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Nel caso di dipendente assente per malattia deducibile da certificazione del tutto lacunosa e generica, non trova giustificazione l'irrogazione della sanzione della sospensione dal servizio se il datore di lavoro, sul quale incombe l'onere probatorio, non riesca a provare la contestata "simulazione".
Ciò è quanto emerge dalla lettura della recente Ordinanza n.10086 del 2018 con la quale i Supremi Giudici, Sezione Lavoro, confermando quanto deciso dai Giudici di merito, pur ritenendo censurabile il comportamento del dipendente, non lo ritengono tale da configurare un'ipotesi di "simulazione" di malattia con conseguenziale applicazione della sanzione della sospensione dal servizio.
Infatti, nel caso in esame la Corte di appello, confermando a sua volta la ricostruzione operata già dal giudice di "prime cure", ha, secondo gli Ermellini giustamente, escluso che la produzione di documentazione medica insufficiente ad attestare l'esistenza della malattia ( nel caso in esame il certificato si limitava ad attestare la presenza del dipendente presso un ambulatorio oculistico a causa di improvvisi disturbi visivi) fosse di per sé sufficiente a dimostrare la "simulazione" della malattia stessa.
Operando, infatti, un'accurata ricostruzione del "modus operandi" del dipendente la Corte Territoriale è pervenuta al convincimento, attentamente argomentato, condiviso dai Giudici di Piazza Cavour, che l'assenza in questione, rimasta ingiustificata per alcune ore di un solo giorno lavorativo, non potesse comunque rientrare nel noverodi quelle condotte sanzionabili con la sospensione previste dal CCNL di riferimento.
Infatti se per un verso è vero che il CCNL di categoria prevede delle precise tempistiche e specifiche modalità per la certificazione di malattia, è pur vero che nel caso in esame la condotta, seppure in "re ipsa" superficiale e censurabile, non possiede connotati tali da far configurare un vero e proprio "illecito disciplinare" .
Allo stesso modo viene condivisa dai Supremi Giudici anche l'argomentazione dei Giudici di merito relativa alla mancanza di recidiva essendo le condotte precedentemente poste in essere dal lavoratore e sanzionate dal datore di lavoro del tutto eterogene e quindi non idonee a far configurare alcuna ipotesi in tal senso.
In definitiva , secondo il Supremo Collegio, i Giudici di merito hanno operato una valutazione attenta e del tutto condivisibile dei fattiinterpretrando correttamente le disposizioni del CCNL di riferimento rilevanti per la definizione del caso in esame, con una precisa ricostruzione dei fatti insuscettibile di un nuovo e diverso esame davanti al Supremo Collegio.
Per le ragioni su esposte, il ricorso viene rigettato anche in Cassazione con spese a carico della ricorrente.
Si allega Ordinanza
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Mi chiamo Alessandra Garozzo. Sono un avvocato civilista. Mi ritengo una persona dinamica, diretta e combattiva, amo la lettura dei libri di ogni genere ed ascoltare musica d'autore. Un'altra mia passione sono gli animali ed in particolar modo i cani, infatti ne ho due che accudisco con grande amore.
Da qualche anno mi occupo anche di politica con forte senso di appartenenza al "gruppo" e responsabilità, con la profonda convinzione che noi stessi siamo gli artefici del nostro futuro amministrativo e politico e per questo abbiamo il diritto-dovere di mettere al servizio della nostra comunità le nostre capacità ed attitudini proprio per il bene collettivo. La mia più grande passione è sempre stata lo studio del diritto, infatti ho frequentato la facoltà di Giurisprudenza a Catania, facendo un percorso che mi ha entusiasmata dal primo all'ultimo giorno. Mi occupo, in particolare, di diritto del lavoro nella prospettiva della difesa della parte contrattualmente più debole e di relazioni sindacali. Un'altra branca del diritto che curo con grande interesse è il diritto di famiglia con una particolare attenzione alla tutela dei minori.