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Con la sentenza n. 310 dello scorso 8 luglio, la I sezione del Tar Umbria, sezione distaccata di Napoli, ha confermato la legittimità di un'ordinanza di rimozione di una pergotenda con struttura in acciaio realizzata, senza il preventivo permesso per costruire, nel terrazzo di pertinenza del ristorante al fine di ampliare superficie chiusa adibita a ristorante.
Si è difatti rilevato come ciò che effettivamente rilevava ai fini dell'acclarata necessità del richiesto titolo edilizio era il fatto di aver posto in essere una copertura che consentiva un utilizzo non precario ovvero permanente e non stagionale dello spazio chiuso così realizzato, avente un proprio ed autonomo impatto volumetrico: nel caso di specie, infatti, non si era in presenza della semplice installazione di una pergotenda, ma si era realizzato un più ampio intervento, che determinava uno stabile ampliamento della superficie chiusa adibita a ristorante, ovvero un nuovo locale necessitante come tale il permesso di costruire.
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, la società titolare di un esercizio commerciale ubicato all'interno di un Centro Commerciale, impugnava il provvedimento con il quale il Comune di Perugia intimava la rimozione della pergotenda retrattile telonata e delle pompe di calore installate nel terrazzo di pertinenza del ristorante, in quanto poste in essere senza permesso di costruire.
Ricorrendo al Tar, la ricorrente chiedeva l'annullamento del provvedimento comunale, contestando la qualificazione giuridica dell'intervento edilizio.
A tal fine la società evidenziava come la normativa regionale e statale in materia di tettoie e pergotende legittimava l'intervento in questione, trattandosi di attività di edilizia libera non necessitante alcun titolo abilitativo; di contro l'amministrazione aveva omesso ogni riferimento alla natura pertinenziale della terrazza rispetto al locale nonché alla pergotenda in quanto tale ed alla disciplina urbanistica di settore, ritenendo viceversa necessario il permesso di costruire.
Costituendosi in giudizio, il Comune di Perugia eccepiva come, nel caso di specie, non si era al cospetto della mera installazione di una pergotenda e di alcune pompe di calore, di per sé potenzialmente riconducibili all'attività edilizia libera, ma di un vero e proprio locale suscettibile di autonomo utilizzo, con un proprio impatto volumetrico, incidente in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio.
Il Tar condivide la posizione del Comune.
Con specifico riferimento alle tettoie, è necessario distinguere tra interventi consistenti in strutture di ridotte dimensioni, aventi evidente finalità di arredo o riparo, ed interventi che invece hanno caratteristiche tali determinare uno stabile ampliamento della superficie e della sagoma dell'edificio: solo in quest'ultimo caso (è necessario il rilascio del permesso di costruire per la sua realizzazione.
Diversamente rientra nel regime di edilizia libera, come indicato anche dal D.M. 2 marzo 2018, la realizzazione di altri elementi di arredo esterno connotati da una struttura alquanto più leggera: è il caso, ad esempio, della "pergotenda" destinata ad ospitare pannelli retrattili in materiale plastico, nella quale l'opera principale non è l'intelaiatura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell'unità abitativa, con la conseguenza che l'intelaiatura medesima si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione della tenda.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio ha evidenziato come le opere per cui è causa consistevano nella copertura retrattile telonata dell'intero terrazzo di pertinenza del ristorante della società ricorrente, realizzata in PVC ad un'unica falda con altezze che variavano dai circa 3,10 mt in gronda ai circa 3,85 mt al colmo, cui si aggiungeva la copertura dei tre lati verticali liberi, anch'essa realizzata con teli in PVC retratti, tutti sorretti da una struttura in acciaio e alluminio ancorata tramite staffe al solaio ed agli elementi verticali in muratura perimetrali al terrazzo stesso, sul quale risultava altresì l'installazione di due porte d'uscita di sicurezza con maniglione antipanico e di impianti di illuminazione tramite piantane e di condizionamento tramite splitter.
Ne derivava che l' intervento, per le peculiari modalità di realizzazione, determinava uno stabile ampliamento della superficie chiusa adibita a ristorante (come peraltro dimostrato dalle porta di sicurezza, dalla postazione di controllo della sala e dagli impianti di illuminazione e climatizzazione installati sulla terrazza), ovvero un nuovo locale necessitante come tale il permesso di costruire.
Pertanto i rilievi addotti dalla società ricorrente a sostegno dell'inquadramento dell'intervento in questione nel regime di edilizia libera – quali la natura pertinenziale della terrazza, il carattere retrattile della copertura e l'assenza di modificazioni alla sagoma dell'edificio – si palesavano del tutto irrilevanti, atteso che ciò che effettivamente rilevava ai fini dell'acclarata necessità del richiesto titolo edilizio era il fatto di aver posto in essere una copertura che consentiva un utilizzo non precario ovvero permanente e non stagionale dello spazio chiuso così realizzato, avente un proprio ed autonomo impatto volumetrico.
Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso e con compensazione delle spese di lite.
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