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"Signora, non fasciamoci la testa prima d'essercela rotta"

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 "Signora, non fasciamoci la testa prima d'essercela rotta", cercò di rassicurarla il medico. "I casi d'ittero nucleare sono dav­vero rarissimi e poi, le ripeto, allo stato attuale non sappiamo a cosa sia dovuto l'innalzamento dei valori della bilirubina. Conti­nueremo a monitorarne il livello e, se sarà necessario, prendere­mo i provvedimenti più opportuni".

"Quali?", domandò subito Elisa.

"Il più delle volte è sufficiente la fototerapia".

"Cioè?"

"Si posiziona la piccola sotto una potente luce fluorescente di colore blu. La luce consente di scomporre la bilirubina in altre sostanze, che vengono poi smaltite con le urine e con le feci. Non si tratta di nient'altro che della trasposizione scientifica del­la vecchia consuetudine delle nostre nonne di esporre i bambini alla luce del sole".

"E se non funzionasse?"

"Allora dovremmo ricorrere all'emotrasfusione completa, cioè alla sostituzione del sangue della bimba. Si tratta, però, di una pratica che comporta qualche rischio, sia pur minimo. E poi oggi non viene quasi più usata. Molti giovani neonatologi, tra cui io, non ne hanno mai praticata una in vita loro".

 Lo sguardo della donna divenne di ghiaccio.

Rovaglia si pentì immediatamente di ciò che aveva appena detto, prima ancora di aver completato la frase.

Se avesse potuto, se la sarebbe rimangiata all'istante. Aveva confessato a una donna – che si capiva lontano un miglio essere potente e pericolosa – che, in caso di necessità, avrebbe dovuto usare la nipote come cavia per fare esperienza.

"Le porto via da qui!", quasi urlò Elisa.

"Smettila!", gridò a sua volta Luigi. "Non sei tu a dover de­cidere".

"E chi sarebbe allora? Tu?"

"Fino a prova contraria sono ancora io il padre della bambi­na", rispose lui abbassando lo sguardo.

"Ma falla finita, Luigi!", replicò la donna. "Ti stai rendendo conto di quello che dici? Non voglio infierire, per carità, però… però non mi costringere a dire cose di cui potrei pentirmi".

"Anna e Stella non si muoveranno da qui", disse il giovane, tornato calmissimo.

 "Non devi dimostrarmi nulla, Luigi", cercò di farlo ragionare Elisa. "Possibile che non ti renda conto che, per colpa della tua cocciutaggine, rischi di danneggiare tua moglie e tua figlia? Questo ragazzino qui davanti ti ha appena detto di non sapere che pesci prendere! Di non conoscere la procedura che forse sarà necessaria per salvare Stella".

"Non ho detto questo!", insorse Rovaglia, che fino a quel momento aveva ascoltato in silenzio la lite. "Ho soltanto detto che una delle possibili terapie è usata molto di rado e…"

"Non giochi con le parole", lo interruppe la donna.

"Signora, io le ho soltanto detto che…"

"Va bene, va bene", tagliò corto Luigi. "Cerchiamo di darci tutti una calmata! Adesso, ciò che conta è che Anna e Stella stia­no bene e non credo sia opportuno che in una situazione delicata come questa vengano sballottate da una parte all'altra della cit­tà. Quindi, resteranno qui, almeno fino a che non sarà possibile spostarle senza pericolo".

"Dottor Rovaglia, prepari mia figlia e mia nipote per il tra­sferimento", replicò Elisa ignorando completamente quanto il genero aveva appena deciso. "Non appena saranno pronte, m'informi".

"Ho detto che Anna e Stella restano qui", ribatté Luigi.

Elisa guardò il dottor Rovaglia, aspettandosi un suo interven­to in aiuto.

Il giovane dottore la fissava imbarazzato, non sapendo cosa dire.

"Legalmente, è il padre che deve decidere…", balbettò a di­sagio.

"Ecco, la questione è chiusa", esclamò Luigi.

Elisa non replicò e senza degnare di uno sguardo i due uomi­ni, si avviò furente verso l'uscita della stanza.

Prima di varcare la soglia, si fermò un istante, a fissare con volto inespressivo quelli che ormai considerava, a tutti gli effetti, due nemici personali.

"D'accordo", sibilò gelida. "Avete deciso così e così sia. Voglio dirvi una cosa, però, soprattutto a lei, caro dottor Rovaglia: preghi che non succeda nulla a mia nipote".

 

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