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Sentenze CNF: il ricorso per cassazione va proposto entro 30 giorni dalla notifica della sentenza

CNF

Con la sentenza n. 24109 dello scorso 30 ottobre, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione – chiamate a pronunciarsi sulla tardiva proposizione di un ricorso per Cassazione avverso una sentenza del CNF – ha ribadito la natura speciale e derogatoria di molte norme contenute nella nuova legge professionale forense.

Si è difatti precisato che "ai sensi dell'articolo 36, comma 6, della legge n. 247/2012, il ricorso per cassazione avverso le decisioni del CNF dev'essere proposto entro 30 giorni dalla notifica della sentenza; tale termine – sebbene sia più breve rispetto a quello ordinario – si giustifica alla luce della norma speciale, sorretta da compatibilità costituzionale".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio con un esposto con il quale un cliente denunciava il proprio avvocato asserendo che le somme da questi incassate come difensore fossero state portate in compensazione del credito professionale, pur mancando il relativo consenso.

Il Consiglio distrettuale di disciplina di Milano disponeva l'archiviazione del procedimento disciplinare aperto nei confronti del legale, dichiarando l'esposto presentato dal cliente manifestamente infondato. 

 Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Monza impugnava la delibera di archiviazione contestandone il vizio di motivazione e la mancanza di istruttoria.

Il Consiglio Nazionale Forense, accogliendo il ricorso del COA, annullava il provvedimento di archiviazione, riconoscendo che era mancata l'istruttoria da parte del CDD e che non era motivata l'esclusione della responsabilità disciplinare.

Tale sentenza veniva notificata in data 23 luglio 2019 al legale, il quale – proponendo ricorso in Cassazione - provvedeva a notificare il ricorso al resistente il 18 ottobre 2019, dunque oltre i 30 giorni dalla notifica dell'impugnata sentenza.

Le Sezioni Unite della Cassazione, senza entrare nel merito delle censure proposte dal legale contro la sentenza del CNF, dichiarano inammissibile il ricorso per tardività.

Gli Ermellini chiariscono che, ai sensi dell'articolo 36, comma 6, della legge n. 247/2012, il ricorso per cassazione avverso le decisioni del CNF dev'essere proposto entro 30 giorni dalla notifica della sentenza; tale termine – sebbene sia più breve rispetto a quello ordinario – si giustifica alla luce della norma speciale, sorretta da compatibilità costituzionale.

 In tema di notifica della sentenza del CNF, la giurisprudenza ha anche avuto modo di precisare che

le disposizioni contenute nell'art. 36 dell'ordinamento forense – nella parte in cui prevedono che il termine di 30 giorni per ricorrere verso la sentenza del CNF decorre dalla notifica della stessa a richiesta d'ufficio eseguita nei confronti dell'interessato personalmente e non già del suo procuratore – contengono un'eccezione al combinato disposto di cui agli artt. 285 e 170 c.p.c.: per l'ordinamento forense, infatti, non ricorre la ratio della regola generale della necessità della notifica al difensore, in quanto il soggetto sottoposto a procedimento disciplinare è un professionista il quale è in condizione di valutare autonomamente gli effetti della notifica della decisione.

La nuova legge professionale, difatti, delinea un riordino normativo tale per cui nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati trovano applicazione, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale e, in mancanza, dal codice di procedura civile, mentre le norme del codice di procedura penale si applicano soltanto nelle ipotesi in cui la legge professionale vi faccia espresso rinvio, ovvero allorché sorga la necessità di applicare istituti che hanno il loro regolamento esclusivamente nel codice di procedura penale.
In conclusione, la Cassazione la Corte dichiara inammissibile il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

 

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