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Prestazioni assistenziali, come si calcola il valore della causa ? Decisione chiarificatrice della SC

Sull´argomento, di grandissimo interesse pratico, si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza n. 18412 del 2016 depositata in data 20 settembre.
La questione 
Nel caso sottoposto all´attenzione del Supremo Collegio, parte ricorrente censurava la sola statuizione di condanna alle spese di lite pronunziata dalla Corte d´appello di Cagliari, nei confronti del Ministero dell´Economia e delle Finanze, all´esito del giudizio conclusosi con la conferma del riconoscimento in suo favore del diritto al conseguimento dell´assegno di assistenza, dopo che in precedenza le era stata revocata la pensione di invalidità, e della condanna dell´Inps al pagamento dei ratei scaduti.
In pratica la ricorrente censurava il criterio di liquidazione delle spese di causa adottato dalla Corte di merito, la quale aveva ritenuto che lo scaglione tariffario di riferimento doveva essere quello compreso fino a 25.900,00 Euro, trattandosi di prestazione che partecipava della stessa natura di quella alimentare. 
Al contrario, la ricorrente riteneva che andasse applicato il diverso criterio di cui all´art. 13, comma 2, cod. proc. civ., essendo la prestazione in esame assimilabile ad una rendita vitalizia, per cui il valore della causa avrebbe dovuto essere determinato cumulando le annualità richieste fine ad un massimo di dieci.
Veniva quindi affidata a queste ragioni il ricorso in Cassazione proposto dalla ricorrente.
La soluzione
Gli Ermellini hanno ritenuto che non potesse essere applicato al caso in esame il principio in base al quale il valore di una causa in tema di pensione di invalidità, ai fini del computo dei diritti e degli onorari spettanti al difensore, debba essere determinato alla stregua del criterio dettato dal secondo comma della stessa norma di rito, vale a dire quello concernente le rendite temporanee o vitalizie sino ad un massimo di dieci annualità.
In tal senso, il Supremo Collegio, dirimendo il contrasto registrato nella materia in esame, aveva già espressamente statuito che "le prestazioni di assistenza sociale hanno natura alimentare, in quanto fondate esclusivamente sullo stato di bisogno del beneficiario, a differenza delle prestazioni previdenziali, che presuppongono un rapporto assicurativo e hanno più ampia funzione di tutela. Pertanto, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali, il valore della causa ai fini della liquidazione delle spese di giudizio si stabilisce con il criterio previsto dall´art. 13, primo comma, cod. proc. civ. per le cause relative alle prestazioni alimentari, sicché, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all´ammontare delle somme dovute per due anni".
Nella sentenza suddetta dirimente tale contrasto, si era evidenziato che l´art. 38 Cost., comma 1, della Costituzione sancisce il "diritto al mantenimento e all´assistenza sociale" del "cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari" ed il comma 2 stabilisce che "i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria", secondo un elenco non tassativo di eventi, tutti peraltro riferibili in senso lato alla categoria degli "ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l´eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana" di cui all´art. 3 Cost., comma 2. Tra i diritti, poi, all´art. 38, comma 3, vengono sanciti quelli degli invalidi e dei minorati all´istruzione e alla formazione professionale. Dalla norma costituzionale discende, quindi, una tutela effettiva, costituzionalmente vincolata, del diritto alla previdenza, considerato alla stregua di un diritto fondamentale, imprescrittibile e irrinunciabile, tanto che la Corte Costituzionale, in molteplici pronunce, ha sancito l´irripetibilità, l´imprescrittibilità, l´indisponibilità e, infine, la parziale impignorabilità della prestazione .
In definitiva mentre l´art. 38 Cost., comma 1, garantisce "ai cittadini inabili e bisognosi il minimo esistenziale necessario per vivere", il comma 2 garantisce ai lavoratori "non soltanto la soddisfazione dei bisogni alimentari di pura sussistenza materiale, bensì anche il soddisfacimento di ulteriori esigenze relative al tenore di vita" "consentito da un pregresso reddito di lavoro, per cui solo per queste ultime è possibile far capo al parametro dell´art. 36 Cost., comma 1". A ben vedere, quindi, soltanto le prime hanno totalmente e propriamente una natura alimentare, di guisa che alle stesse non può di certo disconoscersi la piena assimilabilità alle prestazioni alimentari al fine, che qui interessa, della scelta del criterio per la determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese. Viceversa tale piena assimilabilità non può essere riconosciuta alle prestazioni previdenziali, pur obbligatorie, le quali, seppure certamente partecipino in parte di una natura alimentare, sono però strutturate e parametrate in funzione diversa e più ampia.
 La Suprema Corte, alla luce di quanto detto, ha rigettato il ricorso ritenendo corretto quanto statuito nel precedente grado di giudizio.
Sentenza allegata

 

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