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Avvocati: possono ricorrere a una pubblicità indiscriminata?

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La professione dell'avvocato e il principio dell'ammissibilità della pubblicità informativa

L'attività dell'avvocato è un'attività libero-professionale e per tale motivo non è sottratta al principio dell'ammissibilità della pubblicità informativa «circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni». D'altro canto la stessa legge n. 248/2006 (c.d. Decreto Bersani) ha dato il via all'evoluzione normativa liberalizzatrice, consentendo anche agli avvocati di poter fare pubblicità informativa. Ciononostante, non parliamo di pubblicità informativa indiscriminata dal momento che essa deve essere svolta con modalità tali da non far perdere di vista il fatto che l'avvocato «non è solo un libero professionista ma anche il necessario "partecipe" dell'esercizio diffuso della funzione giurisdizionale. Intatti nessun processo (salvo i processi civili di limitatissimo valore economico) può essere celebrato senza l'intervento di un avvocato» (Cass. civ. Sez. Unite, n. 9861/2017). Ne consegue che questo professionista, pur potendo dare informazioni sulla propria attività professionale "con qualunque mezzo", deve rispettare i limiti della trasparenza, verità, correttezza e decoro richiesti dalla disciplina deontologica [1] (CNF, n. 242/2017). «Queste limitazioni sono connesse alla dignità della professione, la cui verifica è dall'ordinamento affidata al potere-dovere del giudice disciplinare» (CNF, n. 349/2016).

La pubblicità informativa nella prassi e nella giurisprudenza

È stato ritenuto che: 

  • è deontologicamente vietata una pubblicità indiscriminata, qual è quella comparativa ed elogiativa. Altresì vietato è il messaggio pubblicitario che ha ad oggetto «la proposta commerciale che offre servizi professionali a costi molto bassi ovvero determinati forfettariamente senza alcuna proporzione all'attività svolta, a prescindere dalla corrispondenza o meno alle indicazioni tariffarie» (CNF, n. 349/2016, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=35528);
  • non è contrario al decoro e alla correttezza il messaggio pubblicitario che, nel rispetto dei limiti dalla disciplina deontologica, enfatizzi il corrispettivo. In questi casi, se detto corrispettivo è congruo e proporzionato «costituisce un elemento contrattuale di interesse primario per il cliente e, quindi, un elemento fondamentale per un'informazione pubblicitaria professionale corretta e completa» (CNF, n. 243/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=37325);
  • è deontologicamente scorretto il messaggio pubblicitario autocelebrativo e comparativo. L'informazione sull'attività professionale, infatti, deve essere solo di tipo conoscitivo. Quindi l'avvocato può pubblicizzare i settori di esercizio dell'attività professionale, o solo le attività prevalenti o il proprio curriculum, (CNF, n. 49/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=35948);
  • «l'avvocato può indicare i settori di esercizio dell'attività professionale e, nell'ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente, ma l'affermazione di una propria "specializzazione" presuppone l'ottenimento del relativo diploma conseguito presso un istituto universitario» (CNF, n. 49/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=35950);
  • è rilevante deontologicamente «il comportamento dell'avvocato che, nell'informazione sulla propria attività professionale, dichiari di avvalersi dell'ausilio di prestigiosi colleghi, all'insaputa degli stessi (Nel caso di specie, gli asseriti collaboratori erano "altamente specializzati nei vari rami del diritto e domiciliati nell'intero arco del territorio italiano")» (CNF, n. 349/2016; inhttps://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=35531);
  • poiché il rapporto cliente e avvocato non è solo un rapporto privato di carattere libero-professionale per la valenza pubblicistica dell'attività forense, esso non può soccombere alla logica di mercato. Con l'ovvia conseguenza che non è consentito agli avvocati di pubblicare i nominativi dei propri clienti al fine di pubblicizzare specializzazioni professionali e particolari caratteristiche del servizio legale offerto. Una pubblicità informativa di tal genere «potrebbe finire di fatto per riguardare non solo i nominativi dei clienti del medesimo ma anche l'attività processuale svolta in loro difesa, quindi, indirettamente, uno o più processi, che potrebbero essere ancora in corso e, tra l'altro, in alcuni casi persino subire indirette interferenze da tale forma di pubblicità (si pensi, per esempio, a processi per partecipazione ad associazioni di tipo mafioso, in cui il cliente potrebbe autorizzare la diffusione del proprio nominativo non tanto per fare pubblicità al proprio legale quanto per lanciare messaggi ad eventuali complici circa la linea difensiva da seguire o il difensore da scegliere)». Tali considerazioni, tuttavia, non impediscono la pubblicazione delle sentenze e ciò in considerazione del fatto che queste non sono segrete, ma pubbliche e tutti possono venirne a conoscenza entro precisi limiti e nel rispetto di particolari modalità (Cass. civ. Sez. Unite, n. 9861/2017).


Note:

[1] Art. 35 Codice deontologico forense:

«1. L'avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell'obbligazione professionale. 2. L'avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti né equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l'attività professionale. 3. L'avvocato, nel fornire informazioni, deve in ogni caso indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l'Ordine di appartenenza. 4. L'avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia o sia stato docente universitario di materie giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia di insegnamento. 5. L'iscritto nel registro dei praticanti può usare esclusivamente e per esteso il titolo di "praticante avvocato", con l'eventuale indicazione di "abilitato al patrocinio" qualora abbia conseguito tale abilitazione. 6. Non è consentita l'indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio dell'avvocato. 7. L'avvocato non può utilizzare nell'informazione il nome di professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime degli eredi. 8. Nelle informazioni al pubblico l'avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano. 9. Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione. 10. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura». 

 

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