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La SC sul risarcimento del danno da insidia stradale, sub specie di macchia d’olio: il Comune deve risarcire se non prova il caso fortuito

CASS15

Una bella giornata di sole. Stai tranquillamente percorrendo una via cittadina a bordo del tuo motoveicolo ed all'improvviso… il disastro! Perdi il controllo del mezzo, sbandi e vai a sbattere contro un muro. Non appena ti riprendi e capisci di essere più o meno intero, ti chiedi: ma cosa è successo? Guardi sull'asfalto e lì si svela l'arcano: un'insidiosa macchia di olio. Ma ora chi mi risarcisce? Non certo l'assicurazione, visto che non si tratta di un "normale" sinistro. Ma allora chi? Forse il Comune che avrebbe dovuto mantenere la strada in uno stato manutentivo ottimale?

La risposta ci è data da una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. III, 15 marzo 2019, n. 7361) nella quale gli Ermellini, decidendo una fattispecie del tutto similare a quella appena prospettata, hanno affermato alcuni importanti principi in materia di risarcimento del danno da insidia stradale.

Il caso è il seguente. Tizio, a seguito di una rovinosa caduta su una strada cittadina di Roma cagionata da una macchia di olio presente sull'asfalto, citava in giudizio il Comune chiedendo il risarcimento dei danni subiti, sia alla persona, sia al proprio motoveicolo. Il Tribunale rigettava la domanda reputando non sussistenti gli estremi dell'art. 2043 c.c., - ai sensi del quale aveva qualificato la fattispecie - ed, in particolare, negando che, alla luce delle risultanze di causa, la macchia di olio potesse qualificarsi come insidia attribuibile alla colpa del Comune. Conseguentemente Tizio impugnava la sentenza nanti la Corte di Appello, la quale, pur collocando la fattispecie sotto l'alveo dell'art. 2051 c.c. (rectius, responsabilità da cose in custodia), confermava la sentenza del Tribunale: nello specifico, il Giudice del gravame aveva ritenuto provato il caso fortuito, in quanto dalle emergenze processuali non era risultato che la macchia di olio fosse lì da un tempo tale da poter imputare al Comune una responsabilità per non averla rimossa. Più nello specifico - ed è questo il punto fondamentale di censura della sentenza - la Corte di Appello era pervenuta alla conclusione che la macchia di olio fosse di recente formazione (e, dunque, un'insidia annoverabile nella categoria del caso fortuito) in assenza di qualsivoglia elemento, anche di natura presuntiva. Di conseguenza Tizio proponeva ricorso in Cassazione lamentando, per quanto qui rileva, una violazione dell'art. 2051 c.c. sotto il profilo dell'onus probandi. In particolare il ricorrente denunziava come il giudice territoriale avesse disatteso la regola probatoria sottesa alla norma in parola, la quale, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, imporrebbe al danneggiato di dimostrare unicamente il nesso causale tra la cosa ed il danno, gravando viceversa sul custode l'onere di provare il caso fortuito; onere che, nella specie, non era stato assolto dal Comune. Dal canto proprio l'ente eccepiva un difetto di dimostrazione, da parte del ricorrente, del nesso di causa con il danno; circostanza dalla quale sarebbe correttamente derivato l'esonero per il resistente dalla prova del caso fortuito. Ma gli Ermellini non sono dello stesso avviso e, nel rigettare la prospettazione difensiva del Comune, accolgono il ricorso del danneggiato. Queste le motivazioni addotte.

In primo luogo i Giudici della Suprema Corte individuano e confinano l'errore commesso dai colleghi del merito, rappresentato dal fatto che, una volta accertato il nesso di causalità tra la cosa ed il danno, essi abbiano bypassato la regola del riparto dell'onere probatorio posta dall'art. 2051 c.c. relativamente al caso fortuito. Come ricordato dai magistrati di Palazzo Cavour, la norma in parola delinea un'ipotesi di responsabilità sostanzialmente oggettiva che, in quanto tale, esula dalla colpa del custode. L'unico limite è rappresentato dal caso fortuito, ovvero da un fattore esterno, imprevedibile ed inevitabile, che incide in modo autonomo sul nesso eziologico e che rende ingovernabile quella cosa che, di regola, il custode deve (perché può) governare. Da ciò consegue che per il Comune la sola chance di andare esente da responsabilità sarebbe stata quella di comprovare l'estraneità del sinistro alla sua sfera, allegando elementi, anche di natura presuntiva, a supporto del caso fortuito. Nello specifico l'ente avrebbe dovuto fornire dimostrazione del fatto che la macchia di olio fosse di recente formazione e, quindi, non rimovibile in modo tempestivo. Ma così non è stato ed i Giudici del gravame, errando, hanno presunto l'esistenza di una siffatta allegazione, con ciò frustrando la portata della norma in materia di onere probatorio contenuta nell'art. 2051 c.c..

Riassumendo, dal tenore della sentenza in esame emerge chiaramente come la pubblica amministrazione vada esente da responsabilità tutte le volte in cui dimostri che l'evento sia stato determinato da cause esterne alla sua sfera, non conoscibili, né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione. Il che, tradotto nella pratica, significa che laddove si tratti di una macchia di olio fresca, lasciata di recente da un mezzo, l'automobilista non avrà possibilità di essere risarcito, né dall'ente, né dall'assicurazione. Ma attenzione: sarà il Comune a dover dimostrare che il liquido viscoso si trovasse sulla sede stradale da poco tempo prima dell'incidente; in difetto dovrà risarcire il danno.
Il consiglio: non dichiarate ai Vigili di essere scivolati su una chiazza di olio fresca perché rischiate di perdere la causa!

 

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