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Quella violenza consumata in sala parto, lettera di Fabiana: "Io, una come tante, dico alle donne: denunciate"

Maltrattate in sala parto, spesso colpevolizzate dal personale medico, a volte traumatizzate a tal punto dall´esperienza da decidere di non voler affrontare una seconda gravidanza.
Sono le mamme vittime di "violenza ostetrica", un milione solo in Italia secondo l´indagine Doxa ´Le donne e il parto´, realizzata su iniziativa dell´Osservatorio sulla violenza ostetrica Italia (Ovo).
Un´indagine che per la prima volta ha fotografato la sconcertante e drammatica realtà che si consuma in alcuni reparti di ostetricia del nostro Paese: dal rapporto con gli operatori sanitari passando per la tipologia di trattamenti praticati e il relativo consenso informato, e arrivando fino al ruolo della partoriente nelle decisioni sul parto, la ricerca ha svelato quanto e fino a che punto l´esperienza della nascita in ospedale possa essere lesiva per la dignità delle future mamme.
Vittime inconsapevoli di questa violenza, racconta Doxa, ben quattro donne su dieci. E, fra di loro, c´è anche Fabiana Pasquali: "Nel momento in cui la vivi non ti rendi conto della violenza che stai subendo. Io, ad esempio, di essere stata una vittima l´ho capito solo nel tempo, informandomi e studiando".
Fabiana è mamma da dieci anni e dieci anni fa, alla prima gravidanza, ha subito sulla sua pelle l´esperienza traumatica del maltrattamento in sala parto.
"Che ci sia violenza lo capisci dal dolore che senti, fa male anche adesso a raccontarlo dopo dieci anni. Ma quando sei lì, spaventata e in mano a medici e ostetriche, pensi che tutto quello che ti viene fatto sia fatto per il tuo bene. E invece - racconta - non è così. Sono arrivata in ospedale credendo di partorire naturalmente, mi sono ritrovata a subire un´epidurale non richiesta che mi ha provocato problemi alla schiena per i due mesi successivi e a rischiare un cesareo che non serviva".
"Del parto - spiega ancora Fabiana - ricordo ancora tutto, come la sensazione di non avere alcun controllo sul mio corpo, dalle spinte forzate a richiesta dell´ostetrica, e non quando ne sentivo il bisogno, alla posizione da assumere, forzata anche quella. Mi ricordo soprattutto il dolore dell´episiotomia (un´incisione vulvo-vaginale praticata per facilitare il parto, ndr.) e dei successivi punti: nessuno mi aveva avvertita, nessuno mi ha chiesto nulla. Hanno tagliato e basta per poi ricucire senza anestesia".
"Di quel giorno ricordo bene il ginecologo che faceva avanti e indietro nella mia stanza. Aveva in mano un braccialetto di quelli che si mettono per entrare in sala operatoria e continuava a propormi il cesareo che non avevo chiesto di fare, tutto perché erano passate 24 ore dall´inizio del travaglio. Mi ha detto ´guardi che la sala operatoria è pronta´. Ho chiesto se il bimbo stesse male e se fosse necessario, la risposta è stata ´no, ma lo facciamo per lei´. Non so con quale forza - ricorda Fabiana -, ma sono riuscita a oppormi. Alla fine ho fatto quello che loro definiscono un parto naturale, ma fra monitoraggio, epidurale, ossitocina sintetica per indurre il parto, spinte e posizione sbagliate, di naturale c´era ben poco".
E i problemi non finiscono con il parto. Il bimbo nasce, ma Fabiana riesce a vederlo solo un´ora più tardi, chiuso nella culletta termica: "L´unica cosa su cui ero preparata era l´allattamento, che pensavo di iniziare dal momento del parto. Non è stato così: non ho potuto tenerlo in braccio, ad allattare ho iniziato in ritardo ed è stato un disastro". Una volta fuori dall´ospedale, come se non bastasse Fabiana continua a sentire una grande sofferenza fisica, rischia il ricovero, ha la febbre altissima.
Un´esperienza devastante che incide anche sulla seconda gravidanza: "Non volevo più tornare in una struttura - spiega Fabiana -, volevo farlo in casa con un´ostetrica. Poi, a causa di uno streptococco, alla 38esima settimana sono finita ancora una volta in ospedale per il parto. Ma stavolta sono riuscita a parlare con medici e ostetriche spiegando le mie esigenze. Per fortuna tutto è andato per il meglio".
Ma come si può evitare che accada ancora? "Basterebbe un po´ di gentilezza e qualche informazione in più perché le cose vadano bene senza sentirsi tradita da chi si dovrebbe prendere cura di te. Almeno adesso c´è più consapevolezza e se ne inizia finalmente a parlare. Le donne - spiega - hanno gli strumenti per potersi informare e capire cosa è giusto e cosa non lo è, cosa è ´normale´ e cosa no. E nel caso denunciare. E´ importante far sapere che la mia esperienza, insieme a quella di tante altre, non è stata e non deve essere considerata la normalità".
 
I numeri di Doxa
Negli ultimi 14 anni un milione di mamme italiane ha vissuto un´esperienza di violenza ostetrica durante il travaglio o il parto. A rivelarlo è la prima ricerca nazionale realizzata dalla Doxa per conto dell´Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia, in collaborazione con le associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo Onlus (i dati sono pubblicati sul loro sito). Durante l´esperienza che dovrebbe essere la più emozionante nella vita di una donna, il 21% delle madri, con figli di età da zero a 14 anni, dichiara di aver subito un maltrattamento fisico o verbale durante il primo parto e quattro su dieci raccontano di aver subito azioni lesive della dignità personale.
Esperienze così traumatiche, stando alle testimonianze raccolte, che avrebbero spinto il 6% delle donne negli ultimi 14 anni a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando di fatto la mancata nascita di circa 20.000 bambini ogni anno.
Le storie sono state raccontate nel corso della presentazione a Roma dei risultati della ricerca "Le donne e il parto" realizzata per indagare il fenomeno sommerso e poco conosciuto della cosiddetta ´violenza ostetrica´, cioè l´appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale medico. In particolare, la principale esperienza negativa durante la fase del parto è la pratica dell´episiotomia (l´incisione della vagina), subita da oltre la metà (54%) delle donne intervistate. Un tempo considerata un aiuto alla donna per agevolare l´espulsione del bambino, oggi, l´Oms la definisce una pratica ´dannosa, tranne in rari casi´ poiché si tratta a tutti gli effetti di un intervento chirurgico. Tre partorienti su 10 negli ultimi 14 anni, vale a dire 1,6 milioni di donne (il 61% di quelle che hanno subito un´episiotomia) dichiarano di non aver dato il consenso informato per autorizzare l´intervento. Tuttavia la pratica dell´episiotomia non sembra essere sparita dalle realtà ospedaliere italiane: 1 donna su 2 l´ha subita, per il 15% delle donne che hanno vissuto questa pratica, pari a circa 400.000 madri, si è trattato di una menomazione degli organi genitali, mentre il 13% delle mamme, pari a circa 350.000, con l´episiotomia ha visto tradita la fiducia nel personale ospedaliero. Il numero più alto di episiotomie viene registrato nelle regioni del Sud e nelle isole, con il 58%, seguite dal centro e Nord-Est con il 55% pari merito, ultimo il Nord Ovest con 49%.
Non solo, a fronte di un 67% del campione che dichiara di aver ricevuto un´assistenza adeguata da parte di medici e operatori sanitari, 1.350.000 donne (il 27% delle intervistate) dichiarano di essersi sentite seguite solo in parte dall´equipe medica. Il 6% di neomamme afferma di aver vissuto l´intero parto in solitudine e senza la dovuta assistenza. La ricerca è nata dall´iniziativa dell´Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia, istituito e fondato da Alessandra Battisti e Elena Skoko.
Pubblicato da AdnKronos il: 23/09/2017 e scritto da
Marta Repetto - "I numeri" tratti da fonte: LIVE Sicilia
 

 

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