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Scuole paritarie, il Consiglio di Stato: illegittimi i criteri per assegnazione contributi statali

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza n. 292/2016.
I giudici di Palazzo Spada hanno infatti accolto l´appello proposto nell´aprile 2013 da Aninsei (Associazione Nazionale Istituti Non Statali di Educazione e di Istruzione) dichiarando illegittimo il Dm 30 gennaio 2013 n. 46, recante criteri e parametri per l´assegnazione dei contributi pubblici alle scuole paritarie.
Riguardo la determinazione dei criteri ai fini della assegnazione dei contributi statali alle scuole paritarie, la sentenza in commento rivoluziona completamente il sistema fino a questo momento utilizzato dal M.I.U.R..
Dichiarando infatti illegittime la modalità fino ad ora utilizzate dal Ministero ai fini dell´identificazione delle scuole paritarie operanti senza fini di lucro, destinatarie dei contributi in via prioritaria ai sensi del comma 636 dell´articolo 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, si apre una situazione di incertezza e di vuoto, che dovrà essere presto colmata.
Ricordiamo che finora il Ministero, con decreto, aveva ricompreso tra le «scuole non a fini di lucro» quelle «gestite da soggetti senza fini di lucro» e precisamente le «associazioni riconosciute di cui agli articoli 14 e ss. del codice civile; le associazioni non riconosciute di cui agli artt. 36 e ss. del codice civile, se l´atto costitutivo e/o lo statuto risultino da atto pubblico o da scrittura privata registrata; le fondazioni di cui agli artt. 14 e ss. del codice civile; gli enti ecclesiastici di confessioni religiose rette da patti, accordi o intese con lo Stato; le società interamente e stabilmente possedute da enti ecclesiastici di confessioni religiose, rette dai medesimi patti, accordi o intese; le altre istituzioni private di cui all´art. 1 DPR n. 361/2000; le imprese sociali di cui al D. Lgt. n. 155/2006; gli enti pubblici; le cooperative a mutualità prevalente di cui agli artt. 2511 e ss. del codice civile; le cooperative sociali di cui alla legge n. 381/1991»).
La sentenza in commento del Consiglio di Stato stabilisce invece che per "scuole paritarie senza fini di lucro" non devono affatto intendersi le scuole gestite da soggetti senza fini di lucro, come ritenuto dal Ministero, ma quelle che «svolgono il servizio scolastico senza corrispettivo, vale a dire a titolo gratuito, o dietro versamento di un corrispettivo solo simbolico per il servizio scolastico prestato, o comunque di un corrispettivo tale da coprire soltanto una frazione del costo effettivo del servizio, dovendo, in questo contesto, il pagamento di rette di importo non minimo essere considerato fatto rivelatore dell´esercizio di un´attività con modalità commerciali».
Gli effetti della sentenza sono di grande rilievo.
Infatti, dato che finora i quattro quinti delle risorse finanziarie a disposizione sono state suddivise tra le «scuole non a fini di lucro», secondo, beninteso, l´interpretazione ministeriale ritenuta illegittima da Palazzo Spada, la sentenza comporta una autentica rivoluzione nella individuazione della platea dei beneficiari.
A ciò sarà chiamato a provvedere il M.I.U.R. che dovrà emanare un nuovo decreto sulla base delle statuizioni del giudice.
Si riportano i passi principali della sentenza, disponibile in allegato:
"In riforma – parziale - della sentenza impugnata, deve essere ritenuto illegittimo –e va pertanto caducato- l’art. 4 del d. m. n. 46 del 2013 nella parte in cui identifica le scuole paritarie che svolgono il servizio scolastico “senza fini di lucro”, quali destinatarie di contributi pubblici in via prioritaria rispetto alle altre scuole paritarie, ai sensi dell’art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 ("legge finanziaria 2007"), con le scuole paritarie “gestite da soggetti giuridici senza fini di lucro”, seguendo così il criterio “soggettivo –formale” della natura
giuridica dell’ente gestore, anziché fare applicazione del criterio “oggettivo” – coerente con la giurisprudenza euro unitaria in materia di aiuti di Stato, e con la giurisprudenza nazionale, di cui si dirà al p. 4.1. -, in base al quale il fine di lucro della scuola paritaria va posto in correlazione diretta con le caratteristiche, economico –commerciali, o meno, dell’attività esercitata, e non, come detto, con la natura dell’ente; sicché, diversamente da quanto stabilito nel citato art. 4 del decreto impugnato in primo grado, per scuole paritarie senza scopi di lucro, ai fini
dell’erogazione di contributi pubblici in via prioritaria, non devono intendersi quelle gestite da soggetti giuridici senza fini di lucro, e neppure possono essere presi in considerazione gli istituti ammessi a produrre utilità apprezzabili sul piano economico, ossia contrassegnati dalla presenza di “lucro in senso oggettivo” ma assoggettati al divieto di distribuzione degli eventuali utili in favore di amministratori o soci (c. d. “assenza di lucro soggettivo”), ma debbono considerarsi tali le scuole paritarie che svolgono il servizio scolastico senza corrispettivo, vale a dire a titolo gratuito, o dietro versamento di un corrispettivo solo simbolico per il servizio scolastico prestato, o comunque di un corrispettivo tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, dovendo, in questo contesto, il pagamento di rette di importo non minimo essere considerato Dapprima la sentenza impugnata ha correttamente condiviso la premessa, dalla
quale aveva preso le mosse Aninsei, circa l’inutilizzabilità, e quindi l’illegittimo utilizzo, di un “criterio soggettivo” diretto a individuare le “scuole paritarie senza fini di lucro”, con un conseguente restringimento del novero delle scuole paritarie non aventi scopo di lucro rispetto a quanto indicato all´art. 4 del decreto".
"Diversamente da ciò che si è ritenuto in sentenza, come si è anticipato sopra (...) la definizione di “scuola paritaria senza fini di lucro”, ai fini della distribuzione di contributi pubblici in via prioritaria, deve essere formulata sulla base di parametri oggettivi attinenti alle modalità di svolgimento dell’attività.
Come osserva Aninsei in modo persuasivo e condivisibile, il contesto giuridico al quale occorre fare riferimento per riempire di contenuti il concetto di scuole paritarie che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro, per individuare il significato da dare all´assenza di fini di lucro delle scuole medesime, avendo di mira il risultato della concessione di contributi pubblici in via prioritaria, è anzitutto quello della giurisprudenza euro unitaria in materia di aiuti di Stato, posto che ciò che l’art. 1, comma 636, della l. n. 296 del 2006 demanda al d. m. è la fissazione di criteri e di parametri per l´assegnazione di contributi, ossia di aiuti pubblici, alle scuole paritarie e, in via prioritaria, a quelle che svolgono il servizio scolastico senza fini di
lucro".
"Con specifico riferimento alla gestione di scuole, la Commissione ha inoltre chiarito che non è di per sé sufficiente ad escludere la natura economica dell´attività il fatto che gli eventuali avanzi di gestione non siano distribuiti tra i soci e siano reinvestiti nell´attività didattica (che è appunto la caratteristica degli enti no profit), mentre la sola condizione in presenza della quale è lecito escludere il carattere commerciale della attività è quella della gratuità o quasi gratuità del servizio offerto. In assenza di quest´ultima condizione, da valutare in termini rigorosamente
oggettivi (gratuità o quasi gratuità del servizio), il vantaggio selettivo concesso ad alcune imprese operanti nel settore costituisce aiuto di Stato, incorrendo perciò nel divieto e nel regime di illiceità sancito dall´art. 107, paragrafo 1 (v. punti da 99. a 103 della decisione : … secondo una giurisprudenza costante, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un´attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. La classificazione di un determinato soggetto come impresa dipende pertanto interamente dalla natura delle sue attività".
In allegato, il testo completo della Sentenza

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