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Con l'ordinanza n. 2788 dello scorso 31 gennaio, la III sezione civile della Cassazione, superando le note sentenze gemelle del 2008, ha dato via libera a risarcimenti che liquidino sia il danno morale che quello esistenziale, con la possibilità di personalizzare in aumento il quantum dovuto, statuendo che "nella valutazione del danno alla persona da lesione della salute (art. 32 Cost.), la liquidazione finalisticamente unitaria di tale danno dovrà attribuire al soggetto una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subìto tanto sotto l'aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello dell'alterazione o modificazione peggiorativa della vita di relazione… con la possibilità di personalizzare in aumento il risarcimento ottenuto, in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e affatto peculiari che abbiano inciso sulla componente dinamico-relazionale del soggetto leso".
Una donna adiva in giudizio una azienda ospedaliera, al fine di ottenere la sua condanna al risarcimento di tutti i danni (patrimoniali e non) patiti a seguito dell'invalidità conseguente alla cattiva esecuzione di un intervento chirurgico effettuato per il trattamento di un'ernia discale.
Il Tribunale accoglieva la domanda; la Corte di Appello riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, riducendo la liquidazione del danno in favore dell'attrice.
Quest'ultima, ricorrendo in Cassazione, deduceva violazione e falsa applicazione dell'art. 2059 c.c.: la ricorrente si doleva poiché la Corte di Appello non aveva apprezzato le specifiche e dettagliate conseguenze funzionali e relazionali della lesione, escludendo dal risarcimento sia quanto dovuto a titolo di danno estetico che per danno morale; la difesa della paziente, in particolare, rilevava che la sentenza impugnata – volendo procedere ad una unitaria liquidazione riparazione del danno non patrimoniale arrecato – non aveva di fatto apprezzato la gravità della condotta colposa lesiva ed aveva illegittimamente ritenuto assorbito il danno morale all'interno della liquidazione personalizzata del danno biologico.
La Cassazione condivide la censura della donna.
In punto di diritto gli Ermellini ricordano che il danno non patrimoniale ha natura unitaria e onnicomprensiva: unitaria in quanto ricomprende qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica; onnicomprensiva perché il giudice di merito ha l'obbligo di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenzederivanti dall'evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici.
Ciò non esclude che – coerentemente con la nuova formulazione degli artt. 138 e 139 c.d.a. ove, con specifico riferimento alle poste risarcibili, non si parla più di danno biologico bensì di danno non patrimoniale – il giudice debba congiuntamente, ma distintamente, valutare la compiuta fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l'aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale) quanto quello dinamico-relazione (destinato a incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto).
Richiamate numerose pronunce della Corte Costituzionale (sent. 184/86; 372/94; 293/96; 233/2003; 235/2014), della Cassazione (sent. 8827/2003; 6276/2006) e della Corte di Giustizia (23/01/2014, C-371/2012) che costantemente hanno ribadito l'ontologica differenza tra danno morale e danno biologico (i.e., il danno dinamico- relazionale), la sentenza in commento ribadisce come non sia possibile assorbire il danno morale in quello biologico e che ogni incertezza sul tema del danno alla persona è oggi fugata con la riforma, avvenuta nel 2017, degli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni.
Sul punto, il sopravvenuto intervento chiarificatore, che esclude la necessità di rimettere la questione alle Sezioni Unite, avalla la distinzione strutturale tra danno morale e danno dinamico relazionale, laddove si stabilisce che "al fine di considerare la componente del danno morale da lesione dell'integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico è incrementata in via percentuale e progressiva per punto" (art. 138 comma 2 lett. e) e "quando la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati ed obbiettivamente accertati, l'ammontare del risarcimento, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%" (art. 138 comma 3).
Alla luce di tanto, ne derivano due importanti considerazioni.
In primo luogo nella valutazione del danno alla persona da lesione della salute (art. 32 Cost.), la liquidazione finalisticamente unitaria di tale danno dovrà attribuire al soggetto una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subìto tanto sotto l'aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello dell'alterazione o modificazione peggiorativa della vita di relazione: il giudice dovrà necessariamente considerare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna).
Ciò non implica una duplicazione risarcitoria – che si avrebbe se si volessero considerare, come due poste differenti di danno, il danno biologico (da intendersi come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali) e il danno esistenziale, appartenenti invece alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (art. 32 Cost.) – perché la sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute gode di differente ed autonoma valutazione.
In secondo luogo, la novella normativa consente la possibilità di personalizzare in aumento il risarcimento ottenuto, in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e affatto peculiari che abbiano inciso sulla componente dinamico-relazionale del soggetto leso".
Quindi, mentre la personalizzazione del danno individuato attraverso i meccanismi tabellari è destinata alla riparazione delle conseguenze "ordinarie" inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente patirebbe, il giudice potrà individuare e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione, le specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari.
Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento rileva come il danno morale deve autonomamente apprezzato e liquidato: erroneamente, infatti, la Corte di Appello ne ha negato il risarcimento del danno morale, compiendo un'erronea sovrapposizione tra «personalizzazione» della liquidazione del pregiudizio non patrimoniale e danno «morale».
La sentenza impugnata deve essere cassata anche per non aver compiuto la necessaria personalizzazione del danno, omettendo di considerare l'eccezionalità delle conseguenze relazionali del danno biologico, consistenti nella preclusione di tutte quelle attività, lavorative e non, che impongono continue sollecitazioni meccaniche della colonna cervicale.
Il ricorso viene quindi accolto con rinvio alla Corte di Appello di Roma perché, in altra composizione, provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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