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Non corrisponde un obbligo dei nonni verso i nipoti al mancato mantenimento dei genitori

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Quello del mantenimento della prole è fuor di dubbio uno degli argomenti più delicati quando si tratta di apprestare una giusta tutela e cura per i minori. Inesorabilmente lo "spoglio" del mantenimento da parte di chi dovrebbe essere obbligato in prima battuta crea la difficoltà di approntare, senza soluzione di continuità, la tutela stessa del minore. Su questo punto il Tribunale di Bari statuisce con la sentenza n. 1556/2019 che l'obbligo al mantenimento spetta in primo luogo ai genitori: ciò si traduce nel senso che se uno dei due non ottempera a tale obbligo dovrà essere l'altro a provvedere al mantenimento del minore con tutte le proprie risorse. Resta fermo che non si può far leva sugli ascendenti ai fini di una coercibilità di tale obbligo in quanto occorrerà dapprima procedere contro il primo obbligato, ossia l'altro genitore: in buona sostanza l'obbligo al mantenimento che ricade sui nonni ha una valenza solo suppletiva nel senso che il loro intervento ha ragion d'essere solo qualora il genitore medesimo non sia in grado, a causa della scarsità delle proprie sostanze, a far fronte all'obbligazione.  

Era infatti accaduto che un nonno paterno aveva adito il tribunale affinché fosse disconosciuto l'obbligo al mantenimento verso la minore. Lamentava difatti l'ascendente la propria incapacità patrimoniale in relazione a tale obbligo: le proprie risorse erano già difatti insufficienti al sostentamento della propria famiglia in quanto la moglie era disoccupata e lui doveva inoltre mantenere l'altro figlio che studiava lontano da casa. In realtà-asseriva il nonno- l'altro figlio (padre della bambina) era obbligato per primo al mantenimento della nipote in forza di un provvedimento dello stesso tribunale. La sua "chiamata" all'obbligazione era difatti meramente dovuta alla circostanza che il figlio non si attenesse a quanto giudizialmente prescrittogli. Aggiungeva inoltre che l'ex nuora avesse da sé le sostanze sufficienti a garantire il mantenimento della figlia in quanto la stessa disponeva di un reddito da lavoratrice dipendente, di una casa di proprietà dei genitori, aveva un compagno convivente ed altri due figli. La madre di contro ribadiva che l'ex marito non solo non si era attenuto ai propri obblighi ma era stato anche condannato penalmente per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Ribadiva inoltre che la stessa aveva subito un licenziamento ed ora lavorava con uno stipendio di € 750,00.  

Il Tribunale riconosce le ragioni del nonno appellandosi in prima battuta all'art. 316 bis c.c. in forza del quale l'obbligo al mantenimento da parte degli ascendenti si palesa come sussidiario qualora si accerti il difetto dei mezzi di sostentamento dei genitori obbligati in primis. Nell'accogliere dunque le istanze dell'opponente si richiama anche l'assunto della Suprema Corte: l'obbligo al mantenimento ex art. 148 c.c. spetta "primariamente ed integralmente" ai genitori e dunque qualora uno dei due venga meno all'obbligazione medesima, sia volontariamente sia per difetto di sostanze, l'altro genitore è tenuto a provvedere col complesso dei propri mezzi ovverossia con le proprie sostanze patrimoniali e con la propria capacità lavorativa. Ciò non toglie, ad avviso della Suprema Corte, che si possa agire giudizialmente avverso l'inadempiente per rendere coercibile l'obbligo suddetto in proporzione alle sostanze e alle capacità di quest'ultimo. Da tutto ciò discende che l'intervento dei nonni, in quanto sussidiario, non può essere giustificato dalla mancata ottemperanza dell'obbligo da parte di uno dei genitori ma solo alla dimostrazione dell'insufficienza dei mezzi di sostentamento dei genitori medesimi. Nel caso di specie è mancata proprio tale prova.  

 

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