). Nè indicazioni in senso contrario vengono dal parere espresso dalla Commissione Giustizia sullo schema di D.Lgs. il 3 febbraio 2015, ove si invitava il Governo a valutare "l´opportunità di coordinare la disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dal D.Lgs. 28 ottobre 2000, n. 274, art. 34, in riferimento ai reati del giudice di pace, con la disciplina prevista dal provvedimento in esame" e dal fatto che la sollecitazione suddetta non fu accolta. Secondo l´orientamento in commento, tale determinazione fu adottata per il solo fatto che il coordinamento tra le due discipline fu ritenuto estraneo alle indicazioni della legge delega; da qui la necessità che la possibile interferenza tra diverse disposizioni sia risolta dall´interprete. Ne deriva - per l´indirizzo interpretativo minoritario - che il carattere di maggior favore della disciplina prevista dall´art. 131-bis c.p. induce a ritenere che quest´ultima sia applicabile a tutti i reati, ivi compresi quelli di competenza del giudice di pace, anche perchè sarebbe altamente irrazionale e contrario ai principi generali che una norma di diritto sostanziale sia inapplicabile proprio ai reati che sono ritenuti dal legislatore di minore gravità.
3. Poichè la questione di diritto esaminata ha dato luogo al contrasto giurisprudenziale sopra descritto, appare opportuno che il ricorso sia rimesso alle sezioni unite, ai sensi dell´art. 618 c.p.p..

PQM
Rimette il ricorso alle sezioni unite.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2017



 

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