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Mirabello, il caso è chiuso: troppo "nonni" per essere buoni genitori, ma dopo i 70 si può essere buoni giudici?

La Corte d´Appello di Torino ha quindi confermato lo stato di adottabilità della bambina che era stata allontanata dalla coppia di "genitori-nonni" di Mirabello, nei pressi di Casale Monferrato a pochi mesi dalla nascita. I giudici hanno infatti respinto il ricorso presentato dalla coppia.
Una vicenda giudiziaria lunghissima e contorta, che è opportuno riepilogare in sintesi estrema.
La piccola era stata sottratta ai suoi genitori, la coppia in questione, a causa di una mera denuncia di abbandono, ed ai genitori è stato permesso soltanto di frequentarla di per i suoi primi tre anni di vita.
Nel 2013 la bimba è adottata da altra coppia, ma nel mese di giugno del 2016 l´avv. Adriana Boscagli notifica un ricorso straordinario di revocazione, dimostrando alla Suprema Corte che l´abbandono di minore dalla denuncia del quale tutto era partito in realtà non si era mai verificato. Tanto che il papà della bimba, tratto a giudizio (penale) per tale reato, era assolto in tutti i tre gradi di giudizio: l´abbandono non esiste, mai è esistito!
La bimba era stata lasciata in auto per sette minuti, il tempo di preparare il biberon, ma era stata di continuo controllata fino ed oltre quella telefonata dei vicini alla polizia.
La Corte di Cassazione accoglie e rinvia tutto alla Corte territoriale: riformulazione del tutto sulla base dei principi contenuti in sentenza. Poi la sentenza della Corte torinese del 13 marzo con l´Italia intera basita.
La Corte infatti non sembra essersi adeguata ai principi dichiarati dalla SC ma alle tesi del procuratore speciale della bambina, dirette ad una decisione di affidamento definitivo alla famiglia adottiva.
Un elemento concorrente, se non determinante, nella pronuncia della Corte, una parte dell´iter motivazionale, consisterebbe nell´età dei due, (75 anni lui, 63 lei). Un elemento sorprendente, in quanto l´ordinamento non contempla limiti di età nel generare nè patenti nel giudizio circa l´essere genitori idonei, circa una "idoneità genitoriale".
Sul punto, pubblichiamo le dichiarazioni di Catia Pichierri, responsabile nazionale dell´ufficio legislativo e legale dell´Associazione Rete Sociale, che si occupa della tutela legale delle famiglie fragili, raccolte e pubblicate su "Dire" da Rachele Bombace, ma non prima di esserci posti una semplice domanda, da cittadini prima ancora che da giuristi ed avvocati.
La Corte territoriale ha ritenuto, quale elemento concorrente, una sorta di "inidoneità genitoriale" di una coppia di 75 e 63 anni.
È possibile che, fisicamente ed intellettualmente, le risorse di questa coppia non siano equiparabili a quelle di quarantenni, anche di cinquantenni.
Possibile, quindi, che questo giudizio abbia pesato, considerata la delicatezza della funzione genitoriale.
Ma ci chiediamo: e i giudici?
Esiste una plausibile ragione per cui a questa età non si può essere genitori ma si può esercitare la giustizia, dipanare casi di enorme complessità psichica, umana e relazionale? Una spiegazione logica della ragione alla cui stregua quella presunta quanto indimostrata "inidoneità genitoriale" non debba essere declinabile, nel caso specifico, come "inidoneità giudicante" da parte di chi ha varcato la stessa soglia anagrafica?
Cosa pensano quei magistrati della Corte torinese della circostanza che dopo la Legge 11 agosto 2014 n. 114 (con cui si era deciso di abbassare l´età massima per il trattenimento in servizio delle toghe da 75 a 70 anni) buona parte della magistratura ha pressato il Governo perchè si accordasse una ulteriore deroga, che adesso riguarda, in regime transitorio, i magistrati con funzioni apicali presso la Cassazione e la Procura Generale, quelli chiamati a chiudere il cerchio su vicende umane complesse e difficili, a dividere e unire, a congiungere e ad allontanare, fino a privare della libertà uomini e donne?
E loro, i giudici della Corte torinese, fino a quale età su riterranno "idonei" alle funzioni giudicanti?
Domande provocatorie, certo, ma domande che si sta ponendo buona parte del paese, che non considera emessa in proprio nome questa sentenza. Perchè non è l´età anagrafica che "fa" i buoni genitori, nè i buoni insegnanti (altrumenti mandateli tutti in pensione a 63 anni) nè i buoni giudici. Molti di loro li abbiamo conosciuti, a 70 e più anni, ad amministrare la giustizia con una lucidità e passione di uditori; altri, una parte riteniamo minoritaria, inidonei con molti anni in meno.
"Questa sentenza è l´emblema del pregiudizio su cui si fondano moltissime sentenze dei nostri giudici, ossia quello d´inadeguatezza genitoriale. Nel caso di specie, infatti, sia il Tribunale per i Minorenni che la Corte d´Appello di Torino, dimostrano di giudicare sulla base di un mero pregiudizio: il fatto che non si può essere bravi genitori oltre ad una certa età. Pregiudizio questo, riguardante l´età, che non trova alcun appiglio della legge e la prova arriva, infatti, dalla sentenza della Cassazione che aveva accolto il ricorso straordinario dei genitori, sancendo che non c´è limite di età per essere bravi genitori." A dirlo è Catia Pichierri, responsabile nazionale dell´ufficio legislativo e legale dell´Associazione Rete Sociale, che si occupa della tutela legale delle famiglie fragili, commentando la conferma da parte della Corte d´Appello di Torino dello stato di adottabilità della bambina nata nel 2010 da genitori adesso ultrasessantenni, e allontanata dopo poco perché accusati di abbandono.
"Ecco quindi una discrasia assurda tra quei tribunali che riconoscono l´adottabilità dei minori da parte persino di coppie omosessuali, fregiandosi di essere all´avanguardia, e questo caso". L´avvocato ricorda che "la prima sentenza in Italia del Tribunale per i Minorenni di Roma, pronunciata dalla dottoressa Cavallo nel 2010, riconobbe l´adottabilità di un minore a una coppia omosessuale che aveva fatto ricorso alla fecondazione eterologa. Allora si trattava di due donne. Nel caso di oggi invece, la coppia eterosessuale che ha fatto riferimento alle stessa modalità di procreazione, presenta quale unica differenza l´età dei genitori.".
Pichierri prosegue: "Mentre la Cassazione si dimostra sempre più rispettosa della legalità e si dimostra illuminata ed emette delle sentenze che possono trovare la condivisione degli italiani, la Corte d´appello di Torino appare trincerata a dei preconcetti: il fatto di aver lasciato 7 minuti in auto la bambina (cosa che poi fu provata non aver arrecato alcun rischio) è solo un pretesto per allontanare la piccola dai genitori. Purtroppo le prassi generali sono queste- evidenzia la responsabile legale di Rete Sociale-: si raccolgono pretesti funzionali ad allontanare i minori, per poi scegliere qual è il genitore ´migliore´. In questo modo la Magistratura entra nella vita delle persone, nelle scelte discrezionali e quindi nelle libertà individuali garantite dalla Costituzione, incidendo sulle stesse negativamente. È una sorta di dittatura- chiosa Pichierri- un abuso di Stato".
Rispetto all´utilizzo del "concetto di ´inadeguatezza genitoriale´ al fine di allontanare i bambini dalle proprie famiglie di origine, l´Istituto degli Innocenti fu incaricato dal governo già nel 2010 per realizzare un censimento delle cause degli allontanamenti. I motivi principali più ricorrenti che furono evidenziati erano- elenca Pichierri- il 37% dei bambini è stato allontanato per inadeguatezza genitoriale; il 9% per problemi di dipendenza di uno o entrambi i genitori; l´8% per problemi di relazioni nella famiglia; il 7% per maltrattamenti e incuria; il 6% per problemi sanitari di uno o entrambi i genitori. Quel 37% di casi di allontanamento- chiosa l´esperta- è evidentemente legato al ´pre´giudizio di inadeguatezza genitoriale. Concetto quest´ultimo non esistente nel mondo giuridico e nella legge ma solo nella ´mente´ di parte della magistratura e che si presta a una valutazione discrezionale, nonché arbitraria della Magistratura".
Si tratta, secondo l´esponente di Rete Sociale di un "problema che nasce anche a causa di una normativa codicistica che disciplina la materia dell´affidamento eterofamiliare, anteriore alla nostra Carta Costituzionale. Molto spesso i diritti costituzionalmente garantiti, quali quello del minore di crescere e vivere nella propria famiglia di origine e quello corrispondente del genitore, vengono violati di norme generiche ed anteriori alla Carta Costituzionale. In particolare trattasi degli artt. 330 e 333 del Codice Civile- spiega l´esperta-, che legittimano di fatto la più ampia discrezionalità del giudice: il giudice può assumere i provvedimenti ritenuti più opportuni- conclude- e la valutazione di opportunità è evidentemente rientrante nella sfera di apprezzamento del singolo individuo".

 

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