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Convivente ha diritto a tutele piene, coabitazione non più necessaria

La Suprema Corte di Cassazione con la recente Ordinanza n. 9178 del 2018 ha posto in essere una vera e propria ricostruzione evolutiva, in ragione delle modifiche culturali e sociali, dell´idea di famiglia, estendendola anche ad ipotesi di convivenza caratterizzate da una certa esternalizzazione del legame affettivo ed in cui il concetto di coabitazione assume un rilievo recessivo e non più dirimente.
In questa prospettiva, nel caso sottoposto al loro esame, i Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto anacronistica ed affetta da vizi di metodo e di merito, la pronuncia dei Giudici Territoriali, che avevano ravvisato una carenza di legittimazione in capo alla ricorrente la quale, a seguito della morte del compagno, aveva chiesto il riconoscimento del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale in virtù della detta perdita.
I Giudici d´Appello, infatti, nonostante il riscontro di vari elementi, tutti idonei a ritenere sussistente un rapporto affettivo tra la donna ed il de cuius, ciò nonostante nella mancanza della coabitazione avevano ravvisato la carenza di un elemento per loro imprescindibile per la configurazione della c.d. convivenza "more uxorio", presupposto per la risarcibilità del danno da perdita del convivente di fatto.
La presunta carenza di stabilità e continuità del rapporto legata prevalentemente al fatto che l´uomo non avesse tecnicamente cambiato residenza, nonostante la convivenza con la donna, non legittimerebbe, secondo i Giudici Territoriali, la donna ad agire in giudizio per ottenere i danni su detti.
Di diverso avviso, i Supremi Giudici di Cassazione che partendo dal concetto di convivenza da loro stessi fornito, in base al quale si ha una coppia di fatto ogni qual volta ci si trovi di fronte ad un legame stabile tra due persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti, hanno valorizzato il dato della stabilità del rapporto e dell´affectio che legava i due partners.
Infatti, secondo i Giudici di Piazza Cavour, nella valutazione operata dai Giudici Territoriali sono ravvisabili "ictu oculi", come accennato, due errori di diversa natura l´uno di metodo l´altro di merito.
In riferimento al primo, è stato evidenziato dal Supremo Collegio come una volta rilevati i vari indici sintomatici della convivenza, tra i quali nel caso di specie il fatto che i due conviventi avessero un conto comune nonché lo stesso medico di base, che la donna tenesse con se l´agenda personale del marito e che fosse stata la prima ad essere avvisata dell´avvenuta tragedia, in ordine alla configurabilità di una determinata situazione produttiva di ricadute giuridicamente rilevanti, tali elementi andassero valutati nella loro interezza e non certamente come erroneamente hanno fatto i Giudici di seconde cure, in maniera frammentata, scomposta ed atomistica.
Sotto il profilo del merito, poi - hanno continuato i supremi giudici di legittimità - non sembra essere stata data dai Giudici territoriali una giusta interpretazione al concetto di convivenza di fatto attribuendo importanza dirimente alla coabitazione che oggi, precisano i Giudici Supremi, assume piuttosto un rilievo recessivo.
In buona sostanza, è stato ripensato dagli Ermellini il concetto di convivenza in relazione all´attuale contesto socio economico, non potendosi appiattire la sua essenza sulla coabitazione spesso, tra l´altro, impossibile solo per ragioni di lavoro, assistenziali o di altro genere, ma non per carenza di comunanza di intenti.
Ciò detto il Supremo Collegio ha cassato con rinvio la sentenza ritenendo degna di accoglimento
la richiesta avanzata dalla donna.
Si allega Ordinanza.
Alessandra Garozzo
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