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SC: irritualità notifica pec non è causa d'inammissibilità dell'atto, condotta gravemente colposa giustifica sanzioni esemplari

cassazione1

Una ordinanza sicuramente degna di rilievo, per chiarire definitivamente che le notifiche tramite PEC avvenute in modo irrituale, ma che, in ogni caso, non abbiano garantito alcun pregiudizio alle possibilità di conoscenza e di difesa del notificato, non possono essere sanzionate con una pronuncia di inammissibilità, in mancanza di una specifica norma al riguardo, e in special modo quando la parte destinataria della notifica si sia effettivamente costituita in giudizio. È, per grandi linee, il principio affermato dalla Suprema Corte di cassazione, sezione sesta civile, con ordinanza 4505 depositata il 14 febbraio 2019 e qui allegata nel suo testo integrale.

Nella vicenda processuale che è stata esaminata dai giudici di legittimità, una delle parti del giudizio avanti la Suprema Corte aveva lamentato la nullità di una notificazione (che impedirebbe la decorrenza del termine breve per impugnare), "in quanto la p.e.c. conterrebbe solo l'espressione "notificazione ex 1. n. 53/1994" e non già quella, ritenuta obbligatoria", di "notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994", nonché per esser la relazione di notificazione stata trasmessa "in
formato docx.p7m" e non in formato "pdf.p7m" oppure in ".pdf' (come previsto dal combinato disposto degli artt. 19 bis del provvedimento DGSIA 16 aprile 2014 e 18 del d.m. n. 44 del 2011),
tale che il file di detta relazione "non poteva essere aperto" e,
comunque, se aperto, avrebbe potuto comportare un rischio per gli standard di sicurezza"

In particolare, i giudici della sezione hanno evidenziato come "l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica - nella specie, in "estensione.doc", anziché "formato.pdf' - ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass., SU, n. 7665/2016)" Ciò che,  hanno continuato, è avvenuto nel caso di specie, là dove, inoltre, risulta del tutto equipollente la dizione "notificazione ex 1. n. 53/1994" rispetto a quella, prevista dall'art. 3, comma 4, della citata legge n. 53, di "notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994".

Una siffatta notifica, quindi, benché non  rituale, non può essere sanzionata addirittura con una pronuncia di inammissibilità, tanto più, ha rilevato altresì il collegio che, "in definitiva, la parte ricorrente non adduce uno specifico pregiudizio al diritto di difesa, né l'eventuale difformità tra il testo
recapitato telematicamente, sia pure con estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria, in contrasto con il principio per cui la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l'interesse all'astratta regolarità
del processo, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (tra le tante, Cass. n. 26831/2014)".

​Chiarito il punto, e rigettata per tanto la prospettazione della parte ricorrente, il Collegio ha ritenuto di sanzionare la condotta giudicandola "gravemente colposa", e lo ha fatto valorizzando le recenti disposizioni e la prima giurisprudenza formatasi in subiecta materia: "...il ricorso per cassazione proposto malgrado la conoscenza o l'ignoranza gravemente colposa della sua insostenibilità (quale emerge dai rilievi che precedono) è fonte di responsabilità dell'impugnante ex art. 385, comma quarto, c.p.c., applicabile nel testo vigente ratione temporis, introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e successivamente abrogato dall'art. 46, comma 20, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Cass. n. 4930/2015, Cass. n. 20732/2016)".

 

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