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Una protesta, consistente nella astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per i giorni 21, 22, 23, 24 e 25 ottobre. Si tratta dell'ultima iniziativa lanciata dall'Unione italiana camere penali per mobilitare l'attenzione dell'opinione pubblica contro la politica giudiziaria del governo in tema di prescrizione. L'associazione ha diramato, in proposito, una nota che integralmente riportiamo:
È ormai imminente il termine di entrata in vigore della norma che di fatto abroga la prescrizione del reato dopo la pronunzia della sentenza resa dal giudice del primo grado. Il Ministro della Giustizia ha pubblicamente dichiarato che nessun intervento è previsto su quella norma, mentre il Partito Democratico, ha formulato, sul punto, riserve assai blande, indeterminate nei contenuti e non di rado contraddittorie. E' manifestamente inverosimile il proposito, pure sorprendentemente avanzato dal Ministro, di un intervento di riforma dei tempi del processo penale prima della entrata in vigore della Riforma della prescrizione, cioè entro il 31 dicembre 2019. Il cittadino resterà dunque in balia della giustizia penale per un tempo indefinito, cioè fino a quando lo Stato non sarà in grado di celebrare definitivamente il processo che lo riguarda, come denunciato dai penalisti con l'intera comunità dei giuristi italiani. È chiaro a tutti gli addetti ai lavori, anche alla magistratura, che l'entrata a regime di un simile, aberrante principio determinerebbe un disastroso allungamento dei tempi dei processi, giacché verrebbe a mancare la sola ragione che oggi ne sollecita la celebrazione. L'Unione proclama dunque l'astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per i giorni 21, 22, 23, 24 e 25 ottobre 2019.
La protesta è stata deliberata dalla giunta con un atto del 30 settembre, che per una maggiore completezza qui riportiamo:
La Giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane,
premesso che
è ormai imminente il termine di entrata in vigore della norma della legge c.d. Spazzacorrotti che di fatto abroga la prescrizione del reato dopo la pronunzia della sentenza resa dal giudice del primo grado;
il Ministro di Giustizia On. Alfonso Bonafede, all'esito del vertice di Governo tenutosi lo scorso venerdì 26 settembre ha pubblicamente dichiarato che nessun intervento è previsto su quella norma, mentre le dichiarazioni degli esponenti del Partito Democratico, nuovo partner di Governo, hanno formulato, sul punto, riserve assai blande, indeterminate nei contenuti e non di rado contraddittorie;
è manifestamente inverosimile il proposito, pure sorprendentemente avanzato dal Ministro, di un intervento di riforma dei tempi del processo penale prima della entrata in vigore della Riforma della prescrizione, cioè entro il 31.12.2019, sicché la sua prospettazione suona come la conferma, perfino beffarda, della ferma intenzione di procedere alla incondizionata entrata in vigore della norma;
considerato che
i penalisti italiani hanno dal primo giorno denunziato con forza come quella riforma della prescrizione rappresenti una delle pagine più sciagurate della deriva populista e giustizialista del nostro Paese, giacché essa afferma il principio, manifestamente incostituzionale, secondo il quale il cittadino, sia esso imputato che parte offesa del reato, possa e debba restare in balia della giustizia penale per un tempo indefinito, cioè fino a quando lo Stato non sarà in grado di celebrare definitivamente il processo che lo riguarda;
a quella nostra denunzia si è associata l'intera comunità dei giuristi italiani, se è vero che oltre 150 docenti di diritto penale, processuale e costituzionale, e finanche Presidenti Emeriti della Consulta, hanno sottoscritto il nostro appello con il quale evidenziavamo al Presidente della Repubblica, al momento della promulgazione di quella legge di riforma, i plurimi profili di incostituzionalità;
è infatti chiaro a tutti, ivi compresa la Associazione Nazionale Magistrati ed il Consiglio Superiore della Magistratura nelle loro inequivoche statuizioni sul punto, che l'entrata a regime di un simile, aberrante principio determinerebbe un disastroso allungamento dei tempi dei processi, soprattutto a partire dal grado di Appello, giacché verrebbe a mancare la sola ragione che oggi ne sollecita la celebrazione. Si tratta insomma di quella famosa "bomba atomica" cui l'allora Ministro Giulia Bongiorno paragonò la potenza devastatrice di una simile riforma (che purtuttavia aveva firmato e votato);
sottolineato che
occorre produrre il massimo sforzo perché l'opinione pubblica del nostro Paese sia debitamente informata della reale, devastante portata di una simile riforma per i diritti fondamentali di ciascuno di noi, rompendo le cortine fumogene della disinformazione populista e giustizialista che, richiamando strumentalmente alcune vicende processuali di grande interesse pubblico, rappresenta l'istituto della prescrizione come uno strumento privilegiato dei potenti e dei ricchi per sottrarsi ai rigori della legge;
occorre invece ribadire che la prescrizione del reato rappresenta l'irrinunciabile rimedio alla patologia di indagini e processi che durano decenni. Se uno Stato non è in grado di definire un giudizio penale in dodici, quindici, venti, ventidue anni, la rinunzia al giudizio costituisce un dovere etico e giuridico in una società che voglia dirsi civile, alla quale ripugna l'idea che un cittadino possa essere tenuto al laccio di un giudizio penale per un tempo infinito, senza alcun rimedio ad un simile scempio;
ribadito che
è certamente necessario un intervento legislativo efficace che riduca drasticamente i tempi di durata dei processi penali, senza ovviamente alcun pregiudizio per le garanzie costituzionali che assistono l'imputato nel processo. Gli esiti del lavoro svolto nei mesi scorsi dai penalisti italiani e dall'A.N.M. insieme al Ministro di Giustizia ed al suo Ufficio Legislativo ha prodotto un pacchetto di interventi riformatori coerenti con quelle premesse e certamente efficaci, sebbene poi – al momento della trasposizione nella legge delega - svuotati di ogni incisività per una serie decisiva di obiezioni ideologiche - segnatamente sul potenziamento dei riti alternativi al dibattimento - avanzate dalla Lega;
l'U.C.P.I. è pronta a riprendere quel percorso di riforma, e dunque a sostenerlo ed a rafforzarlo. Ma si tratta di un percorso di riforma che resta incompatibile con l'aberrante principio abrogativo della prescrizione, istituto che semmai verrebbe naturalmente disinnescato e vanificato dalla celebrazione dei processi in tempi finalmente ragionevoli, risultando perciò ancora più incomprensibile la sua abrogazione, e ciò a prescindere da ogni evidente incompatibilità tra quell'ipotizzato ed auspicabile percorso di riforma e la scadenza del primo gennaio 2020;
proclama
secondo le vigenti regole di autoregolamentazione, nel rispetto delle recenti pronunce della Corte Costituzionale, e dunque, in attesa di una più certa e consolidata loro interpretazione, con esclusione dei processi con imputati detenuti in custodia cautelare, l'astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per i giorni 21, 22, 23, 24 e 25 ottobre 2019.
Invita
tutte le Camere Penali territoriali ad organizzare in quella settimana una serrata serie di iniziative politiche volte ad informare la pubblica opinione delle ragioni della nostra protesta, ed a coinvolgere nel dibattito e nel confronto le forze politiche, le altre associazioni dell'avvocatura, la magistratura, l'Università, gli esponenti della cultura e della società civile, e tutti coloro che intendono impedire l'affermarsi nel nostro Paese della idea incivile ed incostituzionale dell'"imputato a vita".
Dispone
la trasmissione della presente delibera al Presidente della Repubblica, ai Presidenti della Camera e del Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Giustizia, ai Capi degli Uffici giudiziari.
Roma, 30 settembre 2019
Il Presidente, Avv. Gian Domenico Caiazza
Il Segretario, Avv. Eriberto Rosso
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