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Chiarezza sulla riforma del processo penale è stata chiesta da Gian Domenico Caiazza, Presidente delle camere penali italiane, con un intervento-lettera aperta al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede pubblicato sulla propria bacheca Facebook che integralmente riproduciamo:
"Come è noto a chi si occupa di queste vicende, i penalisti italiani hanno partecipato nei mesi scorsi al "Tavolo" convocato dal Ministro Bonafede, intenzionato ad intervenire con decisione sui tempi –irragionevolmente lunghi- di celebrazione dei processi penali in Italia. L'accelerazione della iniziativa ministeriale fu determinata, in verità, dalla Lega di Salvini, che aveva mal digerito la legge c.d. "Spazzacorrotti", nella parte in cui elimina la prescrizione dei reati dopo la sentenza di primo grado.
Una norma –disse l'UCPI - Unione Camere Penali Italiane raccogliendo la unanime e clamorosa adesione dell'intera comunità dei giuristi italiani- di devastante inciviltà giuridica, che afferma l'idea barbarica secondo cui un cittadino può essere lasciato in balia della giustizia penale –perfino se assolto in primo grado!- senza limiti di tempo. La Lega definì pubblicamente quella riforma "una bomba atomica" lanciata sulla giustizia penale italiana.
Il risultato fu l'approvazione della sciagurata norma sulla prescrizione, seppure con differimento della sua entrata in vigore al 1° gennaio 2020, con l'intesa di procedere immediatamente alla messa in cantiere di una riforma che garantisse tempi radicalmente ridotti di celebrazione dei processi penali; altrimenti –disse pubblicamente la Ministra Bongiorno- quella norma dovrà essere revocata (ipotesi alla quale, sia chiaro, non crediamo né poco né punto).
Il Ministro Bonafede convocò dunque quel Tavolo, al quale l'A.N.M. progettava di presentarsi con le proposte di riforma del processo penale già rese pubbliche in un documento diffuso nel novembre del 2018, contenente tutto l'armamentario di controriforme con le quali la pancia della Magistratura ambisce da tempo a chiudere i conti con il mai digerito codice accusatorio del 1989 voluto da Giuliano Vassalli e da Gian Domenico Pisapia, e dieci anni dopo consacrato dalla riforma costituzionale dell'art. 111.
I penalisti contrattaccarono, denunciando la totale ininfluenza di quell'inaccettabile disegno contro-riformatore rispetto all'obiettivo del tavolo, che era –e doveva restare- quello della durata del processo. Cosa c'entrano con quel giusto obiettivo l'abolizione del divieto di "reformatio in peius", la drastica manomissione del diritto di impugnazione, la vanificazione del diritto dell'imputato ad essere giudicato dal medesimo giudice che ha raccolto la prova dibattimentale, l'attacco al principio secondo il quale valgono, ai fini del giudizio, solo le prove raccolte nel contraddittorio delle parti?Dicemmo ad ANM: sapete benissimo che sono tre le aree di intervento per ridurre seriamente la durata dei processi. Forte potenziamento dei riti alternativi, cioè della soluzione negoziale del processo penale; drastico rafforzamento della funzione di filtro della udienza preliminare; una buona e seria depenalizzazione. Solo così otterremo che i dibattimenti, come in tutti i sistemi accusatori, siano contenuti entro il 25-30% del totale dei processi, non l'ingestibile 90% attuale.
Bisogna dare atto all'allora Presidente Mìnisci ed alla sua Giunta che A.N.M. riconobbe quelle tre priorità, pur non rinunziando alle altre proposte da noi duramente criticate. Il risultato di quel franco ed inedito confronto tra UCPI ed ANM fu che il Tavolo, preso atto di una indicazione unitaria così forte, si focalizzò su quelle tre aree, cosicchè anche le prime ipotesi elaborate dal legislativo del Ministero (i famosi 32 punti) lasciarono il passo ad un lavoro circoscritto a quel più agevole terreno comune.
Le proposte sulle quali si è raggiunto un sostanziale accordo tra le parti ed il Ministro Guardasigilli sono razionali, efficaci e sostanzialmente rispettose delle garanzie irrinunciabili dell'imputato nel processo penale, così dimostrandosi come la strada del dialogo e del confronto sia l'unica seriamente percorribile in politica.
Naturalmente, conclusi i lavori del Tavolo, non abbiamo saputo più nulla, e solo leggendo il testo –da ultimo annunciato dal Ministro Bonafede entro i prossimi dieci giorni- potremo verificare se gli approdi faticosamente raggiunti a quel tavolo saranno stati rispettati e trasfusi fedelmente nel testo di legge delega, o invece ignorati. Ci auguriamo, nell'interesse del Paese, che avvenga questo piccolo miracolo politico: un intervento di riforma razionale ed efficace sulla riduzione dei tempi del processo penale, condiviso nella sostanza da Governo, Magistratura ed Avvocatura.
Se non dovesse essere così, ci attenderebbe una stagione di durissimo scontro politico, al quale siamo naturalmente prontissimi. Ma il Ministro Bonafede avrebbe perso una occasione davvero importante, se non eccezionale: siamo convinti che ne sia consapevole".
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