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Studio medico sequestrato , SC: “Va restituito se cambia la normativa regionale sulle abilitazioni”

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 Con la pronuncia n. 40079, la III sezione penale della Corte di Cassazione, occupandosi del sequestro di uno studio medico all'interno del quale si esercitava la pratica dell'agopuntura in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative, ha disposto la revoca dell'ordinanza che prescriveva il sequestro preventivo per effetto dell'adozione, da parte della Giunta Regionale Umbra, di una delibera con cui era stata completamente modificata la procedura prevista in tema di autorizzazioni di esercizio di attività sanitarie. Si è quindi precisato che ben può rientrare nella potestà regionale la modifica del procedimento abilitativo, giacché, pur escludendosi il potere regionale di dettare il precetto penale, nondimeno deve affermarsi la sussistenza potestà integrativa del precetto normativo valorizzata dalla stessa norma (art. 8 ter del Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

Sul merito della questione si era pronunciato, inizialmente, il Gip del Tribunale di Perugia, il quale disponeva il sequestro preventivo dello studio medico ove venivano esercitate varie prestazioni sanitarie, tra cui la pratica medica dell'agopuntura in assenza delle prescritte autorizzazioni: più nel dettaglio, da indagini compiute dai Carabinieri dei NAS era emerso che il medico titolare dello studio aveva ottenuto unicamente l'autorizzazione alla realizzazione della struttura sanitaria (di cui all'art. 1 del Regolamento Regionale n. 2/2000) ma non anche l'autorizzazione all'esercizio delle attività sanitarie ivi compiute (autorizzazione previstadall'art. 4 dello stesso Regolamento Regionale e valida anche per la pratica dell'agopuntura).

A carico del predetto professionista veniva quindi contestata la fattispecie di reato di cui all'art. 193 del R.D. n. 1265 del 27.7.1934 (il quale dispone che nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori senza speciale autorizzazione del prefetto, il quale la concede solo se sono osservate le prescrizioni stabilite nelle leggi di pubblica sicurezza e dopo aver sentito il parere del consiglio provinciale di sanità) in relazione all'art. 8 ter del d.lgs. 502/1992 (ove si stabilisce che le regioni determinano, tra l'altro, le modalità e i termini per la richiesta e l'eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e socio- sanitaria).

 Il Tribunale di Perugia, Sezione Riesame, accoglieva l'istanza di riesame proposta dal medico, in favore del quale disponeva la restituzione dello studio, per effetto dell'adozione, da parte della Giunta Regionale Umbra, di una delibera del 2017, con cui era stata completamente modificata la procedura prevista in tema di autorizzazioni di esercizio di attività sanitarie, prevedendosi che, una volta ottenuta l'autorizzazione alla realizzazione della struttura in ambulatorio, fosse sufficiente una semplice comunicazione di inizio dell'attività medica, a seguito della quale il sanitario poteva subito iniziare a praticare l'attività medica, con diritto di accertamento successivo da parte della Regione.

In ragione di tanto, avendo il medico scrupolosamente seguito la procedura appena descritta, il Tribunale del Riesame riteneva non più ravvisabile il pericolo di protrazione della condotta illecita.

Contro il provvedimento del Tribunale del Riesame, proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Perugia, deducendo come l'ordinanza in questione avesse di fatto ritenuto che una disposizione regionale, fonte normativa di secondo grado, fosse capace di incidere su di una norma penale in violazione dell'art. 117, comma 2, lett. l) Cost.: di contro la pubblica accusa sosteneva come la normativa regionale di carattere regolamentare non avrebbe mai potuto, neanche attraverso la rimozione di un presupposto giuridico della disposizione penale sostanziale, neutralizzare l'efficacia della norma nazionale, altrimenti si sarebbe avuto il paradosso di una fattispecie penale potenzialmente lecita in una regione e illecita in un'altra.

 La Cassazione non condivide la tesi del Procuratore Generale in relazione alla presunta inosservanza della legge penale, la cui operatività nel caso in esame sarebbe vanificata dalla sopravvenuta adozione di una disposizione regionale di secondo grado, e coglie l'occasione per specificare che rientra nella potestà regionale la modifica del procedimento abilitativo.

Più nel dettaglio, "pur escludendosi il potere regionale di dettare il precetto penale, nondimeno deve affermarsi la sussistenza della potestà integrativa del precetto normativo valorizzata dalla stessa norma (art. 8 ter del Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502)", la quale chiarisce quali sono gli aspetti che le regioni devono determinare.

Premessa la legittimità della normativa regionale, la quale ben può integrare la norma penale incriminatrice in bianco, gli Ermellini specificano che, nel caso di specie, viene a mancare il presupposto legittimante il sequesto. i presupposti delle misure vengono a mancare.

Pertanto, il provvedimento impugnato ben aveva escluso il periculum (ravvisato dal giudice che dispose il sequestro nella circostanza che il medico continuasse ad esercitare l'attività di agopuntura senza autorizzazione), in ragione sia della sopravvenuta modifica – operata dalla delibera regionale del 2007 – delle modalità di rilascio della autorizzazione, sia della circostanza che l'interessato aveva seguito la nuova procedura.

In conclusione la Cassazione, dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica, conferma il provvedimento dissequestro adottato.

 

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