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Con la recente sentenza n. 11161 dello scorso 13 marzo, la VI sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna per un uomo che – obbligato al versamento dell'assegno di mantenimento – ometteva di contribuire al sostentamento della moglie e dei figli, giustificando tale scelta in virtù del fatto che questi ultimi, ricevendo i proventi dal nonno materno, non versassero in condizione di indigenza.
Si è difatti statuito che lo stato di bisogno di un figlio minorenne è presunto dalla legge e non è vanificato o eliso dal fatto che alla erogazione dei mezzi di sussistenza provveda comunque l'altro genitore, perché persiste l'obbligo del genitore di provvedere al mantenimento dei figli minorenni; né lo stato di bisogno e l'obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minorenni vengono meno se i figli sono assistiti economicamente da terzi, anche con eventuali elargizioni dalla pubblicaassistenza.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un uomo, accusato del reato di cui all'art. 570 c.p. per non avere versato l'assegno di mantenimento fissato dal Giudice civile, in sede di separazione coniugale, in favore della moglie e dei figli minorenni, dei quali si disinteressava e ai quali faceva mancare i mezzi di sussistenza.
Per tali fatti, sia il Tribunale che la Corte di Appello di Napoli avevano condannato l'uomo alla pena di legge, per avere omesso di versare le somme stabilite dal giudice in favore dei soggetti sopramenzionati.
L'uomo proponeva ricorso per Cassazione, chiedendo l'annullamento della sentenza per violazione di legge penale e vizio di motivazione.
Il ricorrente deduceva l'insussistenza dei presupposti normativi per l'integrazione del reato, evidenziando come né l'ex moglie né i figli si fossero mai trovati in uno stato di indigenza, posto che i nonni materni avevano sempre provveduto al loro sostentamento.
Sotto altro aspetto, l'uomo sottolineava la sua mancanza di colpa nella vicenda, essendo stato impossibilitato, per l'assenza di una stabile attività lavorativa, di fornire alle persone offese i mezzi di sussistenza fissati dal giudice civile.
La Cassazione non condivide le tesi difensive dell'imputato.
In punto di diritto gli Ermellini premettono che nella nozione penalistica di mezzi di sussistenza richiamata dall'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, sono compresi, nella attuale dinamica evolutiva degli assetti e delle abitudini di vita familiare e sociale, non soltanto i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l'alloggio), ma anche gli altri strumenti che consentano di soddisfare altre complementari esigenze della vita quotidiana (come, ad es., l'abbigliamento, i libri di istruzione per i figli minori, i mezzi di trasporto e di comunicazione).
Ciò premesso, si specifica che lo stato di bisogno di un figlio minorenne è presunto dalla legge e non è vanificato o eliso dal fatto che alla erogazione dei mezzi di sussistenza provveda comunque l'altro genitore, perché persiste l'obbligo del genitore di provvedere al mantenimento dei figli minorenni; né lo stato di bisogno e l'obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minorenni vengono meno se i figli sono assistiti economicamente da terzi, anche con eventuali elargizioni dalla pubblica assistenza.
Per escludere la responsabilità penale, è indispensabile che l'impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art 570 c.p. sia assoluta, estrinsecandosi in una situazione di persistente, oggettiva, incolpevole indisponibilità di introiti: sotto tale aspetto, l'imputato ha l'onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi la sua impossibilità di adempiere alla obbligazione, essendo di contro insufficiente la mera allegazione di difficoltà generiche o la dimostrazione di una temporanea flessione degli introiti economici.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione evidenzia come il ricorrente non ha in alcun modo provato le difficoltà economiche, essendo del tutto insufficiente il mero riferimento alla messa in liquidazione della società presso la quale lavorava; sotto altro aspetto, nonostante lo stato di inoccupazione, nondimeno l'imputato ha iniziato una nuova relazione dopo la quale ha avuto due figli ai quali non ha mai fatto mancare i mezzi di sussistenza.
Alla luce di tutti questi motivi, non sussistono ragioni per non confermare la sentenza di condanna posta l'irrilevanza sia del contributo fornito dai nonni sia dello stato di disoccupazione dell'obbligato.
In virtù di tanto, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
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