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Patrocinio a spese dello Stato nella mediazione obbligatoria con esito positivo

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 Con sentenza n.10/2022 del 20 gennaio 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale degli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, t.u. spese di giustizia, nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile anche all'attività difensiva svolta nell'ambito dei procedimenti di mediazione di cui all'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo, nonché del successivo art. 83, comma 2, del medesimo testo unico sulle spese di giustizia, nella parte in cui non prevede che, in tali ipotesi, alla liquidazione in favore del difensore provveda l'autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia" (fonte https://www.cortecostituzionale.it/).

Vediamo la questione sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale.

I fatti di causa.

Nell'ambito di due distinti procedimenti, i difensori di parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato, hanno presentato istanza di liquidazione del compenso, per aver svolto, per conto dei propri assistiti, attività di mediazione, nell'ambito della quale le parti hanno raggiunto un accordo bonario, cui non è seguita l'instaurazione del processo.

I tribunali aditi hanno rilevato che l'accoglimento dell'istanza di liquidazione sarebbe precluso dalle seguenti norme:

  • l'art. 74, comma 2, D.P.R. n. 115/2002 (Testo unico sulle di spese di giustizia), il quale nel prevedere che sia «assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate», non prevede che il patrocinio a spese dello Stato in favore dei non abbienti sia assicurato anche in relazione all'attività difensiva svolta nell'ambito della mediazione obbligatoria di cui all'art. 5, comma 1-bis, D.lgs. n. 28/2010;
  • l'art. 83, comma 2 D.P.R. n. 115/2002 , che nel disporre che la liquidazione del compenso spettante al difensore «è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all'atto della cessazione dell'incarico, dall'autorità giudiziaria che ha proceduto», non prevede che alla liquidazione del compenso spettante al difensore in caso di mediazione provveda il giudice che sarebbe stato competente a conoscere della causa.

Conseguentemente, i giudici a quo, hanno sollevato la questione costituzionale relativa ai succitati articoli: 1) in riferimento agli artt. 3 e 24, comma 3 Costituzione, in quanto, nonostante il procedimento di mediazione sia imposto in determinate materie, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, viene poi escluso dalla sfera di applicabilità del patrocinio a spese dello Stato; 2) in riferimento al canone della ragionevolezza, in quanto ammettere l'accesso al patrocinio a spese dello Stato solo in caso di esito infruttuoso della mediazione obbligatoria, con la conseguente introduzione del processo, lederebbe la finalità deflattiva della procedura di mediazione e comporterebbe un aggravio degli oneri a carico dello Stato.

Così la questione è giunta al vaglio della Corte Costituzionale, la quale ritenendo sovrapponibili le argomentazioni sulle quali si basano le ordinanze di rimessione, ha riunito i ricorsi.

La decisione della Corte Costituzionale.

Per quanto riguarda il canone della ragionevolezza, la Suprema Corte ha evidenziato che la mediazione è riconducibile ad una forma di giurisdizione condizionata avente finalità deflattive.

Ne discende che sarebbe irragionevole escludere l'accesso al patrocinio a spese dello Stato proprio quando la mediazione, anche grazie all'impegno dei difensori, si sia conclusa con successo evitando la proposizione giudiziale della domanda e realizzando, in definitiva, lo scopo deflattivo voluto dal legislatore.

 La Consulta costituzionale ha tra l'altro rilevato come un'esclusione di tal genere potrebbe disincentivare il raggiungimento dell'accordo, con la tendenza ad adire comunque il giudice, al solo fine di ottenere le relative spese difensive. Ne conseguirebbe un'evidente lesione non solo della funzione della mediazione, della quale sarebbero vanificate le finalità deflattive, ma anche della funzione giurisdizionale che verrebbe strumentalizzata per obiettivi diversi dallo ius dicere.

Per quanto riguarda il contrasto con gli artt. 3 comma 2 e 24, comma 3 Cost. la Corte costituzionale ha ricordato che l'art. 24 comma 3 Cost. assicurando "ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione" mira a garantire a coloro che non sono in grado di sopportare il costo di un processo, l'effettività del diritto ad agire e a difendersi, che lo stesso art.24 Cost. al comma 2 definisce quale diritto inviolabile. Questo diritto rientra nella tutela di cui all'art.3 comma 2 Cost. che attribuisce alla Repubblica il compito di predisporre i mezzi necessari per rimuovere gli ostacoli di ordine economico che impediscono di fatto il pieno sviluppo della persona umana e, nella specie, gli ostacoli che impediscono di fatto di compensare il difensore.

Inoltre, privare i non abbienti del patrocinio a spese dello Stato può comportare varie conseguenze, quali: 1) precludere loro la possibilità della difesa tecnica in un procedimento che in determinate materie è direttamente imposto dalla legge e rientra nell'esercizio della funzione giudiziaria giacché condiziona l'esercizio del diritto di azione; 2) esporli al grave rischio di improcedibilità della domanda, qualora l'assistenza tecnica sia ritenuta non solo possibile ma anche obbligatoria dal giudice.

Alla luce di queste considerazioni, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1 e dell'art. 83, comma 2, t.u. spese di giustizia, ferma restando la facoltà del legislatore di valutare, nella sua discrezionalità l'opportunità di introdurre, nel rispetto dei suddetti principi costituzionali, una più compiuta e specifica disciplina della fattispecie.

 

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