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Responsabilità medica: la Cassazione chiarisce come vanno interpretate le polizze assicurative

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Con la sentenza n. 10825 dello scorso 5 giugno, la III sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di responsabilità medica, ha accolto il ricorso di un una struttura ospedaliera avverso un'impresa assicuratrice, al fine di vedersi garantita anche dai danni determinati dalla condotta del personale medico non dipendente.

Si è difatti specificato che "nel contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un ospedale (assicurazione per conto proprio), la clausola la quale preveda che la copertura assicurativa "operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici" ivi operanti va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell'ospedale, la medesima polizza copre altresì a secondo rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell'assicurazione per conto altrui'".

I chiarimenti operati dalla Cassazione prendono spunto dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da un paziente, avverso la clinica e il sanitario, non dipendente della struttura sanitaria, che l'aveva sottoposto presso la clinica ad un intervento di ernia discale dal quale era derivata una complicanza non tempestivamente diagnosticata; costituendosi in giudizio, la clinica chiedeva di essere manlevata da qualsiasi danno e chiamava in garanzia la propria impresa assicuratrice.

La Corte d'Appello di Bologna, riformando quanto statuito dal Tribunale di Ravenna, condannava in solido il medico e la struttura al risarcimento del danno nella misura stabilita.

In particolare la Corte, riesaminando la domanda di manleva spiegata dalla struttura sanitaria nei confronti della propria impresa assicuratrice, la respingeva, escludendo l'operatività della polizza assicurativa in relazione ai danni determinati dalla condotta del personale medico non dipendente, ritenendoli non ricompresi nella garanzia per la responsabilità civile verso terzi riguardante la struttura sanitaria.

Secondo la Corte territoriale, infatti, la polizza assicurativa era stata stipulata dalla ricorrente esclusivamente "per conto proprio", cioè a copertura della responsabilità della struttura sanitaria, senza ricomprendere il danno cagionato dal personale non dipendente: i giudici di merito arrivavano a tale conclusione interpretando le clausole di cui all'art. 1 e 3 lett. H avvalorate, nell'esclusione, dalle previsioni dell'art. 18 delle condizioni aggiuntive, ove si affermava che, per i medici e gli altri operatori non direttamente dipendenti, la copertura operasse a secondo rischio e, comunque, per importi superiori ad € 1.500.000,00. 

Ricorrendo in Cassazione, la struttura sanitaria eccepiva la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale regolati dagli artt. 1362 e segg. c.c., con particolare riferimento a quello letterale e della comune intenzione delle parti: secondo il ricorrente, l'esame dell'art. 1 della polizza (descrittivo dell'oggetto complessivo della garanzia pattuita), dell'art. 3 lett. H e del successivo art. 18 (disciplinanti le ipotesi di esclusione previste) imponeva una interpretazione complessiva, che non tradisse il rapporto logico fra la regola generale e la plausibile eccezione che la comune volontà della parti avesse inteso introdurre.

La Cassazione condivide la censura rilevata.

La Corte ricorda che, nella materia assicurativa, il contratto va redatto in modo chiaro e comprensibile; il giudice non può attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., ed, in particolare, a quello dell'interpretazione contro il predisponente, di cui all'art. 1370 c.c..

La giurisprudenza, pronunciandosi proprio sui contratti assicurativi, ha specificato che, nel contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un ospedale (assicurazione per conto proprio), la clausola la quale preveda che la copertura assicurativa "operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici" ivi operanti va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell'ospedale, la medesima polizza copre altresì a secondo rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell'assicurazione per conto altrui. 

Si è inoltre chiarito che affinché un contratto di assicurazione possa "operare in eccesso" rispetto ad un'altra polizza, è necessario che:

-i due contratti coprano il medesimo rischio;

- se un medico operante all'interno di una struttura sanitaria ha stipulato una "assicurazione personale", questa non può che coprire la responsabilità civile del medico stesso;

-l'assicurazione della responsabilità civile del medico operante all'interno d'una struttura sanitaria ha ad oggetto un rischio del tutto diverso rispetto a quello coperto dall'assicurazione della struttura in cui il medico si trova ad operare.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come l'art. 1 delle CGC, nel descrivere l'oggetto generale dell'assicurazione, preveda una clausola contenente una previsione di carattere omnicomprensivo, che include la responsabilità della struttura in generale, cioè sia per fatto proprio sia per fatto altrui, ai sensi dell'art. 1228 c.c.; l'art. 1 comma 3, inoltre, estende, letteralmente, tale garanzia alla responsabilità civile personale dei dipendenti, compresi medici e paramedici, con previsione riconducibile all'art. 1891 c.c., trattandosi di una evidente assunzione del rischio per conto altrui. All'interno di tale complessiva disposizione generale, il successivo art. 3 lettera h) prevede, fra i danni esclusi dalla garanzia, che la polizza non operi per la responsabilità "personale" dei medici, paramedici e di altri lavoratori non dipendenti e non già - come prospettato dalla Corte territoriale - per la responsabilità della struttura derivante da fatti commessi da tali operatori.

Gli Ermellini evidenziano come la formulazione della polizza in esame impone di applicare un criterio esegetico, ex artt. 1362 e 1363 cc., che dia un senso compiuto e logico, rispetto alla funzione del contratto ed agli interessi da salvaguardare ( trattasi di una polizza assicurativa multirischio), alla copertura della responsabilità "personale" dei medici "non dipendenti": in buona sostanza, poiché le polizze che operano in eccesso sono tali in quanto coprono il medesimo rischio di quelle da attivare prima, da tale pattuizione deve desumersi che l'attività dei medici non dipendenti - per i fatti che ricadono sulla responsabilità della struttura ( come quello oggetto di condanna ) - era comunque ricompresa nell'oggetto dell'assicurazione descritto nell'art. 1 delle CGC.

In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà al riesame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati. 

 

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