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Querela dei condòmini per appropriazione indebita dell’ex amministratore di condominio

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Riferimenti normativi: Art.646 c.p.

Focus: La querela senza la sottoscrizione dei condòmini e uno specifico incarico al nuovo amministratore a presentare la denuncia per appropriazione indebita dell'ex amministratore è valida ai fini della procedibilità dell'azione penale? Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n.24279 del 6 giugno 2023.

Il caso: Un ex amministratore di condominio, a seguito di querela presentata dall'amministratore che gli era succeduto, era stato condannato in primo grado di giudizio per appropriazione indebita aggravata, ai sensi dell'art. 646 c.p. e dell'art. 61, comma primo, n. 11. c.p. Con sentenza di appello, in riforma della sentenza di primo grado, veniva ridotta la pena inflittagli per i reati di appropriazione indebita aggravata. La norma citata punisce chi, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o di un'altra cosa mobile altrui di cui abbia il possesso. La pena risulta aumentata se le cose sono possedute a titolo di deposito necessario. La Corte di appello aveva evidenziato, con riferimento a quanto emerso nel primo grado di giudizio, che il ricorrente alla cessazione della sua carica di amministratore non aveva consegnato la documentazione contabile al nuovo amministratore subentrante, configurandosi per questo motivo il reato di appropriazione indebita.

Lo stesso imputato, d'altra parte, non aveva mai negato l'esistenza della documentazione contabile oggetto dell'appropriazione, ma sosteneva che gli obblighi civilistici di redazione della contabilità non costituivano prova dell'esistenza della documentazione e che dalle dichiarazioni dell'amministratore subentrante non emergevano elementi a suo carico. Inoltre, secondo il ricorrente la querela presentata a suo carico dal successore era tardiva e mancava delle firme autenticate dei singoli condomini, oltre che la volontà unanime dell'assemblea dei condomini. Infatti, il nuovo amministratore si era limitato inizialmente ad esporre i fatti ai Carabinieri, senza manifestare la volontà punitiva, e successivamente - su sollecitazione dell'Autorità giudiziaria, ai sensi dell'art. dell'art. 12, comma 2 del decreto legislativo n. 36/2018 - aveva presentato querela presso gli uffici dei Carabinieri, allegando esclusivamente il verbale dell'assemblea di condominio, privo di sottoscrizione dei condòmini e di uno specifico incarico all'amministratore di sporgere querela.

Quest'aspetto della controversia, però, non era stato proposto dal ricorrente con l'appello principale ma solo successivamente, con i motivi aggiunti, per cui la Corte di appello aveva dichiarato la questione inammissibile senza esaminarla. Pertanto, la sentenza è stata impugnata dall'ex amministratore dinanzi alla Corte di Cassazione eccependo, tra i vari motivi di ricorso, che la questione non poteva essere dichiarata inammissibile perché tardiva, considerato che la mancanza di una condizione di procedibilità, ai sensi dell'art.129 c.p.p., può essere rilevata d'ufficio dal giudice "in ogni stato e grado del processo", anche se non sia stata oggetto di uno specifico motivo di gravame. Quindi, secondo la tesi della difesa, il giudice di seconde cure avrebbe potuto verificare d'ufficio la sussistenza della condizione di procedibilità. La Suprema Corte, pur ritenendo inammissibili gli altri motivi del ricorso, ha ritenuto fondata la predetta eccezione ed ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello per l'esame della questione sulla procedibilità.

 

 

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