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La ceretta al linguine propio non si può sentire
"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli imbecilli" affermava Umberto Eco, dopo aver ricevuto la laurea honoris causa in Comunicazione e cultura dei media a Torino, a giugno 2015. Pultroppo è propio cosi'. Non che ce ne fosse bisogno, ma lo documentano le impietose statistiche: il Bel Paese si trova in una posizione poco invidiabile nella classifica stilata da Human development report, un indice calcolato tra i paesi dell'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). In Italia – infatti – il 47 per cento degli individui è analfabeta funzionale. Soggetti che sanno leggere ma che non comprendono del tutto il significato di ciò che hanno letto e comunque commentano fingendosi esperti mettendo in fila strafalcioni da Oscar, supposizioni imbarazzanti e convinzioni infondate. Si tratta di una nutrita schiera rumorosa di ignoranti D.O.C., che hanno dimenticato come si scrive in italiano ma vogliono "l'ostesso" dire la loro. Tutti però, ed è questo il punto, oggi si incontrano ardentemente sui social media.
Sono commentatori seriali e il meglio lo danno su Facebook, dove la lingua di Dante viene stuprata ogni giorno con tracotante menefreghismo di fronte alle regole che ortografia e grammatica imporrebbero. Non solo i rilievi dell'Accademia della Crusca, che arrivano puntuali a mettere i confini della correttezza della nostra lingua. Gli errori di grammatica più comuni sono oggetto di studio da diverso tempo. Sette italiani su dieci fanno errori grammaticali. Lo rivela un'indagine condotta da Libreriamo. Il problema, secondo la ricerca, è frutto dell'abuso di internet, che ci ha reso incapaci di scrivere e di formulare un ragionamento sensato.
Qual'è l'errore più comune? Questo. Lo commettono tre italiani su quattro. "Qual è" infatti si scrive senza l'apostrofo. Dalle persone comuni ai professionisti (uno stò scritto da un giornalista o un "come dirò poc'anzi" usato nell'arringa da un avvocato civilista sono difficilmente perdonabili), gli strafalcioni linguistici sono all'ordine del giorno. È la legge del contrabbasso e nessuno deve diventare il cappio espiatorio. Ma è inutile sfasciarsi la testa prima di rompersela, meglio andare a fare una ceretta al linguine……..aggiungendo un'infinità di puntini di sospensione Xkè è meglio abbondare.
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«Di cosa ti occupi?». Una domanda che ci si sente rivolgere spesso. «Scrivo», la risposta audace del sottoscritto. «Ma no, intendevo dire: che lavoro fai?». Ecco, questa è la premessa. Sono veneto, di Jesolo, fin dal lontano 1959. Dopo un intenso vagabondare che negli anni mi ha visto avviare diverse iniziative imprenditoriali in Europa, ho messo momentanee radici a Busto Arsizio. Il mio curriculum include l’esperienza della detenzione, e non ho alcuna intenzione di nasconderlo perché la considero una risorsa che mi appartiene e mi ha arricchito. No, non mi riferisco ai soldi… Sono attento alle tematiche che riguardano la detenzione in ogni suo aspetto, nella convinzione che si possa fare ancora molto per migliorare il rapporto tra la società civile e il carcere. Ebbene sì, per portare a casa la pagnotta scrivo per alcuni periodici, tra cui InFamiglia, DiTutto, Così Cronaca, Adesso, Sguardi di Confine e Sport Donna occupandomi principalmente di sociale. Ho pubblicato Pane & Malavita per Umberto Soletti Editore. Amo la musica, la lettura e la cucina. Sono nonno e mi manca tanto il mare.