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Un canto d'amore, per la Volterra, viene tessuto da un poeta straordinario. Roberto Veracini qui è nato, qui continua a vivere e a comporre versi seguendo la propria indole e la propria visione. Potremmo dire e lo affermiamo senza ombra di dubbio e senza essere smentiti che ci troviamo in presenza di un autentico cantore. Iosif Brodskij citato in esergo: "Così, mentre ti aggiri per questi/labirinti, non sai ma se insegui/uno scopo o fuggi da te stesso." /. Non possiamo che condividere questi versi, anche se li riteniamo alquanto riduttivi per i versi dell'intera raccolta. E possiamo aggiungere che il poeta non si è smarrito nei vicoli o nel dedalo di viuzze o labirinti (così si mostra la città etrusca), anzi, acquisisce la consapevolezza di essere esule o di essere in esilio. Il poeta scrive sempre dal'esilio. Da questa condizione di lontananza, di momentaneo distacco percepisci la mancanza di ciò che di più caro si è privati. Le mura, le pietre, i tramonti, le persone care sono invocate per alleviare lo smarrimento interiore in cui a volte ci si viene a trovare. La vista del mare lontano risveglia la voce assopita per poi prendere il volo e librarsi in alto come le rondini tra le torri.
Poesia leggera, sospesa, in attesa della rivelazione. E' una raccolta caratterizzata da uno sguardo attento al mutare degli eventi e se ne fa carico con struggente amore.
Di seguito riportiamo il breve colloquio con l'autore.
Fin dal tuo primo libro LA RAGAZZA IN BIANCO, l'attesa è il filo con cui sono legati le pagine, ne vuoi parlare?
L'attesa è quello che ci fa vivere. L'attesa è desiderio, speranza, illusione, con tutto quello che comporta. L'attesa è vivere proiettati verso, in una dimensione ideale. Foscolianamente poi si sache la delusione è probabile, ma non importa, la strada è tracciata (…"e se questo mio cuore non vorrà più sentire lo strapperò dal petto con le mie mani e lo caccerò come un servo infedele"). L'attesa è la condizione di chi sente.
Cosa ti ha spinto a scrivere versi?
Non si sa com'è che succede, ma succede. Fin da ragazzo ho avuto bisogno di esprimere i miei sentimenti anche scrivendo. Una cosa naturale, ma necessaria. All'inizio ho seguito il mio istinto, poi ho cercato di scavare in profondità ("Il poeta è un minatore", Caproni!), seguendo le emozioni e le forme per esprimerle.
Ci sono dei poeti che nel tuo percorso poetico hai guardato come riferimento?
Fondamentali i già citati Ugo Foscolo e Giorgio Caproni. Poi Eugenio Montale, Mario Luzi, Giuseppe Yusuf Conte e – inizialmente – Sergio Corazzini e Rocco Scotellaro. Ma la mia grande passione è anche la poesia francese, a partire da Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud, fino a Jacques Prévert, Edmond Jabès, René Char (e aggiungerei la poesia-canzone di Léo Ferré, Jacques Brel, Georges Brassens).
Volterra è la tua città. Nei tuoi libri vi sono luoghi volterrani, quasi una costante in ogni tuo libro. Ti chiedo l'influenza che ha la tua città nella tua scrittura?
Pasolini è un poeta che citi volentieri, cosa ha rappresentato per te la sua Opera?
Pasolini mi ha sconvolto la vita da ragazzo, soprattutto il Pasolini eretico degli "Scritti corsari". La sua spietata visione della vita, unita alla passione poetica, mi spiazzavano e mi nutrivano. E' stato un intellettuale autentico, coraggioso, controcorrente, che ha pagato di persona per le sue idee e il suo modo di essere. Per me è ancora adesso la figura intellettuale di riferimento, insieme a Tabucchi (altro eretico della letteratura italiana contemporanea).
Luzi e Caproni sono due poeti che non vengono guardati con amore dai poeti degli anni ottanta, cosa hanno rappresentato per la tua formazione?
Mario Luzi e Giorgio Caproni sono la mia formazione poetica. Ho letto quasi tutta la loro opera. Caproni l'ho anche conosciutoe gli ho fatto leggere le mie prime poesie, quelle che poi confluiranno in "La ragazza in bianco"; Caproni mi ha poi permesso di utilizzare una sua lettera, in cui parlava dei miei versi, per l'introduzione di quel libro. Ero un ragazzo, e lui ha dimostrato grande disponibilità e generosità. Per me l'aspetto umano è fondamentale nei rapporti: Caproni era una grande persona e un grande poeta, capace, specialmente negli ultimi anni, di scrivere capolavori come "Il franco cacciatore" o "Il conte di Kevenhuller" (una poesia altissima, ma fuori dagli schemi, fuori dal canone critico novecentesco, imperniato forse un po' troppo rigidamente su Montale). Per quanto riguarda Luzi, un poeta toscano non può prescindere da lui. "Nel magma" e "Su fondamenti invisibili", con il loro sguardo interrogativo, dubbioso, sulle cose e sulla vita, hanno sicuramente influenzato la mia poesia.
Da un altro mondo nasce da un viaggio che hai compiuto ad Auschwitz, a distanza di anni cosa è rimasto in te?
"Da un altro mondo" parte da Auschwitz, da questa ferita condivisa, per cercare di capire il presente, che resta – comunque – incomprensibile nella sua follia autodistruttiva. Di quel viaggio, fatto con il "treno della Memoria",organizzato per le scuole dalla Regione Toscana, mi è rimasto il silenzio assoluto dei ragazzi– tantissimi – che non scorderò mai: credo che quell'esperienza sia stata una delle più importanti fatte negli ultimi anni e un vaccino potentissimo per gli studenti contro ogni tipo di regime repressivo e violento. Ma quell'orrore talvolta ritorna in modi assurdi e questo genera il vero sconforto: la consapevolezza che non si è capito fino in fondo cos'è successo, oppure – peggio – che l'odio da cui tutto è natopotrebbe ripetersi e generare nuovi mostri.
Un canto d'amore si libra nei tuoi libri, anche se a volte celato, cosa rappresenta per te l'amore?
Ho sempre parlato d'amore nei miei libri. Nell'ultimo gli ho dedicato un'intera sezione ("Dell'amore e degli amanti"). L'amore, in tutti i suoi aspetti – comprese le delusioni, i rimpianti, le nostalgie – è la vita, scandisce il nostro tempo e gli dà spessore. Mi piace coglierne gli aspetti più sfumati, le atmosfere interiori, scavando nei labirinti segreti dei nostri sentimenti.
L'ultimo libro che hai pubblicato VIA DE' LABERINTI è canto d'amore per Volterra. Pochi poeti hanno scritto sulla propria città in ogni libro. Per te Volterra cosa rappresenta?
Volterra rappresenta le radici e il luogo del ritorno. Ciò implica una partenza, una fuga continua, necessaria, perché il rischio è che le sue mura ti chiudano la strada e la mente, limitino il tuo orizzonte. L'orizzonte deve essere sempre aperto, infinito. Volterra non è la fortezza in cui rinchiudersi, ma il luogo da cui guardare il mondo. Volterra è per me il luogo dell'anima, con tutte le sue contraddizioni e tutti i suoi incanti.
Oltre ai poeti citati, ci sono dei poeti che dovremmo leggere?
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