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Avvocato, SC: “Anche se propone un appello tardivo, non sempre scatta la responsabilità professionale”

Avvocato, SC: “Anche se propone un appello tardivo, non sempre scatta la responsabilità professionale”

Con la pronuncia n. 17414 dello scorso 28 giugno in tema di responsabilità professionale dell'avvocato, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso che il legale fosse tenuto a risarcire i suoi clienti per un appello tardivamente proposto, in quanto "la responsabilità dell'esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l'avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, due clienti conferivano mandato ad un legale per proporre ricorso nei confronti dell'INPS per il riconoscimento in loro favore dell'assegno di invalidità.

Espletata rituale CTU, il Pretore di Palmi rigettava il ricorso per carenza dell'invocata invalidità e dei requisiti contributivi necessari per ottenere l'assegno. Il legale proponeva appello avverso detta sentenza, ma il Tribunale dichiarava inammissibile il gravame perché proposto fuori termine.

Alla luce di tanto, i due clienti convenivano in giudizio l'avvocato, chiedendo che fosse accertato l'inadempimento dello stesso per aver tardivamente proposto l'appello, così determinando il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto della domanda originariamente proposta. 

Il Tribunale di Palmi rigettava la domanda di risarcimento danni per responsabilità professionale proposta dai due assistiti; la sentenza veniva confermata anche dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria.

In particolare la Corte territoriale rilevava come, per verificare il colpevole inadempimento dell'avvocato al mandato ricevuto ed il conseguente diritto del cliente al risarcimento del danno subito, era necessario effettuare un calcolo probabilistico sull'esito favorevole della decisione ove ben coltivata dal difensore, dovendo in caso contrario disattendere la richiesta risarcitoria.

In relazione al caso di specie, pur nel comprovato e non contestato ritardo con cui l'avvocato aveva proposto appello, non era emersa agli atti la prova che, ove l'avesse proposto nei termini, l'esito sarebbe stato probabilmente favorevole ai due clienti, per la mancanza dei presupposti contributivi necessari per ottenere il richiesto assegno di invalidità.

Gli assistiti ricorrevano in Cassazione denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 1176 c.c., dolendosi per aver la Corte di merito ritenuto che l'avvocato avesse adempiuto al mandato difensivo con la diligenza richiesta, senza considerare che il difensore, rigettate le domande, non aveva proposto tempestiva impugnazione in appello al fine anche di contestare le risultanze della CTU espletata in primo grado.

La Cassazione non condivide i rilievi avanzati dai ricorrenti. 

Gli Ermellini ricordano come, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale, l'affermazione di responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del risultato che la sua attività avrebbe avuto se fosse stata correttamente e diligentemente svolta.

Ne deriva che, in mancanza di elementi probatori atti a giustificare una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell'attività del prestatore d'opera, deve escludersi qualsiasi pronuncia di responsabilità a carico del legale: la responsabilità dell'esercente la professione forense, infatti, non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l'avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte territoriale, nell'esercizio del suo potere valutativo, correttamente ha escluso una prognosi positiva sull'eventuale accoglimento in appello della domanda, atteso che gli interessati, nel giudizio introdotto per gli assegni di invalidità, non avevano prodotto idonea documentazione volta ad accertare il loro stato di invalidità, né avevano prodotto gli estratti contributivi necessari per verificare il possesso degli anni di contributi. Pertanto, anche se l'appello fosse stato tempestivo, in assenza della necessaria documentazione, la domanda non sarebbe stato in ogni caso accolta.

Il ricorso viene, quindi, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite. 

 

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