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Scatti a tutte le donne a portata di...camera, SC: "Molestie, legittimo anche sequestro del cellulare"

Una sentenza della Cassazione che segna sicuramente un giro di vite nei confronti di quelle persone, decisamente tante, soprattutto di sesso maschile, che sono probabilmente persuase che la funzione camera o videocamera del proprio cellulare gli autorizzi indiscriminatamente a fotografare e riprendere qualunque persona giudicata interessante, magari per il proprio aspetto estetico, capiti a loro portata di click.
Un comportamento che penalizza molto spesso la persona ignara, che in alcuni casi finisce dritta nelle bacheche Facebook del paparazzo, che tuttavia non solo si rende, o può così rendersi, responsabile del reato di molestie o di stalking, ma che può subire il sequestro, anche ai fini probatori dell´arma del delitto, ossia del proprio cellulare.
I giudici della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9446 del 1 marzo 2018 hanno stabilito che è legittimo il sequestro probatorio del telefonino con cui l´indagato, integrando il reato di molestie o disturbo, scattava foto all´insaputa della vittima.

Nel caso concreto era accaduto che all´indagato del reato di molestie ex art. 660 c.p. che scattava delle foto all´insaputa della vittima, era stato sottoposto a sequestro il telefonino.
Avverso il provvedimento del sequestro probatorio, proponeva impugnazione avanti al Tribunale del Riesame che confermava il provvedimento cautelare. Da qui il ricorso in Cassazione con cui si denunciava la violazione di legge in relazione all´art. 660 c.p., e artt. 355 e 324 c.p.p., e vizio della motivazione, sostenendo che, nel caso in esame, non ricorrevano, neppure astrattamente, i presupposti per la configurazione del reato ipotizzato, in quanto la condotta dell´indagato non aveva invaso la libera determinazione della persona offesa, non essendosi la donna accorta di nulla.
I giudici di legittimità della Prima Sezione hanno ritenuto infondato il ricorso infatti il provvedimento impugnato non è affatto immotivato e le ragioni che lo sostengono hanno una loro coerenza logico giuridica. I giudici della Corte hanno inoltre evidenziato che per la configurazione del reato di molestia non è necessario che la vittima del reato abbia la piena consapevolezza della condotta posta in essere dall´autore. L´art. 660 c.p., è teso a perseguire quei comportamenti astrattamente idonei a suscitare nella persona direttamente offesa, ma anche nella gente, reazioni violente o moti di disgusto o di ribellione, che influiscono negativamente sul bene giuridico tutelato che è l´ordine pubblico.
Secondo i giudici di legittimità "Essendo oggetto di tutela la tranquillità pubblica per l´incidenza che il suo turbamento ha sull´ordine pubblico, l´interesse privato individuale riceve una protezione soltanto riflessa, sicchè la tutela penale viene accordata anche senza e pur contro la volontà delle persone molestate. Si è, pertanto, affermato che, ai fini della sussistenza del reato previsto dall´art. 660 c.p., la molestia o il disturbo devono essere valutati con riferimento alla psicologia normale media, in relazione cioè al modo di sentire e di vivere comune, cosicchè nell´ipotesi in cui il fatto sia oggettivamente molesto o disturbatore, è del tutto irrilevante che la persona offesa non abbia risentito alcun fastidio (Sez. 5 n. 7355 del 23/05/1984, De Gasperi, Rv. 165668; Sez. 1 n. 18145 del 2/04/2014, Cristodero, n.m.)."
Per tali motivi il ricorso è stato rigettato.
Si allega sentenza
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