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La cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese fa venir meno i debiti della società estinta?

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Riferimenti normativi: D.Lgs.n.6/2003 – Art.2495 c.c. – D.Lgs.n.175/2014

Focus: La cancellazione di una società dal registro delle imprese non comporta in automatico l'estinzione dei debiti della stessa. Infatti, soci, amministratori o liquidatori della società possono essere portatori di responsabilità parziaria o solidale sia per i debiti tributari che per le possibili sanzioni amministrative pecuniarie.

Principi generali: Con la riforma del diritto societario, attuata con l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 6/2003, il legislatore ha disposto che l'estinzione delle società di capitali si perfeziona dalla data di iscrizione della cancellazione della stessa dal Registro delle imprese. L'intento del legislatore di attribuire valore estintivo alla cancellazione della società emerge dal disposto dell'art. 2495, secondo comma, c.c. secondo il quale: "Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi". Tale norma è espressione di una scelta legislativa contraria al tradizionale orientamento della giurisprudenza che collegava l'estinzione della persona giuridica esclusivamente alla liquidazione di tutti i rapporti giuridici e alla definizione di tutte le controversie giuridiche pendenti. Il D.Lgs. n.175/2014 ha, successivamente, introdotto un'importante novità nel quadro normativo di riforma del diritto societario, disponendo all'art. 28, comma 4, la sopravvivenza della società estinta, ai soli fini fiscali, per la durata di un quinquennio dall'avvenuta cancellazione. Infatti, non sono rari i casi di imprese cancellate dal registro da cui emergano, qualche tempo dopo la cancellazione, sopravvenienze di liquidazione, magari derivanti da imposte sui redditi non pagate. Il legislatore ha introdotto tale novità, come si rileva nella relazione illustrativa al detto decreto, al fine di assicurare il soddisfacimento del credito erariale attraverso "una temporanea inefficacia dell'estinzione", nell'intento di "evitare che le azioni di recupero poste in essere dagli enti creditori possano essere vanificate". In virtù di tale disposto normativo, quindi, gli atti impositivi notificati dall'Amministrazione finanziaria alla società estinta possono ritenersi validi.

Tale principio, però, non può applicarsi automaticamente a tutti gli atti notificati dall'ente impositore, così come è emerso dalla sentenza n.98/2022 della Commissione tributaria regionale per la Toscana che si è pronunciata sulla validità della notifica, presso l'ultima sede della società estinta, di un avviso di accertamento e dell'atto di irrogazione di sanzione emessi nei suoi confronti dall'Agenzia delle Entrate. In particolare, nel caso di specie, la sanzione veniva irrogata ad una società s.r.l. in liquidazione per omessa risposta ad un questionario inviato all'ultima sede della società nel 2017, entro l'anno dalla cancellazione della stessa dal Registro delle imprese avvenuto nel 2016, e, conseguentemente, l'Ufficio aveva accertato induttivamente il reddito della società, ai sensi dell'art. 39, comma 2, D.P.R. n. 600/73, sulla base del c.d. spesometro, recuperando a tassazione le imposte Ires, Irap e Iva per l'anno di imposta 2013. La società impugnava detti atti impostivi con distinti ricorsieccependo la loro nullità per omessa o irregolare notifica,poiché la società era estinta dal 30 novembre 2016, data di cancellazione dal Registro delle imprese. Osservava, inoltre, che le risultanze del c.d. spesometro non erano attendibili con riferimento ai due partners commerciali presi in considerazione per l'accertamento induttivo in quanto la società non aveva registrato alcun ricavo proveniente da essi. L'Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto dei ricorsi evidenziando la legittimità della notifica degli atti al soggetto estinto, in quanto effettuata sulla base della disposizione dell'art. 2495 c.c., e, conseguentemente riteneva fondati gli atti accertativi impugnati. La Commissione Tributaria Provinciale, riuniti i ricorsi ex art. 29 del D.Lgs.n.546/92, emetteva sentenza favorevole alla società.

L'Ufficio impugnava la sentenza con appello in Commissione tributaria regionale a fronte del quale il contribuente si costituiva in giudizio sostenendo la fondatezza della sentenza di primo grado. Il Collegio giudicante di secondo grado preliminarmente osservava che prima della riforma del 2014 gli atti tributari non potevano essere notificati alla societàcancellata perché l'atto tributario ha natura recettizia e, quindi, per venire ad esistenza deve esserenotificato al soggetto in capo al quale si è verificato il presupposto impositivo. Di conseguenza, se il soggetto a cui il provvedimento deve essere notificato non esiste – in questo caso la società estinta – allora neanche l'atto può esistere. Pertanto, se l'atto non può essere notificato non solo è nullo ma anche inesistente perché privo di ogni effetto giuridico. In tal caso, l'atto impositivo relativo alla società estinta, cancellata dal Registro delleimprese, diventava inoppugnabile con conseguente cessazione della materia del contendere per il sopravvenuto venir menodell'oggetto e del soggetto. A fronte di ciò, il Fisco poteva rivolgere le proprie pretese soltanto nei confronti dei soci o dei liquidatori dal momento che non c'era più alcun rappresentante dell'organismo sociale abilitato a ricevere l'atto. Con l'entrata in vigore dell'art.28, comma 4, del D.Lgs. n.175/2014 è stata disposta, invece, la sopravvivenza della società estinta, ai soli fini fiscali, per la durata di un quinquennio dall'avvenuta cancellazione. La norma, infatti, stabilisce che "ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società, di cui all'articolo 2495 del codice civile, ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese". Di conseguenza, gli atti impositivi notificati alla società estinta possono ritenersi validi. Alla luce di ciò, la Commissione tributaria regionale, così come osservato dai giudici di prime cure, rilevava che un semplice questionario informativo - come quello inviato dall'Ufficio alla società contribuente quando la società era già stata cancellata dal registro delle imprese - ha natura giuridica completamente diversa dal credito vantato nei confronti dei soci, quindi, non può essere assimilato ai crediti che i creditori avanzano nei confronti dei soci della società estinta. Infatti, il questionario, avendo natura informativa, non può essere ricondotto agli atti elencati dal citato art. 28, né può essere soggetto alla modalità di notificazione prevista dall'art. 2495 c.c. Il giudice di seconde cure, in conclusione, considerato il difetto di notificazione del detto atto prodromico nei confronti della società,ha ritenuto illegittimi l'avviso di accertamento e l'atto di irrogazione delle sanzioni emessi dall'Amministrazione finanziaria.

 

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