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La SC su abbandono del tetto coniugale: per l’addebito occorre provare il nesso tra violazione dell’obbligo di convivenza ed intollerabilità della coabitazione

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Dopo anni di matrimonio il coniuge se ne va di casa: non vuole più trascorrere nemmeno un minuto della sua vita al nostro fianco, né tanto meno condividere con noi lo stesso tetto. 

Lacrime, urla, disperazione ed alla fine ci rassegniamo: l'unica strada percorribile è quella della separazione; ovviamente - crediamo noi - una separazione con addebito. Purtroppo non è così semplice.

Con l'ordinanza in commento (ordinanza n. 11162 del 24 aprile 2019) la Suprema Corte di Cassazione coglie l'occasione per precisare come l'allontanamento del partner dalla casa familiare non sia ex se sufficiente per ottenere la declaratoria di una separazione con addebito.

Il caso. Nell'anno 1990 Tizia e Caio contraevano matrimonio. Dalla loro unione nascevano due figlie. Nell'aprile 2013 Tizia presentava ricorso nanti il Tribunale di Sassari esponendo che il rapporto con il di lei marito si era irrimediabilmente compromesso a causa di una relazione adulterina dallo stesso intrapresa con Sempronia e per la quale aveva altresì abbandonato la casa coniugale. La donna chiedeva, quindi, la separazione con addebito, l'affido condiviso della figlia minore, l'assegnazione della casa coniugale ed un assegno di mantenimento per sé (in quanto disoccupata) e per la prole. Dal canto proprio il marito, nulla opponendo alla separazione, sosteneva che la rottura del rapporto coniugale fosse dipesa dalle continue intromissioni della suocera nei rapporti familiari, di tal che si era visto costretto a lasciare la casa coniugale. 

Il Giudice di prime cure, pur ponendo a carico di Caio, rispettivamente, un assegno di mantenimento per la moglie di 150,00 € mensili ed un assegno di mantenimento per le figlie di 400,00 € mensili, rigettava la domanda di addebito promossa da Tizia. Sul punto il Tribunale di Sassari rilevava come, per giurisprudenza costante, la dichiarazione di addebito della separazione presupponga che chi la fa valere abbia l'onere di provare che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile alla allegata violazione ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità dell'ulteriore convivenza. Nella specie, ad avviso del Giudice di prime cure, Tizia non aveva fornito una siffatta prova, essendosi limitata a generiche deduzioni probatorie. 

La donna, ritenendo censurabile la decisione de qua, proponeva appello, contestando la mancata ammissione delle prove testimoniali richieste ed insistendo nella domanda di addebito in considerazione della relazione extraconiugale intrattenuta dal marito e dell'abbandono del domicilio coniugale. 

Il Giudice del gravame, nel rigettare l'impugnazione, osservava come, da un lato, le prove testimoniali articolate dall'appellante in primo grado non fossero state ammesse per la loro genericità e come, dall'altro lato, all'udienza di precisazione delle conclusioni non vi fosse stata alcuna istanza di revoca dell'ordinanza di rigetto, ma solo una generica richiesta di accoglimento delle conclusioni "assunte nei rispettivi atti". 

Non paga Tizia ricorreva in Cassazione lamentando, per quel che qui occorre, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio laddove, a suo dire, la Corte di Appello non aveva motivato sulla circostanza dell'abbandono del tetto coniugale quale causa di addebito della separazione.

Gli Ermellini, nel dichiarare inammissibile il motivo in esame, effettuano alcune importanti precisazioni in tema di allontanamento dalla casa familiare.

In primo luogo i Giudici di Palazzo Cavour escludono in radice che la decisione impugnata sia censurabile sotto il profilo della legittimità, in quanto - precisano - la Corte di Appello ha correttamente ritenuto che la mancata proposizione, da parte di Tizia, delle istanze istruttorie, oltre a costituire l'oggetto esclusivo del gravame, si riferisse alla domanda di addebito nel suo complesso, senza distinzione alcuna tra la deduzione di infedeltà coniugale e di abbandono del tetto coniugale: "si tratta - osservano gli Ermellini - di una valutazione logica che si giustifica con la interrelazione esistente fra i due comportamenti".

Fatta questa dirimente premessa, la Corte si sofferma comunque sull'istituto dell'abbandono del tetto coniugale, avendo cura di precisare che esso, per condurre ad una declaratoria di addebito della separazione, avrebbe dovuto essere provato, non solo nella sua concreta verificazione, ma soprattutto nella sua efficacia determinativa dell'intollerabilità della convivenza e della rottura dell'affectio coniugalis

La morale: nulla quaestio in ordine al fatto che, in assenza di giusta causa, l'allontanamento di uno dei coniugi dalla casa familiare costituisca violazione dell'obbligo di convivenza di cui all'art. 143, c. 2 c.c.; ma ciò non toglie che per far valere tale abbandono come circostanza idonea a fondare un addebito sia necessario provare il rapporto di causalità tra la violazione e l'intollerabilità della convivenza.

Quindi rassegnatevi: secondo la Suprema Corte di Cassazione il mero allontanamento dalla casa familiare non è sufficiente a crocifiggere il partner!

 

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