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Principi del procedimento penale applicabili al procedimento disciplinare forense

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Inquadramento normativo: art. 54 comma 1 L. n.247/2012

Fonte (https://www.codicedeontologico-cnf.it/, http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/)

Autonomia del giudizio disciplinare

L'art. 54 comma 1 L. n.247/2012 sancisce che "il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti". Il Consiglio Nazionale Forense ha avuto modo di ribadire l'autonomia della definizione dell'illecito deontologico affermando che l'illiceità disciplinare del comportamento posto in essere dal professionista deve infatti essere valutata solo in relazione alla sua idoneità a ledere la dignità e il decoro professionale, a prescindere dall'illiceità penale o civile (CNF sentenza n.133/2022; CNF, sentenza n.104/2022).

Ciò non toglie che taluni principi propri del diritto processuale penale siano applicabili anche nell'ambito del procedimento disciplinare.

Vediamo quali.

1) Principio di acquisizione della prova

In primo luogo osserviamo che nell'ambito della valutazione delle prove risulta applicabile anche al procedimento disciplinare il principio di acquisizione della prova. A questo proposito è stato affermato che "il Giudice della deontologia può, con valutazione autonoma ed ai fini della formazione del proprio convincimento, utilizzare gli elementi probatori, legittimamente acquisiti al fascicolo disciplinare, formati in un procedimento diverso o anche tra diverse parti, non essendo necessaria la loro replicazione o conferma in sede di procedimento disciplinare." Conseguentemente il Giudice della deontologia può porre a fondamento della propria decisione la sentenza penale di condanna di primo grado pronunciata ai danni dell'incolpato per gli stessi fatti per cui c'è stato procedimento disciplinare, regolarmente acquisita agli atti del relativo fascicolo. (Consiglio distrettuale di disciplina di Napoli, decisione n.28/2021). 

 2) Favor rei

Anche il procedimento disciplinare è governato dal principio del favor per l'incolpato, mutuato dai principi di garanzia che il processo penale riserva all'imputato. Ciò comporta che "la sanzione disciplinare può essere irrogata, all'esito del relativo procedimento, solo quando sussista prova sufficiente dei fatti contrastanti la regola deontologica addebitati all'incolpato, dovendosi per converso assolversi in assenza di certezza nella ricostruzione del fatto e dei comportamenti"; con l'ovvia conseguenza che "l'incolpato deve essere assolto in ordine all'illecito contestatogli, quando non è stata raggiunta la prova certa della colpevolezza" (CNF, sentenza n.134/2022).

3) In dubio pro reo

Vige anche in sede disciplinare il principio di presunzione. Infatti poiché il procedimento disciplinare è di natura accusatoria, "l'insufficienza di prova su un fatto induce a ritenere fondato un ragionevole dubbio sulla sussistenza della responsabilità dell'incolpato, che pertanto va prosciolto dall'addebito, in quanto per l'irrogazione della sanzione disciplinare non incombe all'incolpato l'onere di dimostrare la propria innocenza né di contestare espressamente le contestazioni rivoltegli, ma al Consiglio territoriale di verificare in modo approfondito la sussistenza e l'addebitabilità dell'illecito deontologico" (CNF sentenza n.128/2022).

4) L'efficacia delle sentenze penali nel giudizio disciplinare

Risulta rilevante anche l'accertamento definitivo dei fatti in sede penale, per cui anche "la sentenza penale di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare, quanto all'accertamento del fatto, della sua illiceità penale e della circostanza che l'imputato lo ha commesso, essendo comunque riservata al giudice della deontologia la valutazione della rilevanza disciplinare nello specifico ambito professionale alla luce dell'autonomia dei rispettivi ordinamenti, penale e disciplinare" (CNF, sentenza n.80 dell'1 giugno 2022).

 Ciò non accade invece per la sentenza di assoluzione. Sul punto è stato rilevato che "la formula assolutoria perché il fatto non costituisce reato, non preclude all'Organo Disciplinare di valutare la condotta del professionista sotto il profilo deontologico"; con la conseguenza che nonostante la formula assolutoria in sede penale, il Giudice della deontologia può valutare le risultanze probatorie, documentali ed orali e la condotta posta in essere dall'incolpato lesiva della reputazione della classe forense (Consiglio distrettuale di disciplina di Napoli, decisione n. 60 del 3 maggio 2021).

Anche l'archiviazione del procedimento penale ex artt. 408 c.p.p. e 125 disp. att. c.p.p. non esplica i suoi effetti nell'ambito del procedimento disciplinare avente ad oggetto i medesimi fatti, in quanto non è idonea ad escludere in radice la configurabilità delle violazioni contestate (Consiglio distrettuale di disciplina di Napoli, decisione n.85 del 6 luglio 2022).

5) Principio di immutabilità del giudice

Non può applicarsi, inoltre, al procedimento disciplinare il principio dell'immutabilità del collegio giudicante previsto dall'articolo 525 comma 2 c.p.p. per il giudizio dibattimentale, in quanto trattasi di un principio codificato specificamente per il processo penale. Sul punto la Suprema Corte di Cassazione ha infatti affermato che "in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, non integra nullità alcuna il mutamento della composizione del Consiglio dell'ordine degli avvocati (COA) all'atto dell'adozione della decisione rispetto a quella della prima udienza in cui l'incolpato è stato sentito ed ha consegnato documentazione difensiva, in quanto in tale procedimento non si applica il principio dell'immutabilità del collegio giudicante" (Cass. SS.UU. n.21585/2011, Cass. SS.UU. n.28468/2022).

 

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