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Porto d´armi, scatta la revoca per la foto nel profilo facebook con la pistola in pugno e l´invito a farne uso

Aveva pubblicato sul suo Profilo Facebook, in riferimento a forme di "autotutela" della proprietà privata, una foto con la pistola in pugno e l’invito a farne uso. Su segnalazione da parte della Compagnia dei Carabinieri la Prefettura emetteva il provvedimento di divieto di detenzione di armi e munizioni.
Inutile è stato il ricorso al giudice amministrativo in quanto il TAR Umbria, Sez. I, con sentenza del 19 febbraio 2016 n. 123 ha ritenuto infondati i motivi prospettati.
In particolare, il Collegio ha rilevato che il provvedimento prefettizio ex art. 39 del t.u.l.p.s. rientra tra gli atti caratterizzati da particolari esigenze di celerità, per i quali può essere omessa la comunicazione di avvio del procedimento.
Il provvedimento di divieto di detenzione delle armi ha natura cautelare, e rispetto allo stesso l’urgenza è qualificata dal pericolo della compromissione degli interessi pubblici (ordine e sicurezza pubblica) che caratterizzano la misura preventiva. Ne discende che l’esigenza di celerità diviene attuale in correlazione con l’apprezzamento, sotto il profilo del pericolo dell’abuso, di una determinata condotta, purchè significativa, nella sua connotazione, di una prognosi sul pericolo di abuso.
Aggiunge il TAR che il divieto di detenzione d’armi, avendo la finalità di prevenire la commissione di reati e di fatti lesivi dell’incolumità pubblica, non necessita che l’abuso da cui fare derivare il provvedimento si sia effettivamente verificato, essendo sufficiente che sussista una situazione di potenziale pericolo; l’Autorità di polizia, in definitiva, nella sua discrezionalità può ritenere valutabili anche quei comportamenti che, pur non integrando responsabilità penali, facciano ritenere che sia venuto meno il requisito dell’affidabilità.
La circostanza che nel profilo facebook si faccia riferimento a forme di “autotutela” della proprietà privata e sia pubblicata una foto con la pistola in pugno e l’invito a farne uso costituisce un elemento di valutazione, da parte dell’Amministrazione, non incongruo od illogico, tale dunque da non superare il limite sistemico del sindacato giurisdizionale consentito al giudice amministrativo.
D’altro canto - precisa il Collegio - occorre considerare che il rilascio della licenza di porto d’armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia, ma assume contenuto di permesso concessorio, in deroga al divieto di portare armi sancito dall’art. 699 del cod. pen. e dall’art. 4 della legge n. 110 del 1975; di conseguenza, in tale quadro, il controllo effettuato dall’Autorità di pubblica sicurezza viene ad assumere connotazioni particolarmente pregnanti e severe e spetta al prudente apprezzamento di detta Autorità l’individuazione della soglia di emersione delle ragioni impeditive della detenzione degli strumenti di offesa.
Il potere dell’Amministrazione, conclude il TAR, non è sanzionatorio o punitivo, ma è quello cautelare di prevenire abusi nell’uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, ragione per cui non occorre un obiettivo ed accertato abuso delle armi, ma è sufficiente la sussistenza di una o più circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso.
Fonte: Giustizia Amministrativa


Fonte: il quotidiano della p.a.

 

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