Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro con la Sentenza n. 9899 del 2016 con la quale, nell´ipotesi di un dipendente "emarginato" rispetto al contesto lavorativo usuale, a causa di problemi legati a stato ansioso, condizione alla quale era seguito l´aggravamento della malattia determinata da crisi d´ansia dalla quale il dipendente era affetto, ha precisato il diritto al risarcimento del danno subito dal lavoratore.
Infatti la decisione di quest´ultimo di sospendere la terapia, di per sé dannosa, era in qualche modo causalmente riconducibile proprio a quello stato psichico reso ancora più incerto dall´illegittimo comportamento datoriale.
Tutto ciò ha condotto i Giudici della Suprema Corte a confermare il «risarcimento» a favore del lavoratore per il «danno biologico» subito a causa dell´isolamento a cui è stato sottoposto in ufficio ancorando tale decisione alla condivisione delle risultanze peritali di seconde cure ed alla corretta applicazione del principio dell´equivalenza causale con riguardo alla riconducibilità dell´evento dannoso di cui trattasi alla situazione lavorativa del dipendente.
Il ricorso proposto dalla datrice di lavoro è stato pertanto rigettato.
Sentenza allegata
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