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Con la sentenza n. 251 dello scorso 31 gennaio, il Tar Campania, sezione staccata di Salerno, ha sancito la legittimità di un diniego di autorizzazione a costruire due manufatti in deroga alle distanze dalle rotaie stabilite dall'art. 49 del DPR 753/80, escludendo la necessità per l'amministrazione di effettuare appositi accertamenti sull'effettivo pericolo in caso di edificazione a distanza inferiore.
Il Collegio ha specificato che "è la legge che individua nella distanza di 30 metri il margine minimo di sicurezza, con la conseguenza che non occorre che la PA, a cui sia rivolta un'istanza di autorizzazione a costruire a distanza inferiore, effettui appositi accertamenti sull'effettivo pericolo in caso di edificazione a distanza inferiore, in quanto appunto tale valutazione di pericolosità è stata già effettuata a monte dalla legge; viceversa spetta all'istante, che chieda l'autorizzazione a costruire a distanza inferiore, l'onere di provare che non vi sono nel caso specifico rischi concreti derivanti da rumori e scuotimenti".
Il caso sottoposto all'attenzione del Tar prende avvio con la presentazione di una richiesta di autorizzazione a costruire due manufatti in deroga alle distanze dalle rotaie stabilite dall'art. 49 del DPR 753/80.
Gli istanti rappresentavano di volere realizzare un ampiamento di circa mq 15,00 al primo piano di un preesistente fabbricato ad uso abitativo e di un locale adibito a posto auto.
L'amministrazione negava il provvedimento favorevole, rilevando che la distanza dalle rotaie era compresa tra gli 11,90 e i 9,10 metri, con conseguente rischio per la salute derivante da rumori e vibrazioni causati dal passaggio dei treni.
Ricorrendo al Tar, gli istanti chiedevano l'annullamento del provvedimento di diniego di deroga ai sensi del D.P.R. 753/1980, lamentando difetto di motivazione e di istruttoria, per non aver l'amministrazione accertato, con un sopralluogo, l'effettiva sussistenza delle vibrazioni e dei rumori.
Il Tar conferma la legittimità dell'operato della pubblica amministrazione.
Il Collegio Amministrativo ricorda che l'art. 49 del DPR 753/80 prevede che "lungo i tracciati delle linee ferroviarie è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia": la disposizione individua la distanza minima degli edifici da costruire rispetto alla rotaia, al fine di assicurare la sicurezza del trasporto e delle persone.
Ne deriva che è la legge che individua nella distanza di 30 metri il margine minimo di sicurezza, con la conseguenza che non occorre che la PA, a cui sia rivolta un'istanza di autorizzazione a costruire a distanza inferiore, effettui appositi accertamenti sull'effettivo pericolo in caso di edificazione a distanza inferiore, in quanto appunto tale valutazione di pericolosità è stata già effettuata a monte dalla legge; viceversa spetta all'istante, che chieda l'autorizzazione a costruire a distanza inferiore, l'onere di provare che non vi sono nel caso specifico rischi concreti derivanti da rumori e scuotimenti.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio evidenzia come non è condivisibile il rilievo dei ricorrenti secondo cui l'amministrazione avrebbe dovuto effettuare un apposito sopralluogo, il quale non è previsto come obbligatorio dalla legge.
Di contro, l'amministrazione – tenendo conto della relazione del tecnico di parte e degli elaborati grafici annessi, nonché del concreto rischio per la salute in ragione del fatto che l'edificio avrebbe avuto carattere residenziale ed abitativo – ha negato la deroga in quanto la distanza dell'edificio, così come risultante dal progettato ampliamento, sarebbe stata pari ad un terzo di quella fissata dal legislatore. I ricorrenti, invece, non hanno fornito adeguata prova sulla possibilità di derogare alla distanza minima di 30 metri individuata dal legislatore, né hanno dimostrato l'assenza di pericolo della costruzione a distanza inferiore a 30 metri.
Alla luce di tanto, il Tar respinge il ricorso con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di lite.
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