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Minori, SC: “Va negato l’affidamento al padre spacciatore privo di progettualità genitoriale”

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 Con la pronuncia n. 17107 dello scorso 26 giugno, la I sezione civile della Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull'opportunità di affidare un minore al padre dedito alla commissione di reati e allo spaccio di droga, ha disposto l'adottabilità del bambino in quanto, pur essendo indiscusso il legame affettivo tra padre e figlio, era emersa la totale incapacità del genitore di farsi carico delle esigenze di cura ed educazione del minore.

Si è difatti statuito che il giudice di merito, nell'accertamento finalizzato ad escludere lo stato di abbandono del minore, deve muovere dalla riscontrata capacità dei genitori di accudire e prendersi cura del figlio o di recuperare siffatte competenze, in un rapporto di collaborazione con i Servizi Sociali, entro tempi compatibili con la necessità del minore di uno stabile contesto familiare; in particolare, è essenziale riscontrare una marcata progettualità genitoriale finalizzata al rientro del minore in famiglia senza, per contro, che il mero positivo riscontro di relazioni affettive tra genitore e figlio possa supplire alla riscontrata incapacità o ad un suo recupero nei termini anzidetti.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dal ricorso avanzato dal tutore di un minore con il quale chiedeva al Tribunale di Minorenni di dichiarare l'adottabilità del bambino, stante le totali carenze educative ed affettive della famiglia.

In particolare, il piccolo era stato affidato al padre, con precedenti penali per reati commessi con violenza; l'uomo - nonostante i ritardi nel linguaggio del figlio e le difficoltà di socializzazione – né lo aveva fatto seguire da esperti né si era presentato agli incontri fissati dai Servizi Sociali; per tutto il periodo di affidamento del figlio, non aveva mai cessato di spacciare erba e, anzi, veniva tratto in arresto dopo essere stato intercettato di notte in auto da una pattuglia dei carabinieri ed essere scappato con il bambino a bordo sotto gli spari delle forze dell'ordine.

Alla luce di tanto, il Tribunale per i Minorenni di Torino pronunciava la dichiarazione di adottabilità del bambino, facendo proprie le risultanze dell'espletata ctu, dalla quale emergeva la totale assenza di una progettualità genitoriale.

La Corte di appello di Torino, Sezione per i minorenni – in accoglimento dell'appello proposto dal padre, che aveva richiesto l'inserimento del figlio presso la famiglia affidataria e, in tale contesto, la ricostituzione del rapporto padre-figlio con modi e tempi stabiliti dai servizi sociali – revocava la dichiarazione di adottabilità e, per l'effetto, disponeva la permanenza del minore presso la famiglia affidataria per un tempo sufficiente a consentire il graduale ricostruirsi del rapporto padre-figlio.

In particolare i giudici di appello, stravolgendo totalmente le risultanze della ctu, evidenziavano come i ritardi nel linguaggio e le difficoltà di socializzazione non erano dovute alla mancanza di cure parentali, ma a disturbi dell'apprendimento; analogamente si collegavano i vissuti depressivi del bambino, non alla situazione di profondo disagio ed alla mancanza di cure primarie avuti nel periodo che aveva preceduto l'allontanamento del padre, ma all'interruzione repentina dei rapporti con il medesimo genitore.

Ricorrendo in Cassazione, il tutore provvisorio del minore censurava la decisione impugnata per falsa applicazione delle norme sui presupposti integrativi dello stato di abbandono del minore e sui conseguenti termini di accertamento dello stato di sua adottabilità.

In particolare il ricorrente – oltre a dolersi per la mancata audizione della famiglia affidataria – eccepiva come i giudici di appello avessero proceduto ad una autonoma ed errata reinterpretazione delle conclusioni peritali, attribuendo al padre capacità genitoriali superiori a quelle che il medesimo erano state riconosciute e ritenendo esistente un legame affettivo, così privilegiando siffatto aspetto sulle, ampiamente provate, carenze genitoriali. 

La Cassazione condivide le tesi difensive del tutore.

In punto di diritto nella materia dello stato di abbandono di un minore e della conseguente sua adottabilità, l'art. 1 della legge 184 del 1983 attribuisce un carattere prioritario al diritto del minore di crescere nell'ambito della propria famiglia d'origine, considerandola l'ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico; a tal fine, si mira a garantire tale diritto attraverso la predisposizione di interventi diretti a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare.

La giurisprudenza di legittimità, in adesione a quella di Strasburgo, ha evidenziato come il giudice di merito, nell'accertamento finalizzato ad escludere lo stato di abbandono del minore, deve muovere dalla riscontrata capacità dei genitori di accudire e prendersi cura del figlio o di recuperare siffatte competenze, in un rapporto di collaborazione con i Servizi Sociali, entro tempi compatibili con la necessità del minore di uno stabile contesto familiare; in particolare, è essenziale riscontrare una marcata progettualità genitoriale finalizzata al rientro del minore in famiglia senza, per contro, che il mero positivo riscontro di relazioni affettive tra genitore e figlio possa supplire alla riscontrata incapacità o ad un suo recupero nei termini anzidetti.

Nel procedimento diretto all'accertamento dello stato di abbandono del minore e della sua adottabilità, al fine di definire l'adeguatezza dei genitori ai compiti educativi e di assistenza loro propri, indubbio rilievo rivestono le risultanze della consulenza tecnica di ufficio, anche nel caso in cui le conclusioni della c.t.u. – al fine di favorire la crescita piena ed equilibrata del minore – siano nel senso della limitazione del diritto del minore a vivere nella famiglia di origine.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione evidenzia come la sentenza impugnata ha totalmente obliterato i passaggi della disposta c.t.u. diretti ad evidenziare, pur nel legame affettivo tra padre e figlio, l'incapacità del genitore di farsi carico delle esigenze di cura ed educazione del minore.

In particolare, non si sono considerati i trascorsi di vita del padre, anche penalmente rilevanti e che non erano mutati neanche nel periodo durante il quale si occupava del minore, così arrivando a mettere a repentaglio sua la sicurezza ed incolumità; la Corte di merito non ha tenuto conto, inoltre, neanche della mancata collaborazione con i Servizi Sociali, indice ulteriore della totale mancanza di una progettualità genitoriale.

Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia dinanzi alla Corte di appello di Torino, Sezione per in Minorenni, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. 

 

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