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Silenzio assenso su condono, Cds: decorre da acquisizione del parere, senza cui non può formarsi

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sezione VI, con sentenza 24 maggio 2016 n. 2179, ribadendo che in caso di condono edilizio per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il termine di due anni (rectius, di 24 mesi) di cui all´art. 35, L. 28 febbraio 1985 n. 47 per la formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono, decorre dalla acquisizione del parere dell´autorità preposta alla tutela del vincolo (ex art. 35, c. 18), in mancanza del quale non si verifica il silenzio assenso.
L´appellante aveva attaccato la sentenza di primo grado sostenendo che, se poteva anche essere rispondente alla lettera ed alla ratio della norma che la mancanza di compatibilità paesaggistica andava a precludere il valido formarsi del provvedimento tacito di condono, tale discorso non poteva valere nell´ipotesi in cui, come nella specie, tale compatibilità sussistesse quantunque dichiarata con atto successivo al decorso dei 24 mesi, in quanto tale atto avrebbe natura meramente dichiarativa di una situazione già sussistente al momento della realizzazione dell´abuso.
Richiamando, a fondamento di tale interpretazione, il comma 4 dell´articolo 32 della L. n. 47 del 1985, laddove afferma che "il motivato dissenso...preclude il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria".
Il motivo di appello è stato però ritenuto infondato in quanto "è proprio l´espressa lettera della legge ad ancorare, in ipotesi di opere realizzate su aree sottoposte a vincolo, la decorrenza del termine per la formazione del silenzio assenso alla "emissione" del parere favorevole delle autorità preposte alla tutela dello stesso".
Inoltre, e a prescindere da ciò, siccome il silenzio costituisce strumento di favore per il privato di fronte all´inerzia della pubblica amministrazione, la sua operatività trova giustificazione laddove vi sia comportamento inerte del Comune, il quale, pur avendo a disposizione tutti gli elementi utili a concludere il procedimento, non vi abbia provveduto.
Essendo infatti il parere paesaggistico favorevole condizione indispensabile per il rilascio del titolo, risulta evidente che in difetto della adozione di tale atto la mancata definizione del procedimento di condono non possa configurare inerzia dell´amministrazione utile alla formazione del silenzio-assenso previsto dall´articolo 35.
Il Consiglio ha pertanto concluso che la formazione del silenzio assenso sulla concessione in sanatoria richieda comunque l´adozione del parere - il quale, tra l´altro acclara la compatibilità paesaggistica dell´opera non per effetto del mero riscontro di dati oggettivi ma all´esito di una valutazione di tipo tecnico-discrezionale - e non possa, pertanto, essere ancorata ad una compatibilità paesaggistica pronunciata solo successivamente al decorso dei 24 mesi dalla presentazione dell´istanza.
Da ciò il rigetto.
Segue testo Sentenza.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10176 del 2014, proposto da:

C.B.´, rappresentato e difeso dagli avv. Silvio Pinna, Giorgio Carta, con domicilio eletto presso Giorgio Carta in Roma, viale Parioli 55;

contro

Comune di Villasimius, rappresentato e difeso dall´avv. Roberto Candio, con domicilio eletto presso Nicola Giancaspro in Roma, viale Giulio Cesare, 2; Responsabile del Settore Edilizia Publica e Privata del Comune di Villasimius;

nei confronti di

M.M., rappresentato e difeso dagli avv. Ferdinando Paparatti, Antonello Angioni, con domicilio eletto presso Ferdinando Paparatti in Roma, Via Marcello Prestinari 15;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE II n. 00952/2014, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia in sanatoria

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Villasimius e di M.M.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 5 maggio 2016 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati Viglione per delega di Carta, Angioni per delega di Candio e per sé stesso;

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 952/2014 del 17-11-2014 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sezione II, rigettava il ricorso proposto dal signor C.B., inteso ad ottenere l´annullamento del provvedimento prot. N. 8503 del 24-6-2010 a firma del Responsabile del Settore Edilizia Pubblica e Privata del Comune di Villasimius, con cui era stata rigettata la richiesta di concessione edilizia in sanatoria presentata dal ricorrente ai sensi dell´art. 32 del D.L. n. 269 del 2003.

La decisione del giudice di primo grado esponeva in fatto quanto segue.

" Con istanza formulata ai sensi dell´art. 32, comma 25, del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, conv. In L. 24 novembre 2003, n. 326, il sig. C.B. ha chiesto la sanatoria dell´abusivo ampliamento di una unità immobiliare ubicata nel territorio del Comune di Villasimius, all´interno della lottizzazione "Accu Is Traias I". Il detto Comune con determinazione 24-6-2010 n. 8503 - preceduta dal preavviso di rigetto dato con nota 22-7-2009 n. (...) - ha respinto la domanda di condono edilizio, motivando la reiezione con riguardo all´avvenuta realizzazione delle opere in data successiva al 31-3-2003. Ritenendo provvedimento di diniego e preavviso di rigetto illegittimi il sig. B. li ha, quindi, impugnati chiedendone l´annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere. Si è costituita in giudizio l´amministrazione intimata, depositando memoria con cui si è opposta all´accoglimento del ricorso. E´ inoltre intervenuto in giudizio il sig. M.M. il quale ha concluso per il rigetto dell´impugnazione...".

Stato, chiedendone l´annullamento e/o la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.

Con articolata prospettazione, ha lamentato: 1) Violazione di legge per mancata e/o falsa applicazione dell´art. 35, co.18, della L. n. 47 del 1985 e s.m.i. - erroneità della motivazione; 2) Violazione di legge per falsa applicazione dell´art. 10 bis l. n. 241/1990 - violazione di legge per falsa applicazione dell´art. 21 octies della L. n. 241 del 1990; 3)Violazione di legge per falsa applicazione dell´art. 32, co. 25, del D.L. n. 269 del 1993 - violazione di legge per mancata e/o falsa applicazione dell´art. 32, co.35 lett. A) del D.L. n. 269 del 1993 e dell´ivi richiamato art. 4 della L. n. 15 del 1968 - erroneità e insufficienza della motivazione - erroneità e travisamento dei fatti .-carenza di istruttoria.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Villasimius e il signor M.M., deducendo l´infondatezza dell´appello e chiedendone il rigetto.

Le parti hanno prodotto memorie difensive e di replica.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all´udienza del 5-5-2016.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di appello il signor B. deduce: violazione di legge per mancata e/o falsa applicazione dell´art. 35, comma 18, della L. n. 47 del 1985 e ss. mm. - erroneità della motivazione.

Lamenta l´erroneità della sentenza nella parte in cui afferma che osta alla formazione del silenzio-assenso la mancata acquisizione del parere dell´Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, occorrendo tale atto per la decorrenza del termine di 24 mesi previsto dalla legge.

Rileva che il nulla osta paesaggistico era stato rilasciato, sia pure in data successiva all´emanazione del diniego di sanatoria, con nota prot. (...) dell´11-6-2012.

Deduce che, se può anche essere rispondente alla lettera ed alla ratio della norma che la mancanza di compatibilità paesaggistica va a precludere il valido formarsi del provvedimento tacito di condono, tale discorso non vale nell´ipotesi in cui, come nella specie, tale compatibilità sussista quantunque dichiarata con atto successivo al decorso dei 24 mesi, in quanto tale atto avrebbe natura meramente dichiarativa di una situazione già sussistente al momento della realizzazione dell´abuso.

Richiama, a fondamento di tale interpretazione il comma 4 dell´articolo 32 della L. n. 47 del 1985, laddove afferma che "il motivato dissenso...preclude il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria".

Il motivo di appello è infondato.

La gravata sentenza così motiva sul punto.

"Per giurisprudenza consolidata, in sede di rilascio di concessione in sanatoria per opere eseguite su aree soggette a vincolo paesaggistico, il termine di 24 mesi previsto dall´art. 35, l. 28 febbraio 1985 n. 47 per la formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono decorre ai sensi del comma 18 del medesimo articolo 35 dall´acquisizione del parere dell´autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr. TAR Sardegna, Sez. II, 3-10-2005 n. 2015). Nel caso di specie l´area interessata dalla costruzione abusiva realizzata dal ricorrente era soggetta a vincolo paesaggistico e sino all´adozione dell´impugnato provvedimento di diniego non era intervenuto alcun parere ad opera dell´autorità preposta al vincolo, con la conseguenza che nessun silenzio assenso si era formato".

La Sezione condivide la determinazione reiettiva del giudice di primo grado per le ragioni che di seguito si espongono.

L´articolo 35 della L. n. 47 del 1985 prevede che "fermo il disposto del primo comma dell´art. 40 e con l´esclusione dei casi di cui all´art. 33, decorso il termine perentorio di 24 mesi dalla presentazione della domanda, quest´ultima si intende accolta ove l´interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all´ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all´accatastamento.Trascorsi trentasei mesi si prescrive l´eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti".

Il comma successivo, peraltro, dispone che "Nelle ipotesi previste dall´articolo 32 il termine di cui al dodicesimo comma del presente articolo decorre dall´emissione del parere previsto dal primo comma dello stesso art. 32".

Orbene, ove si consideri che nella originaria formulazione dell´articolo 35 la disposizione disciplinatrice del silenzio assenso configurava proprio il dodicesimo comma della norma, deve ritenersi che è proprio l´espressa lettera della legge ad ancorare, in ipotesi di opere realizzate su aree sottoposte a vincolo, la decorrenza del termine per la formazione del silenzio assenso alla "emissione" del parere favorevole delle autorità preposte alla tutela dello stesso.

Nelle successive modifiche ed integrazioni del richiamato articolo 35 non si è provveduto ad adattare il riferimento al comma dodicesimo, ma l´analisi storica della disposizione rende comunque indubitabile che la prefata disposizione abbia comunque riferimento alla disciplina del silenzio assenso in materia di condono.

Ma, a prescindere dalla dirimente argomentazione normativa di cui sopra, la tesi dell´appellante non merita condivisione anche sotto ulteriore profilo.

Ove, infatti, si consideri che, a mente dell´articolo 32, "il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo", risulta evidente che esso è presupposto indispensabile a che il Comune possa determinarsi al rilascio della concessione in sanatoria.

Orbene, giacchè il silenzio costituisce strumento di favore per il privato di fronte all´inerzia della pubblica amministrazione, la sua operatività trova giustificazione laddove vi sia comportamento inerte del Comune, il quale, pur avendo a disposizione tutti gli elementi utili a concludere il procedimento, non vi abbia provveduto.

Peraltro, essendo il parere paesaggistico favorevole condizione indispensabile per il rilascio del titolo, risulta evidente che in difetto della adozione di tale atto la mancata definizione del procedimento di condono non possa configurare inerzia dell´amministrazione utile alla formazione del silenzio-assenso previsto dall´articolo 35.

Deve, pertanto, ritenersi che la formazione del silenzio assenso sulla concessione in sanatoria richieda comunque l´adozione del parere - il quale, tra l´altro acclara la compatibilità paesaggistica dell´opera non per effetto del mero riscontro di dati oggettivi ma all´esito di una valutazione di tipo tecnico-discrezionale - e non possa, pertanto, essere ancorata ad una compatibilità paesaggistica pronunciata solo successivamente al decorso dei 24 mesi dalla presentazione dell´istanza.

Né può valere in senso contrario l´argomentazione spesa dall´appellante attraverso il richiamo al comma 4 dell´articolo 32, laddove prevede che "il motivato dissenso...preclude il rilascio del titolo...".

La disposizione, invero, non è invocabile per la fattispecie in esame, riferendosi ad ipotesi nella quale si ricorra al modulo della conferenza di servizi; di poi, essa costituisce applicazione della regola generale stabilita dal primo comma secondo cui "il rilascio del titolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo".

Essa, pertanto, non incide sulla disciplina del silenzio assenso di cui all´articolo 35, occorrendo, per il decorso del relativo termine, l´espressione provvedimentale del parere, sia in relazione alla lettera della legge sia in relazione alle argomentazioni logico-giuridiche più sopra espresse.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte deve, pertanto, essere ritenuta l´infondatezza del primo motivo di appello.

Con il secondo motivo il signor B. lamenta: violazione di legge per falsa applicazione dell´art. 10 bis L. n. 241 del 1990 e violazione di legge per falsa applicazione dell´art. 21 octies, co. 2 della L. n. 241 del 1990.

Censura la sentenza di primo grado, assumendo che la mancata enunciazione, nel preavviso di diniego, della documentazione prodotta dal sig. M. aveva effettivamente menomato il suo diritto di difesa, in quanto "un conto è argomentare...l´insussistenza della contestazione circa la datazione dell´abuso senza conoscere la documentazione, anche fotografica, proveniente dal predetto M. su cui l´Ufficio ha fondato il proprio convincimento. Altro conto è, invece, controdedurre avendo piena contezza della posizione dell´ente e della documentazione, introdotta ex post dal Comune solo nel definitivo provvedimento di diniego".

Deduce ancora l´erroneità della sentenza, laddove ha affermato che egli si sarebbe limitato a dedurre l´incompletezza del preavviso di rigetto, senza allegare gli elementi, fattuali e valutativi che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento.

Lamenta pure l´improprio richiamo all´articolo 21 octies, affermando che, ove avesse avuto contezza della documentazione prodotta dal M. egli avrebbe potuto dimostrare, sulla base della stessa documentazione, la preesistenza dell´abuso alla data del 31-3-2003.

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

La sentenza del tribunale così motiva sul punto.

"Contrariamente a quanto si afferma in ricorso, nel preavviso di rigetto (nota del Responsabile del settore Edilizia Pubblica e Privata 22-7-2009 n. (...)) era ben individuata la ragione che ostava all´accoglimento della domanda di condono edilizio (ovvero l´intervenuta realizzazione delle opere abusive in epoca successiva al 31-3-2003). E tale ragione è poi esattamente quella su cui si fonda l´impugnato provvedimento di diniego. A nulla rileva che nel provvedimento impugnato si faccia riferimento anche a documentazione fotografica, non menzionata nel preavviso di rigetto, che confermerebbe la sussistenza della ragione di impedimento al rilascio della sanatoria, atteso che di fronte all´enunciato motivo di diniego era comunque onere del ricorrente fornire la prova positiva di aver ultimato l´opera prima del 31-3-2003 e ciò indipendentemente dalla documentazione in possesso del Comune. A prescindere da quanto sopra, il Collegio rileva che l´adempimento di cui all´art. 10 bis l. 7-8-1990 n. 241, non può ridursi a mero rituale formalistico, con la conseguenza , nella prospettiva del buon andamento dell´azione amministrativa, che il privato non può limitarsi a denunciare la mancata o incompleta comunicazione del preavviso di rigetto, ma è anche tenuto ad allegare gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento (TAR Sardegna, II, 12-12-2013 n. 874; Cons. Stato, IV, 20-2-2013 n. 1056; TAR Liguria, II, 31-10-2013, n. 1285).Nella fattispecie il ricorrente si è limitato a dedurre l´incompletezza della comunicazione del preavviso di rigetto e ciò, giusta quanto sopra rilevato, non è sufficiente a determinare un vizio di legittimità dell´avversato provvedimento. In ogni caso il denunciato vizio procedimentale, ove anche sussistente, non potrebbe portare, in virtù di quanto disposto dall´art. 21 octies, comma 2, della citata L. n. 241 del 1990, all´annullamento dell´atto. In presenza della riscontrata ragione di diniego, infatti, la determinazione non avrebbe potuto essere di contenuto diverso, posto che l´art. 32, comma 25, del D.L. 30 settembre 2003 , n. 269, ammette la sanatoria delle opere abusive eseguite, solo in relazione a quelle ultimata entro la data del 31-3-2003".

Ciò posto, la Sezione condivide la reiezione del motivo di ricorso di primo grado.

Il preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. n. 241 del 1990 ( nota prot. (...) del 2-7-2009) indica nei suddetti termini le ragioni ostative all´accoglimento dell´istanza: "Accertato che le opere da condonare risulterebbero realizzate successivamente al 31-3-2003 e pertanto non sono suscettibili di sanatoria ai sensi della legge n. 326 del 24-11-2003". Il motivo ostativo rappresentato, consistente nella realizzazione dell´opera in epoca successiva al termine utile fissato dalla legge, risulta lo stesso di quello indicato nel provvedimento finale.

Quest´ultimo si caratterizza, oltre che per il riferimento alla mancata produzione di documentazione probatoria ed all´esito del sopralluogo effettuato, per la precisazione che "dalla verifica della documentazione fotografica depositata agli atti dell´ufficio, risulta chiaramente l´esistenza di un pergolato ricoperto da incannucciato, che si estende da un confine all´altro del lotto, nella stessa posizione planoaltimetrica dove risulta realizzato l´abuso oggetto della sanatoria".

Tale specificazione non costituisce motivo ulteriore e diverso rispetto a quello rappresentato nel preavviso di diniego, ma unicamente ulteriore specificazione delle ragioni di sussistenza di tale motivo ostativo.

Tenendo conto di ciò, non può ritenersi sussistente il lamentato vizio procedimentale, considerandosi che non vi è stata violazione del principio del contraddittorio, in quanto il privato, avuta conoscenza del motivo ostativo indicato dal Comune, ben avrebbe potuto ( e dovuto), al fine di adeguatamente rappresentare all´ente locale le proprie ragioni prima dell´adozione del provvedimento finale, esercitare il diritto di accesso e verificare in concreto quali fossero gli elementi sui quali l´assunta realizzazione dei lavori successivamente al 31-3-2003 trovava fondamento.

Il preavviso di diniego, infatti, non è determinazione definitiva, ma è atto funzionale alla partecipazione procedimentale del privato prima dell´adozione del provvedimento finale.

Esso, dunque, è legittimamente reso quando rappresenti la ragione del diniego, risultando questa bastevole ad indirizzare tale attività partecipativa, la quale comprende l´approfondimento degli elementi, acquisiti al procedimento, sui quali tale ragione si fondi, in modo da poter rendere adeguate argomentazioni a confutazione di essa.

Non vi è, dunque, obbligo di una analitica e specifica indicazione degli elementi sui quali il motivo di diniego è fondato, trattandosi di verifica ben possibile al privato attraverso l´accesso agli atti, una volta comunicato il prefato motivo, che , tra l´altro, cristallizza la specifica ragione normativa che impedisce il conseguimento del beneficio.

Va, poi, rilevato che nelle osservazioni prodotte in data 7-8-2009 in riscontro al prefato preavviso di diniego, il legale dell´appellante precisa che "nessun elemento agli atti del procedimento induca a ritenere che le opere per le quali è stata chiesta la concessione in sanatoria sarebbero state edificate in data posteriore al 31-3-2003", " aggiungendo che "Non posso non precisare , inoltre, che quanto contenuto nella missiva inviatavi dal signor M.M. in data 12-5-2009 è privo di ogni sostegno probatorio...".

Orbene, dal tenore della prefata missiva emerge che il signor B. aveva conoscenza degli atti del procedimento e comunque conosceva i rilievi del M., contenuti nella citata nota del 19-5-2009, la quale espresssamente affermava " oggettivamente, almeno alla data del 7-8-2003 (dopo ben oltre quattro mesi dalla dichiarata ultimazione dei lavori e, soprattutto, dalla scadenza ultima prevista dalla legge per la definizione degli illeciti edilizi in sanatoria) il B. non aveva dato nemmeno inizio agli stessi, come evidenzia la prova consistente nelle unite tre fotografie scattate nella suddetta data (già inviate anche alla A.G. in indirizzo), dalle quali si evince inequivocabilmente che nel realizzato abusivo ampliamento esiste ancora il loggiato in canne, la comune recinzione metallica ed i motori esterni dei condizionatori".

Il riferimento alle doglianze del M., alla riferita ragione della inesistenza dell´opera al 7-8-2003 ed alla documentazione fotografica allegata, induce a ritenere che il B. avesse conoscenza degli specifici motivi che giustificavano il rilievo della mancata ultimazione delle opere alla data del 31-3-2003; con la conseguenza che, neppure sotto tale profilo, appare sussistere violazione del diritto di difesa e di partecipazione procedimentale.

Non vi è stata, pertanto, alcuna "sostanziale modifica dell´oggetto del procedimento", come non condivisibilmente affermato nel ricorso di primo grado.

Le considerazioni sopra svolte denotano l´infondatezza del secondo motivo del ricorso proposto in primo grado, concernente profili di tipo procedimentale.

Le doglianze, invece, proposte con riferimento alla avvenuta prospettazione di elementi e circostanze che avrebbero potuto portare all´accoglimento dell´istanza di sanatoria ed alla erroneità dell´affermazione, contenuta in sentenza, impingono, nella loro valutazione., su aspetti di tipo sostanziale, afferenti alla questione dell´epoca di realizzazione delle opere abusive.

Il Tribunale ha in proposito evidentemente rigettato il motivo di ricorso nella considerazione, successivamente espressa nella confutazione del terzo motivo, che non fossero stati forniti dal privato elementi utili a dimostrare il rispetto del termine del 31-3-2016. Per tale ragione ha ritenuto, in un´ottica sostanzialistica, comunque non violato l´articolo 10 bis ed, inoltre, non rilevante una eventuale mancata osservanza della norma, nella considerazione che la sua applicazione, così come pretesa dal ricorrente, non avrebbe potuto condurre a diversa determinazione provvedimentale.

Trattasi, come sopra detto, della questione sostanziale oggetto della presente controversia, la quale va trattata con l´esame del terzo motivo di appello, osservandosi pure che le censure di in proposito dedotte dal signor B. (ripropositive del terzo motivo del ricorso di primo grado) hanno trasferito nella sede giurisdizionale la questione sostanziale sottesa alla dedotta violazione procedimentale .

Con tale motivo il signor B. lamenta: Violazione di legge per falsa applicazione dell´art. 32 comma 25 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269; violazione di legge per mancata e/o falsa applicazione dell´art. 32, co. 35 lett. A) del D.L. 30 settembre 2003 n. 269 e dell´ivi richiamato art. 4 della L. n. 15 del 1968; insufficiente motivazione, erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti.

Censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che il B. non avesse fornito rigorosa prova della ultimazione delle opere nei termini stabiliti dalla legge, evidenziando l´irrilevanza della depositata aereofotogrammetria del 7-8-2003 in quanto successiva al 31-3-2003 e, pertanto, inidonea a dimostrare l´ultimazione dei lavori a tale ultima data.

Evidenzia che il rilievo fotografico prodotto è esattamente lo stesso (ha la medesima data) prodotto dal controinteressato ed utilizzato dal Comune per comprovare l´inesistenza dell´abuso al 31-3-2003. Quindi, ragionando a contrario, nessuna rilevanza poteva avere la documentazione prodotta dal M. per porre in contestazione le risultanze dell´autocertificazione resa dal B..

Nella irrilevanza, pertanto, dei rilievi aereofotografici prodotti dal controinteressato, il Comune doveva certamente tenere conto dell´attitudine certificativa della dichiarazione sostitutiva. Né il Comune aveva altri motivi per mettere in dubbio la veridicità dell´autocertificazione.

Sottolinea che l´aereofotografia da esso presentata non evidenzia la presenza di un pergolato, bensì dell´ampliamento in contestazione, la cui sagoma è visibile con tonalità cromatica pressocchè identica a quella della copertura in tegola del fabbricato principale e diversa dalle coperture a incannucciato delle costruzioni vicine. Quindi tale documento è a supporto della veridicità della datazione da lui indicata, ben potendosi presumere che la copertura esistesse anche il 31-3-2003.

Il motivo di appello non è meritevole di favorevole considerazione.

La gravata sentenza così motiva sul punto.

" Come è noto per pacifica giurisprudenza, anche di questa Sezione, incombe su colui che richiede il condono edilizio l´onere di fornire la rigorosa prova che le opere da sanare sono state ultimate entro la data prescritta dalla legge....Nella fattispecie, però, il ricorrente non ha fornito, nemmeno in giudizio, la suddetta prova e ciò implica il rigetto del mezzo di gravame. Al riguardo è appena il caso di osservare che nessuna rilevanza può avere l´aereofotogrammetria datata 7-8-2003 depositata in giudizio dall´istante, essendo la medesima di epoca successiva al 31-3-2003 e, quindi, inidonea a dimostrare l´ultimazione dei lavori a quest´ultima data. Alla luce delle considerazioni svolte diviene superflua l´acquisizione di tutta la documentazione inerente alla pratica aperta sulla domanda di sanatoria per cui è causa, richiesta dal ricorrente con le memorie difensive depositate in giudizio il 16-4-2014 e 2-4-2014".

Ciò posto, il Collegio condivide la determinazione reiettiva del giudice di primo grado per le ragioni che di seguito si espongono.

L´articolo 32, comma 25 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269 prevede che le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge n. 47/85 "si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003", onde la realizzazione delle stesse entro la suddetta data costituisce presupposto necessario e indispensabile per il rilascio del titolo edilizio in sanatoria.

La prova della sussistenza del suddetto requisito e, dunque, dell´ultimazione delle opere entro il 31 marzo 2003 grava sul privato.

La giurisprudenza, invero, afferma concordemente, con orientamento condiviso dalla Sezione, la sussistenza di tale onere probatorio in capo al soggetto richiedente il condono edilizio ( cfr., ex multis, Cons. Stato, VI, 27-7-2015, n. 3666; VI, 5-1-2015, n. 6; VI, 10-6-2014, n. 2960; VI, 22-9-2014, n.4766); ciò in quanto soltanto l´interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell´epoca di realizzazione dell´abuso.

E´ stato, altresì, chiarito che, in difetto di tali prove, resta integro il potere dell´amministrazione di negare la sanatoria dell´abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria ( cfr. Cons. Stato, IV, 29-5-2014, n. 2782; IV, 27-12-2011, n. 752; IV, 27-11-2010, n. 8298); affermandosi pure che, laddove in base agli atti allegati dal richiedente emergano rilevanti dubbi in ordine all´effettivo momento di realizzazione dell´abuso, nonché, più in generale, dubbi in ordine all´attendibilità del quadro temporale rappresentato dallo stesso, del tutto legittimamente l´amministrazione può respingere l´istanza di condono, senza che sulla stessa gravi l´onere - per così dire: "di segno inverso" - di fornire a propria volta un´autonoma prospettazione in ordine al momento in cui verosimilmente gli interventi rappresentati sono stati realizzati ( cfr. Cons. Stato, VI, 27-7-2015, n. 3666).

La giurisprudenza si è occupata anche degli strumenti probatori utilizzabili dal privato al fine di fornire la prova della data di ultimazione dei lavori.

Al riguardo, si è ritenuto che le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà non siano utilizzabili nel processo amministrativo e che non rivestano alcun effettivo valore probatorio, potendo costituire solo indizi che, in mancanza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti, non risultano ex se idonei a scalfire l´attività istruttoria dell´amministrazione, ovvero le deduzioni con cui la stessa amministrazione rileva l´inattendibilità di quanto rappresentato dal richiedente ( Cons. Stato, IV, 29-5-2014, n. 2782; IV, 27-5-2010, n. 3378).

Queste, dunque, non sono sufficienti alla prova del termine di ultimazione dei lavori, dovendo essere supportate da ulteriori riscontri documentali, eventualmente indiziari, purchè altamente probanti, restando, in difetto di tali prove, integro il potere di negare la sanatoria dell´abuso (cfr. Cons. Stato, VI, 15-10-2013, n. 5007).

Quanto ai suddetti ulteriori riscontri documentali, sono stati ritenuti utili peculiari atti, quali fatture, ricevute relative all´esecuzione dei lavori e all´acquisto di materiali, bolle di consegna (cfr. Cons. Stato, V, 14-3-2007, n. 1249; T.A.R. Latina, I, 19-5-2015, n. 401).

Rileva la Sezione, alla luce delle sopra esposte regole giurisprudenziali, che legittimamente l´Amministrazione abbia negato il richiesto condono edilizio e che, di conseguenza, il motivo di appello proposto vada rigettato.

Occorre in proposito richiamare i contenuti del provvedimento di diniego oggetto del giudizio.

La lettura del provvedimento del 24 giugno 2010 evidenzia, quale motivo ostativo, la realizzazione delle opere successivamente alla data del 31-3-2003.

Peraltro, dalla complessiva considerazione dei suoi contenuti, emerge che la determinazione reiettiva non è in via esclusiva fondata sulla documentazione fotografica prodotta dal M..

Invero, in esso si legge: Vista la comunicazione di quest´ufficio prot. N. (...) in data 22-7-2009, di preavviso di diniego ai sensi dell´art. 10 bis della L. n. 241 del 1990.....; Viste le osservazioni presentate in data 13-8-2009 prot. (...), nelle quali non viene fornita alcuna giustificazione rispetto a quanto dichiarato in sede di richiesta di sanatoria edilizia, con presentazione di documentazione probatoria (fatture, ricevute o quant´altro). Appurato che nel sopralluogo eseguito dall´ufficio tecnico e dal comando di polizia municipale, si è riscontrato solamente che alla data del 26-2-2004 i lavori risultavano realizzati al rustico non certamente l´epoca di realizzazione dell´abuso; Vista la documentazione presentata dal sig. M.M. in data 19-5-2009, dalla quale risulta che alla data del 7-8-2003, i lavori non potevano essere realizzati, poiché dalla documentazione fotografica allegata, risulta chiaramente l´esistenza di un pergolato ricoperto da incannucciato, che si estende da un confine all´altro del lotto, nella stessa posizione planoaltimetrica dove risulta realizzato l´abuso per il quale è richiesta la sanatoria edilizia...".

La scansione provvedimentale dà, dunque, conto in primo luogo della mancata presentazione di elementi probatori - a seguito del preavviso di diniego - atti a suffragare documentalmente la veridicità della dichiarazione sostitutiva resa in ordine alla data di ultimazione dei lavori (fatture, ricevute o quant´altro) e della non rilevanza, a fini utili per l´appellante, degli esiti del sopralluogo del 26-2-2004.

Una volta acclarata la mancanza di idonea prova fornita dal privato, attribuisce rilievo alla documentazione fotografica prodotta dal M. a comprova di un´epoca di ultimazione dei lavori successiva alla data prevista dalla legge.

Da quanto sopra emerge, dunque, che è stata certamente affermata la realizzazione dei lavori in epoca successiva al 31-3-2003 sulla base della documentazione fotografica prodotta dal M., ma è stata, altresì, rilevata la mancanza di prova, da parte del privato, della avvenuta ultimazione dei lavori entro il 31-3-2003, non avendo egli fornito alcun riscontro o supporto documentale idoneo a suffragare la autodichiarazione resa in sede di presentazione dell´istanza di condono.

Dunque, dal provvedimento impugnato si evince anche una ragione di mancato accoglimento derivante dal mancato assolvimento dell´onere probatorio, avuto riguardo ai dubbi sorti in capo all´amministrazione in ordine alla veridicità della data di ultimazione dichiarata dal signor B..

Orbene, come si è sopra visto, l´onere della prova in ordine al rispetto del termine di legge grava sul privato e la dichiarazione sostitutiva di quest´ultimo non costituisce elemento probatorio dirimente in ordine alla data di ultimazione dei lavori, dovendo essere supportata da ulteriori elementi, anche indiziari, purchè altamente probanti.

Si è, poi, più sopra ricordato l´orientamento giurisprudenziale in base al quale, in ipotesi di dubbi in ordine all´epoca di realizzazione dell´abuso, l´amministrazione può legittimamente respingere l´istanza di condono senza che su di essa gravi l´onere, di segno inverso, di fornire un´autonoma prospettazione in ordine al momento in cui verosimilmente gli interventi edilizi sono stati realizzati.

Sotto tale profilo, dunque, non può condividersi l´argomentazione spesa nel terzo motivo di appello, in base alla quale il giudice di primo grado ha errato nel negare ogni valenza all´aereofotogrammetria prodotta dal B., in quanto successiva al 31-3-2003, avendo essa la stessa data (7-8-2003) di quella presentata dal M. e sulla quale il Comune aveva fondato il diniego di sanatoria. Comprovando essa l´inesistenza di un pergolato ad incannucciato, ma evidenziando - a suo dire- l´esistenza di una copertura in muratura, poneva nel nulla la documentazione del M. e, dunque, consentiva di ritenere sufficiente l´autocertificazione prodotta ai fini del condono.

Va in proposito osservato che l´aereofotogrammetria prodotta dal B. - ammesso che valga a dimostrare l´esistenza di un manufatto in muratura - non elide di per sé legittime ragioni di diniego, fondate sul mancato adempimento dell´onere probatorio gravante sul privato, irrilevante essendo ( e, dunque, insufficiente) la sola dichiarazione sostitutiva.

Ciò posto, ritiene la Sezione - conformemente alle conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado - che il B. non abbia fornito prova certa della realizzazione dell´abuso alla data del 31-3-2003 e che, dunque, non abbia assolto al proprio onere probatorio, con conseguente legittima reiezione dell´istanza di sanatoria.

Deve, dunque, in proposito essere esaminata la citata aereofotogrammetria del 7-8-2003 prodotta dal B. sotto il profilo di elemento utile a dimostrare l´ultimazione del manufatto alla data del 31-3-2003 e, dunque, quale elemento probatorio atto a suffragare la dichiarazione sostitutiva in proposito resa.

Orbene, rileva la Sezione che la stessa, ove anche dimostrasse la presenza di una costruzione in muratura, costituirebbe dimostrazione della sua esistenza alla predetta data, ma non anche al 31-3-2003, dunque a cinque mesi prima, termine utile di legge.

Potrebbe obiettarsi che il lasso temporale è ben esiguo (cinque mesi), onde essa costituisce comunque grave indizio della esistenza al 31-3-2003. Tale considerazione, peraltro, non può trovare utile ingresso nella fattispecie in esame, laddove non si discute di edificio di rilevanti dimensioni ma di un piccolo ampliamento di mt. 5 per 2,50 (v. ordinanza di sospensione in atti, che richiama la relazione di sopralluogo del 26-2-2004), realizzabile al rustico in tempi estremamente brevi.

Deve, di poi, essere considerato che la valenza indiziaria della suddetta aereofotogrammetria è ulteriormente ridotta dagli esiti del suddetto sopralluogo.

Nell´ordinanza di sospensione del 3-3-2004 si dice che "sono in corso di realizzazione lavori edili in assenza di concessione edilizia" e questi vengono così descritti: "Ampliamento dell´unità immobiliare esistente, mediante la realizzazione di un vano in muratura e copertura con solaio in latero cemento, delle dimensioni di mt. 5,00 per 2,50 (altezza mt. 2,80) circa. Allo stato attuale le opere risultano realizzate al rustico e non è possibile stabilire la destinazione d´uso...".

Da quanto sopra emerge che il 26-2-2004 erano in corso lavori e che questi consistevano nella realizzazione di un vano, realizzato al rustico, del quale non era possibile individuare la destinazione d´uso.

Giacchè la domanda di condono ha riguardato un immobile a destinazione abitativa, consistente in una camera da letto, un bagno e un lavatoio, risulta evidente che nel febbraio del 2004 le opere erano state realizzate al rustico, ma , non essendone stato possibile stabilire la destinazione, risulta che mancavano le tramezzature e gli impianti, onde può dirsi che, ferma restando la realizzazione del rustico, esse erano comunque a tale data ad uno stato non avanzato.

Trattandosi di opera abusiva e di modesta rilevanza - che solitamente, in relazione a tali caratteristiche, viene realizzata in tempi rapidi - lo stato non avanzato (sostanzialmente il rustico che avrebbe dovuto già esistere al 31-3-2003) presente al 26-2-2004 riduce considerevolmente la consistenza indiziaria della sua presenza anche alla data del 31-3-2003.

Va, dunque, smentita l´affermazione, contenuta nell´atto di appello, secondo cui non vi erano comunque motivi per mettere in dubbio la veridicità dell´autocertificazione.

Va, poi, evidenziato che il signor B., al di là della suddetta aereofotogrammetria e della dichiarazione sostitutiva, non ha presentato alcun ulteriore documento atto a suffragare, in modo univoco e concordante, la data di ultimazione dei lavori al 31-3-2003, come da dichiarazione sostitutiva presentata.

Conclusivamente, pertanto, deve ritenersi che l´istanza di condono sia stata legittimamente rigettata, non essendo stata fornita dal privato, conformemente all´onere sullo stesso gravante ed ai principi giurisprudenziali sopra esposti, prova dell´avvenuta ultimazione dei lavori ( sia pure al rustico, così come richiesto dalla legge) alla data del 31-3-2003.

L´appello deve essere, di conseguenza respinto, con conferma della sentenza di primo grado.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna l´appellante soccombente al pagamento, in favore del Comune di Villasimius e di M.M., delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in Euro 2000 (duemila) per ciascuno dei predetti, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2016 con l´intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere

Francesco Mele, Consigliere, Estensore


 

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