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La cura dopo 20 anni di concorsopoli? «Medici e avvocati per scegliere i futuri prof»

Dal presidente dell´Anac Raffaele Cantone è arrivata una «provocazione»: inserire nelle commissioni di concorso membri esterni all´università provenienti dal mondo delle professioni e della cultura: tra questi, medici e avvocati.
di Marzio Bartoloni
Da almeno vent´anni parentopoli e concorsopoli continuano a prosperare nei corridoi e nelle aule dei nostri atenei nonostante i tentativi per arginarli. Dai concorsi locali che in passato favorivano i candidati più vicino ai baroni (a cominciare dai parenti)?fino alla nuova abilitazione nazionale truccata e pilotata, come emerge dall´inchiesta di Firenze. Come uscirne? Dal presidente dell´Anac Raffaele Cantone è arrivata una «provocazione»: inserire nelle commissioni di concorso membri esterni all´università provenienti dal mondo delle professioni e della cultura. Un´idea subito ripresa dalla ministra dell´Istruzione Valeria Fedeli:?« Sono per approfondire la proposta» di Cantone. Intanto il Miur valuta la possibilità di costituirsi parte civile nel procedimento sui concorsi universitari truccati al centro dell´inchiesta di Firenze, come ha annunciato la ministra per i rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro durante un question time. Nessuna comunicazione ufficiale comunque - ha precisato - è ancora pervenuta al Miur relativamente ai provvedimenti assunti dall´autorità giudiziaria.
La storia di concorsopoli e parentopoli dura da tanto. Ma è emersa con più virulenza negli ultimi 20 anni. Non hanno funzionato i concorsi locali che nell´ormai lontano 1998 presero il posto del concorsone nazionale, favorendo - secondo i detrattori - i candidati "interni", gli allievi cioè più vicini ai baroni. Così vicini che in alcuni casi si trattava di figli, mogli e parenti vari. Molti i casi finiti nella cronaca. Tra i più famosi c´è quello dell´ex preside di Medicina della Sapienza di Roma, Luigi Frati, dove tutta la famiglia è salita in cattedra:?moglie, figlio e figlia. Questa prassi è stata arginata da una norma ad hoc della riforma Gelmini (la legge 240/2010) che ha vietato i concorsi in un ateneo ai parenti fino al quarto grado di professori, rettori e membri del cda della stessa università. Anche se il divieto, come ha denunciato lo stesso Cantone mesi fa, ha scatenato la fantasia del mondo accademico per aggirarlo. Il presidente dell´Anac ha riferito del caso di una università del Sud dove «è stato istituzionalizzato uno scambio»: in una facoltà giuridica è stata istituita una cattedra di Storia greca e in una facoltà letteraria una cattedra di Istituzioni di diritto pubblico. Entrambi i titolari erano i figli di due professori delle altre università.
La riforma Gelmini (la legge 240/2010) è poi intervenuta sui concorsi introducendo l´abilitazione nazionale per superare le pressioni dei concorsi locali dove pesava sulle scelte di idoneità dei futuri docenti il membro interno della commissione giudicatrice scelto dalla facoltà interessata a cui venivano affiancati due membri eletti a livello nazionale che per prassi non disturbavano le logiche locali a fronte di futuri "scambi". L´abilitazione nazionale prevede con un meccanismo a sportello aperto tutto l´anno una prima selezione degli aspiranti ordinari e associati in base alle pubblicazioni scientifiche affidata a commissioni nazionali di 5 membri scelti per sorteggio. Gli abilitati poi vengono scelti dagli atenei attraverso bandi aperti o riservati agli interni. Ma ora, dopo l´avvio dell´inchiesta di Firenze sulla "cupola" dei prof di diritto tributario, sembra non funzionare neanche questa "patente" da professore che ha debuttato nel 2012 proprio per alzare l´asticella della qualità degli aspiranti docenti.
Ma come uscirne dopo vent´anni di tentativi normativi anti concorsopoli? In questi giorni dopo il clamore suscitato dall´inchiesta di Firenze sui tentativi di pilotare le abilitazioni il presidente dell´autorità anti corruzione, Raffaele Cantone, ha lanciato l´idea di inserire dei membri esterni nelle commissioni:?«Perché non immaginare uno scrittore a giudicare, insieme agli altri, una prova di Letteratura italiana? Un medico, un ingegnere e un avvocato nello loro discipline?» Un´idea che la ministra Fedeli ora sembra voler prendere sul serio:?«Vale la pena ragionarci insieme ai rettori per poi tradurlo in nuove leggi». L´occasione saranno gli stati generali dell´università il 3-4 novembre: «Credo che quello sia il luogo non solo per rilanciare innovazione e qualità della didattica e del futuro delle università italiane ma sarà anche il luogo dove dovremo, e credo che ci riusciremo, ad implementare ulteriormente proposte per contrastare davvero e fino in fondo corruzione ed assenza di trasparenza. Questo lo dobbiamo agli studenti, al Paese, all´autorevolezza del nostro percorso di alta formazione».
Pubblicato sul Sole 24 Ore scuola 28 settembre 2017

 

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