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La (generica) formazione in proprio non è sufficiente ad assolvere l´obbligo deontologico

Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Piacci), con sentenza del 23 luglio 2015, n. 123, pubblicata il 7 maggio 2016.
Con ricorso depositato il 4/12/2012 l´avv. F.C., impugnava la decisione del C.O.A. di Monza con la quale gli era stata comminata la sanzione della sospensione dall´esercizio della professione per mesi due per la violazione dell´art. 13, canone II C.D. (dovere di aggiornamento professionale) poichè non assolveva all´obbligo formativo non conseguendo i prescritti crediti formativi, perché "in violazione di quanto previsto al canone II dell´art. 13 del Codice Deontologico Forense per come integrato, per il riferimento fattone, dal disposto dell´art. 6 del Regolamento sulla formazione permanente approvato dal C.N.F. il 13.7.2007, ratificato dal Consiglio dell´Ordine di Monza con delibera del 21/07/2008, non assolveva, nel periodo dall´1/1/2008 al 31/12/2010 l´obbligo di formazione dovuto, non avendo conseguito nel triennio, ai sensi dell´art. 11 del citato Regolamento C.N.F., almeno cinquanta crediti formativi con minimo di nove per il primo anno, di dodici per il secondo e di diciotto per il terzo, dei quali almeno sei in materia di Ordinamento Forense Deontologia. In Monza dall´1/1/2008 al 31/12/2010".
Tenuto conto della composita e nutrita offerta formativa e dei numerosi ed inutili inviti all´incolpato a regolarizzare la propria posizione, il C.O.A. valutava negativamente il perdurante e cosciente comportamento omissivo ai fini della determinazione della sanzione infliggendo all´avv. F.C. la sospensione dell´esercizio professionale per mesi due.
Con il ricorso depositato il 4/12/2012 insorgeva l´incolpato affidandosi a tre motivi di impugnazione:
1) in primo luogo invocava a giustificazione della condotta la carenza dell´elemento soggettivo, sulla base della propria convinzione di essere esonerato dall´obbligo di formazione permanente essendo di anni settantanovenne e prossimo alla pensione.
Rilevava di avere maturato trentacinque anni di iscrizione all´Albo, avendo in precedenza svolto attività quale responsabile dell´ufficio legale di società multinazionale per oltre dieci anni, ed affermava di aver diritto all´esonero avendo esercitati de facto attività professionale per oltre quarant´anni;
2) come secondo motivo censurava la legittimità delle previsioni regolamentari, contestava l´onerosità della "nutrita offerta formativa", illegittimamente imposta con regolamento del C.O.A. (con violazione, in tesi, dell´art. 23 Cost. poiché la prestazione patrimoniale era stata imposta con regolamento e non con legge) ed assumeva che l´art. 33 Cost. non prevedeva l´obbligo di frequentare corsi di formazione per il mantenimento del titolo di abilitazione professionale;
3) come terzo motivo contestava la violazione deontologica non ritenendo corretta la ricostruzione dell´obbligo di cui agli art. 12 e 13 del C.D. effettuata dal C.O.A..
Il Consiglio, pur ribadendo il principio in commento, ha accolto il ricorso in ragione dell´età dell´incolpato, stabilendo che la la norma di cui all´art. 11 c. 2 L. 247/2012 deve intendersi
come autosufficiente: non necessitano infatti di regolamento attuativo né l´affermazione nè l´applicazione di un principio secondo il quale la ricorrenza dell´illecito, in tema di inadempimento dell´obbligo formativo, presuppone il mancato compimento del sessantesimo anno di età. Il nuovo illecito disciplinare in ambito formativo delineato dalla L. 247/2012 è quindi circoscritto in un perimetro più ristretto (quanto all´età) rispetto a quello precedente come configurato nel Regolamento per la formazione 13/7/2007 e nel Codice Deontologico.
Sentenza allegata

 

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