Importante ordinanza della Cassazione civile in materia di separazione personale tra coniugi.
La mera stanchezza nei confronti della vita matrimoniale, hanno stabilito i giudici, non libera il coniuge dei doveri assunti con l´instaurazione del vincolo matrimoniale, primi tra tutti la mutua assistenza e la stabile convivenza nella dimora eletta dai coniugi a propria residenza.
Pertanto, nel caso di una stabile disaffezione nei confronti della vita matrimoniale, non è consentito, e nel caso in cui ciò accade può essere causa di addebito nella separazione, abbandonare la casa coniugale e tantomeno iniziare ad intrattenere una relazione extra-coniugale con una terza persona.
Con l´ordinanza in commento, depositata il 19 giugno 2017, la n. 15079/2017, la Sesta sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, rigettando il ricorso proposto da una donna contro la sentenza della Corte d´Appello che aveva dichiarato la sussistenza dell´addebito della separazione a proprio carico, per avere abbandonato la casa coniugale ed intrattenuto, a causa di una certa stanchezza nei confronti del matrimonio, una relazione extra-coniugale, ha enunciato i principi in incipit precisati confermato il detto a debito e ritenendo la responsabile della rottura con il marito.
Secondo gli ermellini, infatti, la pronuncia dei giudici di merito era esente dalle censure lamentate dalla donna, in quanto nella vicenda proposta all´attenzione dei giudici non era stata data assolutamente, dalla donna, dimostrazione di quella intollerabilità della convivenza tra i coniugi che avrebbe potuto liberarla dalla addebito della separazione, né una tale situazione di intollerabilità avrebbe mai potuto riscontrarsi in quella disaffezione rispetto alla vita matrimoniale, che aveva causato l´instaurazione di una relazione con un amante da parte della donna, che aveva anche abbandonato la casa coniugale.
Secondo i giudici della Cassazione, la Corte d´Appello "ha deciso in senso conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale l´allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato senza il consenso dell´altro coniuge, a meno che sia avvenuto per giusta causa, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale che dà luogo necessariamente a cessazione della convivenza ed è conseguentemente causa di addebito della separazione".
Ed ancora, "l´inosservanza dell´obbligo di fedeltà coniugale richiede comunque la prova, da parte di chi richiede l´addebito, del nesso di causalità con l´intollerabilità della convivenza" Edil convincimento circa il coniuge cui debba essere eventualmente ha scritto tale responsabilità "è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione adeguata".
Sulla base di tale iter argomentativo, la Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della donna, condannandola anche alle spese di lite.
Alessandra Garozzo