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Sempre più frequente l'uso del Fisco di prove raccolte sul web al fine di "individuare" gli evasori o presunti tali. Tale metodologia è ormai avallata da circolari delle Entrate e sentenze di merito e legittimità che danno spazio sempre crescente alle prove raccolti online nella rete.
A titolo esemplificativo, è recentissima l'Ordinanza della Cassazione n. 308/2020 che ha confermato le richieste di un Comune del centro Italia, Pineto, il quale ha accertato l'imposta di pubblicità non versata per gli anni non coperti da prescrizione grazie all'utilizzo di foto scaricate da Google Street View; le immagini, in particolare, mostravano un veicolo su cui era installato un cartellone pubblicitario, e gli Ermellini hanno respinto le obiezioni del contribuente, che contestava l'utilizzabilità delle foto.
Fin dalla circolare n. 16/E del 2016, anche l'Agenzia delle Entrate ha ammesso il ricorso alle cosiddette - fonti aperte -, ricomprendendo anche siti web, motori di ricerca, portali e social network. Tra le applicazioni citate, è ormai frequente l'utilizzo del web come fonte di informazioni sulle caratteristiche degli immobili compravenduti e sulla zona in cui si trovano: un elemento a rinforzo delle quotazioni rilevate dall'OMI, - Osservatorio del mercato immobiliare . Il tutto con l'obiettivo di scovare chi ha sottodichiarato il prezzo di acquisto di un fabbricato, ovviamente al di fuori dei casi in cui scatta il "prezzo valore" sulla base della rendita catastale.
Si sta delineando dunque, nelle mosse della politica fiscale italiana, un uso "sartoriale" della rete in tutte le sue forme – siti, portali, social, ecc. -, in cui il personale dell'Agenzia delle Entrate, sempre alle prese con limiti di organico oltretutto aggravatisi negli ultimi tempi, è chiamato a individuare e selezionare le informazioni che inchiodano il contribuente.
Dunque i nostri comportamenti e manifestazioni sul web devono considerarsi come prova di capacità di spesa, e dunque di reddito. I dati, una volta raccolti, si rivelano utilissimi al Fisco; i casi di utilizzo sono molteplici e le cronache giudiziarie sono oramai ricche di casi in cui i giudici hanno ammesso l'uso degli elementi digitali.
Alcuni esempi.
Il Fisco ha incastrato una società che faceva rimessaggio di imbarcazioni grazie a Google Earth: le immagini aeree scattate a distanza di tempo mostravano un numero di scafi ben superiore a quello su cui erano state pagate le imposte; ancora, l'Agenzia delle Entrate ha accertato un reddito maggiore ad un contribuente usando i post su Facebook in cui si evidenziavano spese incompatibili con il reddito dichiarato; ancora: viene potenziata la lotta ai falsi residenti all'estero scoperti dal fatto che pubblicano continuamente messaggi o condividono contenuti dal territorio italiano.
Sono in aumento esponenziale ormai i casi in cui si accertano i contribuenti che postano sui social foto con viaggi, crociere, gite in barca, feste e auto di lusso; i Giudici di merito e di legittimità superano oramai le classiche obiezioni all'ammissibilità della documentazione raccolta online sulla piazza immateriale e l'assenza di - data certa -, ammettendo integralmente l'utilizzo di dette prove.
La via è oramai tracciata e sarà percorsa dal Fisco fino in fondo: a brevissimo si punterà a un utilizzo su larga scala del web a servizio della lotta all'evasione, trasformando l'uso "sartoriale" in un uso "industriale" del materiale raccolto. A breve si prevederà la raccolta e l'analisi automatizzata dei dati pubblicati dai cittadini sui social network e di qualunque informazione raccolta sul web in genere. Tutto questo evidenziando tuttavia un piccolo paradosso: è uno dei tanti modi in cui i giganti del web, spesso accusati di essere grandi evasori in Italia, offrono però, indirettamente, informazioni preziose al Fisco.
Mi raccomando dunque siate social, ma con moderazione.
Meditate contribuenti, meditate.
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