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La rimozione dello “status” di figlio naturale, antecedente giuridico rispetto al riconoscimento di altra paternità

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I Supremi Giudici di Cassazione , sezione VI Civile -1, con la recente ordinanza n. 17392 del 2018 si sono pronunciati sudetta importante problematica in materia di filiazione trattando un rilevante aspetto procedurale.

Secondo i Giudici di Piazza Cavour è legittima la sospensione del giudizio di accertamento della paternità promosso dalla stessa attrice che successivamente promuove un'ulteriore giudizio per disconoscere il suo attuale padre, costituendo l'uno l'antecedente logico- giuridico necessario dell'altro, non essendovi alcun dubbio sulla pregiudizialità del secondo procedimento rispetto al primo.

Nel caso sottoposto all'attenzione del Supremo Collegio dove l'attrice aveva chiesto al Giudice di prime cure di accertare che il "de cuius" fosse suo padre, convenendo gli eredi di quest'ultimo in giudizio,

la stessa attrice citava in giudizio anche la propria madre chiedendo il disconoscimento della paternità dal suo padre presunto. 

Il Giudice di primo grado, data tale duplice richiesta e riscontrato un nesso inscindibile tra le due questioni, disponeva dunque la sospensione del giudizio trattandosi a ben vedere di un'ipotesi di sospensione necessaria di cui all'articolo 295 cpc , costituendo la risoluzione della prima controversia l'indispensabile antecedente logico- giuridico dal quale dipende la decisione della causa pregiudicata il cui accertamento si stato richiesto con efficacia di giudicato; ciò nel rispetto della ratio della sospensione volta ad evitare il rischio di conflitto tra giudicati.

Contro questa decisione gli eredi del "de cuius", non ritenendo sussistente alcuna forma di pregiudizialità tra i due giudizi,proponevano regolamento di competenza davanti al Supremo Collegio.

Le ricorrenti sostenevano, infatti, che il giudizio di disconoscimento di paternità instaurato dall'attrice non potesse essere considerato un antecedente logico giuridico rispetto all'accertamento della paternità naturale, assunto non accolto però dagli Ermellini che hanno piuttosto evidenziato l'esattezza dell'iter logico giuridico seguito dal giudice di merito secondo cui la paternità può essere dichiarata giudizialmente nei soli casi in cui è ammesso il riconoscimento e che il riconoscimento del figlio naturale non è ammesso ove esso risulti in contrasto con lo stato di figlio in cui la persona si trova (artt. 269 e 253 c.p.c.). 

 In tal senso devono essere evidenziati i due importanti principi posti a fondamento della decisione dei giudici di merito e condivisi dai Giudici Supremi : il primo, già accennato, in base al quale in nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio in cui la persona si trova; il secondo per cui la sentenza che accoglie l'azione di disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio, avendo natura di pronuncia di accertamento, travolge, con effetti ex tunc ed erga omnes, lo stato di figlio legittimo del disconosciuto.

Proprio in quanto l'accertamento in questione ha efficacia ultra partes (erga omnes) e retroattiva (ex tunc), lo stesso non può non riverberarsi sul giudizio di accertamento pendente determinando, nel caso di vittorioso esperimento dell'azione di disconoscimento, il definitivo venir meno di quella condizione (di figlio legittimo) che si poneva come limite all'accoglimento della domanda di dichiarazione giudiziale di paternità.
In conclusione il Supremo Collegio rigetta il ricorso non condividendo le doglianze degli eredi che hanno chiesto il regolamento di competenza per vedere accolte le loro ragioni, e compensa le spese di giudizio in ragione della novità della questione oggetto della controversia.

Si allega Ordinanza.

Alessandra Garozzo.

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