Se questo sito ti piace, puoi dircelo così
Con ordinanza n.25851 dell'1/09/2022 la Corte di Cassazione sezione lavoro, ha affrontato la questione relativa alla ricorribilità per cassazione per violazione di legge di norma di un atto amministrativo privo di funzione normativa qualora il vizio denunciato non sia diretto alla verifica dei vizi di motivazione e alla violazione delle regole di ermeneutica contrattuale in quanto analogicamente applicabili.
(fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).
Analizziamo i presupposti logico-giuridici che hanno determinato la decisione dei giudici di legittimità.
I fatti di causa
Il Ministero si è opposto al decreto ingiuntivo proposto dal medico finalizzato all'ottenimento del pagamento degli onorari relativi alle prestazioni eseguite.
A seguito di rigetto dell'opposizione, il Ministero ha proposto gravame dinanzi alla Corte d'Appello, la quale l'ha respinto, confermando la sentenza di primo grado, in quanto il Ministero ha contestato solo genericamente l'esecuzione delle prestazioni da parte del medico ed ha negato il diritto dello stesso ai compensi a causa dell'invio con notevole e ingiustificato ritardo delle distinte mensili di cui all'art.9 comma 4 D.M. n.399/2003 a norma del quale "Ai fini della liquidazione degli onorari, entro il 15 di ciascun mese i medici devono, di norma, inviare all'ufficio SASN di competenza, direttamente o tramite le strutture periferiche, laddove esistono, la distinta mensile delle prestazioni erogate nel mese precedente, redatta secondo le istruzioni impartite dall'ufficio SASN.".
In particolare la corte territoriale ha rilevato che il termine previsto dal citato art.9 non ha carattere perentorio, mancando una statuizione in tal senso e che l'inosservanza del termine di invio delle distinte, ove anche considerato essenziale, non possa essere sanzionata con la perdita del compenso.
Avverso tale sentenza il Ministero ha proposto ricorso per cassazione lamentando
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema corte ha rilevato che il vizio di violazione di legge denunciato in relazione al succitato art.9 comma 4 D.M. n.399/2003, riguarda la norma di un decreto ministeriale e quindi un atto amministrativo privo di funzione normativa, il quale risulta estraneo all'ambito di applicazione dell'art.360 n.3 c.p.c.
A questo proposito i giudici di legittimità hanno affermato che "il sindacato attribuito alla Corte di cassazione in tema di interpretazione di atti amministrativi adottati con decreto ministeriale, privi di funzione normativa, è limitato alla sola verifica dei denunciati vizi di motivazione (ora nei limiti di cui al novellato art.360 n.5 c.p.c.), e alla violazione delle regole di ermeneutica contrattuale in quanto analogicamente applicabili" (cfr. Cass. n. 25971/2017; Cass. n.28625/2020).
Nel caso di specie la Corte ha rilevato che il Ministero ha censurato l'interpretazione del decreto ministeriale, attività non sindacabile in sede di legittimità, in quanto riservata al giudice di merito.
Inoltre nel censurare la norma, il Ministero si è limitato a contrapporre la propria interpretazione delle disposizioni contenute nel citato decreto ministeriale a quella accolta nella sentenza impugnata senza indicare le regole di ermeneutica contrattuale violate (cfr. Cass. n.15350/2017; n.25728/2013; n.9054/2013; n.17168/2012) e senza trascrivere o allegare il decreto ministeriale al ricorso per cassazione.
Sul punto è costante l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale "la natura di atto amministrativo del D.M. (...) osta all'applicabilità del principio "iura novit curia", con la conseguenza che spetta alla parte interessata l'onere della relativa produzione, la quale non è suscettibile di equipollenti" (Cass. SSUU 9941/2009, Cass.15212/2017 richiamate)
In relazione al secondo motivo di ricorso, i giudici di legittimità ne hanno ritenuto l'inammissibilità in quanto fonda l'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art.1460 c.c. sul carattere essenziale del termine per l'invio delle distinte mensili, non accertato ed anzi smentito dalla sentenza impugnata.
Per le ragioni suesposte la Corte di cassazione sezione lavoro ha ritenuto il ricorso inammissibile ed ha condannato parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.
Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.
Il mio nome è Anna Sblendorio. Sono una persona curiosa e creativa e mi piace il contatto con la gente. Amo dipingere, ascoltare musica, andare a teatro, viaggiare e passare del tempo con la mia famiglia ed i miei amici. Nel 2008 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Bari "Aldo Moro" e successivamente ho conseguito l'abilitazione per l'esercizio della professione da avvocato. Nel corso degli anni ho collaborato con diversi centri di formazione occupandomi di tutoraggio in materie giuridiche e nel 2022 ho iniziato a collaborare con la testata giuridica online www.retidigiustizia.it.