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Sezioni Unite: ad appellante soccombente in grado merito inibito eccepire carenza giurisdizione

La soluzione della inammissibilità dell´appello proposto dall´attore soccombente nel merito il quale sostenga che la sentenza è stata emanata da un giudice privo di giurisdizione, non si pone in contrasto con la garanzia del giudice naturale precostituito per legge o in contraddizione con l´attinenza del riparto di giurisdizione all´ordine pubblico processuale.
Il principio è stato dichiarato dalle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione che, con Sentenza 20 ottobre 2016 n. 21260, hanno affermato che all´attore rimasto soccombente in primo grado in esito ad un giudizio amministrativo è impedito di sollevare, quale appellante, l´eccezione di difetto di giurisdizione.
La questione
Il pronunciamento delle SS.UU. è stato emesso al termine di una controversia culminata nella sentenza di primo grado, contro la quale era stato proposto appello dai ricorrenti rimasti soccombenti che, in via pregiudiziale, avevano lamentato il difetto di giurisdizione dell´adito giudice amministrativo, sul rilievo che il rapporto non sarebbe stato qualificabile come di accreditamento, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 e ss., (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 1), bensì come rapporto convenzionale, ai sensi della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48, (Istituzione del servizio sanitario nazionale).
Il Consiglio di Stato, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 7 febbraio 2014, aveva respinto l´appello, escludendo che potesse trovare ingresso la censura con cui gli appellanti si erano doluti del mancato rilievo, da parte del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, della carenza di giurisdizione, richiamando, al riguardo, l´orientamento secondo cui integra abuso del processo la contestazione della giurisdizione da parte del soggetto che abbia optato per quella giurisdizione e che, pur se soccombente nel merito, sia risultato vittorioso, in forza di una pronuncia esplicita o di una statuizione implicita, proprio sulla questione di giurisdizione.
Secondo il Consiglio di Stato, sollevare tale sorta di auto-eccezione in sede di appello integrava trasgressione del divieto di venire contra factum proprium - paralizzabile con l´exceptio doli generalis seu presentir - arrecando un irragionevole sacrificio alla controparte, costretta a difendersi nell´ambito del giudizio da incardinare innanzi al nuovo giudice.
Per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato, gli originari ricorrenti proponevano ricorso.
La decisione delle Sezioni Unite
Le SS.UU. hanno respinto, con il principio in incipit, il ricorso.
Di fronte ad una sentenza di rigetto della domanda non è ravvisabile - hanno affermato - una soccombenza dell´attore anche sulla questione di giurisdizione: rispetto al "capo" relativo alla giurisdizione egli va considerato a tutti gli effetti vincitore, avendo il giudice riconosciuto la sussistenza del proprio dovere di decidere il merito della causa, così come implicitamente o esplicitamente sostenuto dallo stesso attore, che a quel giudice si è rivolto, con l´atto introduttivo della controversia, per chiedere una risposta al suo bisogno individuale di tutela.
L´attore non è pertanto legittimato a contestare il capo sulla giurisdizione e a sostenere che la potestas iudicandi spetta ad un giudice diverso, appartenente ad un altro plesso giurisdizionale: relativamente ad una tale pronuncia a contenuto processuale di segno positivo, non è configurabile, per l´attore, soccombenza, che del potere di impugnativa rappresenta l´antecedente necessario; la soccombenza nel merito non può essere trasferita sul (e utilizzata per censurare il) diverso capo costituito dalla definizione endoprocessuale della questione di giurisdizione, trattandosi di aspetto non destinato, per sua natura, a differenza di ciò che avviene con riguardo ad altre questioni pregiudiziali di rito, a condizionare l´efficacia e l´utilità stessa della decisione adottata.
Rispetto al capo sulla giurisdizione che accompagna la statuizione di rigetto nel merito della domanda è configurabile esclusivamente la soccombenza del convenuto, sempre che a sua volta non abbia chiesto al giudice di dichiararsi munito di giurisdizione. Il vincitore pratico della causa, se non ha interesse a impugnare per primo sul capo della giurisdizione, perchè il passaggio in giudicato della statuizione di rigetto gli assicura una utilità maggiore di quella che potrebbe ottenere dalla declinatoria di giurisdizione, ha tuttavia interesse ad impugnare dopo e per effetto della impugnazione principale sul merito da parte del soccombente pratico e così in via incidentale per il caso di suo accoglimento (Cass., Sez. U., 6 marzo 2009, n. 5456).
La soluzione della inammissibilità dell´appello proposto dall´attore soccombente nel merito il quale sostenga che la sentenza è stata emanata da un giudice privo di giurisdizione, non si pone neppure in contrasto - hanno proseguito le SS.UU. - con la garanzia del giudice naturale precostituito per legge o in contraddizione con l´attinenza del riparto di giurisdizione all´ordine pubblico processuale.
Infatti, il valore costituzionale del giudice precostituito per legge è presidiato dall´obbligo del giudice di procedere d´ufficio in primo grado alla verifica della potestas iudicandi e va bilanciato con quello dell´ordine e della speditezza del processo. Pertanto, la quaestio iurisdictionis ben può non solo trovare anticipata soluzione endoprocessuale, ma anche conoscere una preclusione alla possibilità della relativa deduzione in appello ad opera di chi, avendo adito il giudice appartenente a quel dato plesso giurisdizionale, non è soccombente al riguardo.
Sentenza allegata


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