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Il divieto di impugnare la transazione raggiunta con il collega e la sua ratio
Il codice deontologico forense [1] stabilisce che costituisce illecito disciplinare, sanzionabile con la censura, il comportamento dell'avvocato che impugna la transazione raggiunta con il collega per fatti non sopravvenuti o di cui non era a conoscenza. La ratio si rinviene nel dovere di lealtà, imposto agli avvocati, sia dal predetto codice deontologico che dall'art. 88 c.p.c., nell'interesse non solo delle parti ma anche della giustizia. La violazione di tale dovere «comporta l'illiceità, sul piano disciplinare, del comportamento del professionista che proceda o comunque partecipi alla redazione di una scrittura conciliativa con il preordinato intento (non dichiarato alla controparte) di vanificare l'accordo subito dopo aver ottenuto lo scopo». (Per esempio la Corte di cassazione ha affermato tale principio «con riguardo ad avvocato che, prima della transazione volta a conseguire la rinuncia della controparte all'eseguito sequestro conservativo, aveva presentato un esposto-denuncia alla magistratura penale per annullare, con il sequestro penale degli atti della transazione e di quanto versato in esecuzione di essa, gli effetti dell'accordo conciliativo sfavorevoli al proprio cliente)» (Cass. civ., n. 6067/1993).
Il divieto di impugnare la transazione raggiunta con il collega nella prassi
È stato ritenuto che:
In tali casi, si reputa che il mancato pagamento di detta imposta si configuri come un fatto sopravvenuto (CNF, n. 88/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=36192);
ii) dopo essersi accordato sulla somma dovuta in forza di titolo giudiziale, richieda l'ulteriore importo dell'imposta di registro, come successivamente determinata dal competente ufficio sul titolo esecutivo stesso, trattandosi di fatto sopravvenuto. In queste ipotesi, infatti, l'atto transattivo non può tener conto dell'imposta di registro, in quanto il titolo esecutivo è "tassato" solo successivamente. Ne consegue che il sollecito di tale pagamento in un momento successivo a mezzo pec, ove resti disatteso immotivatamente, giustificherebbe la richiesta a mezzo precetto, senza che detta condotta integri una violazione del divieto di impugnazione della transazione raggiunta con il collega (CNF, n. 51/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=35958);
Note:
[1] Art. 44 Codice deontologico forense:
«1. L'avvocato che abbia raggiunto con il collega avversario un accordo transattivo, accettato dalle parti, deve astenersi dal proporne impugnazione, salvo che la stessa sia giustificata da fatti sopravvenuti o dei quali dimostri di non avere avuto conoscenza. 2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura».
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Il mio nome è Rosalba Sblendorio. Sono una persona estroversa e mi piace il contatto con la gente. Amo leggere, ascoltare musica e viaggiare alla scoperta delle bellezze del nostro territorio. Adoro rigenerarmi, immergendomi nella natura e per questo, quando posso, partecipo ad escursioni per principianti. Ho esercitato la professione da avvocato nel foro di Bari. Per molti anni ho collaborato con uno Studio legale internazionale, specializzato in diritto industriale, presso il cui Ufficio di Bari sono stata responsabile del dipartimento civile e commerciale. Mi sono occupata prevalentemente di diritto civile, diritto commerciale e diritto della proprietà intellettuale.